Dumas e il capolavoro dimenticato

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Dumas e il capolavoro dimenticato

02 Dicembre 2007

Bello “come Antinoo”, Hector è un giovane aristocratico dandy che vediamo comparire in scena con il cipiglio brunito dell’uomo dal destino difficile e, da subito, anche misterioso. Il cavaliere di Sainte-Hermine (così si chiama per intero il nostro eroe, ma così s’intitolano le oltre mille pagine  dell’ultima fatica di Alexandre Dumas, riscoperte abbastanza fortunosamente di recente da un superesperto dello scrittore francese e ora tradotte da Sellerio), nelle prime scene è un giovin signore innamorato, che finalmente può dichiararsi alla pulzella amata.  Lo può fare perché in quel momento è stato liberato da un impegno solenne: vendicare i famigliari ammazzati nella guerra civile che i realisti conducono contro Napoleone, ai tempi primo Console. “Mio padre e i miei fratelli”, spiega Hector alla fidanzata, “ avevano legato la mia sorte personale a quella di una corona che conoscevo solo attraverso la fede monarchica della mia famiglia e attraverso le sventure che essa aveva attirato sulla nostra casa. Ma ora, finalmente, ridivento padrone di me stesso. Avevo ventitré  anni e centomila lire di rendita; ero innamorato! se fossi stato anche corrisposto, le porte del paradiso, guardate dall’angelo sterminatore, si sarebbero spalancate davanti a me”.

Felicità non è però pane per Hector, richiamato improvvisamente ai suoi doveri politico-famigliari, è catturato e ridotto ai ceppi. Ha però la vita salvata, dalla benevolenza da Fouché, ineffabile ministro di Polizia di Bonaparte. Una volta liberato, dopo tre anni  di detenzione, è “un altro uomo, o meglio”, scrive lo scopritore curatore, Claude Schopp, “un superuomo”. Costretto dal suo salvatore a emigrare e a guadagnarsi la sorte in mezzo a mille difficoltà. Deve inoltre cambiare il nome da quello di cavaliere di Sainte-Hermine.  al più popolano René.

Il romanzo inframmezza e condisce le traversie del protagonista con pezzi interi di storia francese contemporanea. Capitoli e capitoli sono riversati a Napoleone e al suo enturage. Pagine superbe alla perfida astuzia di Fouché. Addirittura per un lungo tratto, corrispondente agli anni della prigionia “tre anni di tristezza e gelo”, Hector è come dimenticato, mentre la storia di Francia campeggia a tutto campo. E’ il momento delle congiure, scoperte e represse, che spalancheranno al Primo Console la strada del trono. Al centro del racconto, il processo agli ex eroi della Repubblica, Moreau e Pichegru, messi dietro la sbarra insieme ai campioni  del trono e dell’altare. A latere il rapimento in spregio a ogni norma di diritto internazionale, architettato dallo  stesso Napoleone, fuori dai confini nazionali del duca di Enghien, erede del grande Condé e sua rapida messa al muro. Un paese agitato, con un’opinione pubblica fluttuante, a cui il generalissimo sta preparando un destino di lacrime e sangue.

Una sterminata scia rossa e gloriosa in cui a un certo punto si inserirà Hector-René che, armi in pugno, si batte per l’onore e per suo paese. Oramai René e non più Hector, vive nel disincanto, è un “condannato all’infelicità”. Non conosce i pericoli, ed ha gran sprezzo la propria vita. Un unico motivo gli consente però di tirare innanzi: è lo sconfinato amore per il suo paese, senza il quale l’esistenza stessa non avrebbe “più scopo”. Hector-René  segue così gli alti e bassi e forse solo alla fine, il suo destino e il suo mistero potranno sciogliersi in un’oasi di pace.

Dumas scrive il romanzo gli ultimi mesi prima di morire. Il libro ha il piglio imperioso e l’andamento trionfale delle sue opere migliori. Quasi, una sorta di risposta al Conte di Montecristo.

Alexandre Dumas, Il cavaliere di Sainte-Hermine, Sellerio, pagine 1536, euro 26.00.