E alla fine arrivò il terzo mandato. Con la Raggi cade anche l’ultimo totem grillino

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E alla fine arrivò il terzo mandato. Con la Raggi cade anche l’ultimo totem grillino

12 Agosto 2020

Daje!”. Con queste quattro chiarissime lettere Beppe Grillo ha definitivamente chiuso la querelle attorno alla ricandidatura di Virginia Raggi a sindaca di Roma. Come scritto dal nostro Frodo, questa era stata una trattativa che aveva tenuto parecchio in apprensione i vertici del Movimento, indecisi tra il dover ammettere il fallimento degli ultimi anni al governo della Capitale per poter dare vita ad un’alleanza col PD (come avrebbe voluto Roberta Lombardi, esponente di punta del Movimento a Roma) oppure rimettere in campo una sindaca il cui consenso personale è ai minimi termini solo per non certificare il totale appiattimento dei pentastellati sulle posizioni dei Dem.

Tuttavia, a questo sicuro dilemma amletico è seguito un ragionamento molto più prosaico che riguarda uno degli ultimi totem dell’identità grillina: il cosiddetto “obbligo dei due mandati”. In pratica – per differenziare il Movimento dalle altre forze politiche – all’inizio dell’esperienza politica dei Cinque Stelle fu inserito nel Codice Etico l’obbligo che nessun membro grillino avrebbe potuto essere eletto più di due volte consecutivamente e questo avrebbe impedito a Virginia Raggi di poter correre di nuovo per il Campidoglio, dato che prima di diventare sindaca aveva già avuto un’esperienza come consigliera comunale negli anni in cui primo cittadino della Capitale fu Ignazio Marino.

Ora, questo risvolto è tutt’altro che secondario: se la Raggi potrà sedere per la terza volta nell’Aula Giulio Cesare, è chiaro che questo potrà accadere anche per tutti gli altri esponenti movimentisti all’interno del Parlamento e dei Consigli Regionali al secondo mandato, assicurando così loro un futuro che solo fino a qualche settimana fa appariva tutt’altro che scontato. Vengono blindate le figure di Luigi Di Maio e del Presidente della Camera Roberto Fico, così come quelle dell’attuale reggente Vito Crimi e della “pasionaria” Paola Taverna. Tutti loro avranno il terreno spianato per ottenere un terzo giro da Onorevoli o Senatori, in barba a quel che è ancora oggi il pensiero di Davide Casaleggio – figlio del fondatore del Movimento, Gianroberto – che assieme ad Alessandro Di Battista vorrebbe ripartire da zero nella prossima legislatura, con volti nuovi da lanciare nel tentativo di riacquistare almeno in parte l’enorme mole di voti dilapidati negli ultimi due anni.

Sullo sfondo di ogni discussione all’interno dei Cinque Stelle c’è comunque la lotta per la leadership interna, la quale con ogni probabilità verrà risolta quando si terranno gli Stati Generali, rinviati ad ottobre per non compromettere le prossime elezioni regionali che per il Movimento si annunciano come l’ennesimo, clamoroso fiasco.