E alla fine la Fiat è riuscita a convincere sindacati e governo (Usa)

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

E alla fine la Fiat è riuscita a convincere sindacati e governo (Usa)

04 Maggio 2009

“Sapevo che la storia non ci avrebbe dato altre possibilità”. Sergio Marchionne ha ragione. Un giorno si ricorderà che tutto è incominciato a Washington il 30 Aprile ore 12. Le pareti di marmo del Grand Foyer della Casa Bianca hanno risposto con una scintilla d’eco al Presidente Obama: “Sono lieto di dirvi che l’alleanza con Fiat si farà”[…] Fiat ha “dimostrato di costruire auto pulite e si è impegnata a trasferire miliardi di dollari di tecnologie e di avanguardia a Chrysler” […] “la parternship salverà oltre 30 mila posti di lavoro solo in Chrysler e decine di migliaia nell’indotto”.

L’alleanza ha un carattere di assoluta novità: ha un orientamento politico e come tale collettivo. Se si scorrono le prime pagine dei maggiori quotidiani finanziari degli ultimi anni sono zeppe di titoli che parlano di mergers and acquisitions, di leverage buy out e di teorie che calcolano la probabilità di successo delle stesse operazioni finanziarie a partire dall’analisi dei cash flow e dalla struttura debitoria. Formule metalliche per risultati d’oro, misure certe per percorsi rischiosi. Vengono citati assai di rado gli istituti sociali: sindacati, governi e lavoratori sono attori di una vita parallela, un retroscena scollegato dalla ribalta del mercato. Le operazioni che condizionano i mercati e di conseguenza la capacità della società di crescere e sviluppare benessere sembrano essere scollate dalla gestualità quotidiana.

Nell’avventura del salvataggio di Chrysler la partita l’hanno giocata in tre: l’amministrazione Obama, la Fiat e la Uaw.  Rispettivamente un governo, un’industria manifatturiera straniera, un’istituzione sindacale, ciascuno dei quali, esercitando il proprio ruolo, sintetizzava una volontà collettiva, un’istanza d’interesse.

L’amministrazione Obama ha disegnato una strategia di rinnovamento verde e di revisione dei modelli di consumo americani. Il governo sta scommettendo sulla capacità del consumatore americano di cambiare i propri modelli d’acquisto che la crisi ha denudato bruscamente scoprendone l’insostenibilità ecologica e competitiva. Pennsylvania Avenue vuole rifondare un settore produttivo, reindirizzandolo, riportandolo alla competitività, quindi alla crescita. Non è il New deal, come gli irriducibili nostalgici vogliono credere. E’ una svolta politica, in cui il governo è il primo sponsor della rinascita di un settore produttivo, il primo investitore. Otto miliardi di dollari in più tranche vincolati ai risultati ottenuti dalla Newco, otto miliardi di dollari dei propri fondi federali per sostenere i posti di lavoro che altrimenti verrebbero polverizzati.

Fiat è il partner. L’attore economico che dispone delle piattaforme tecnologiche, del dna manageriale, del parco fornitori e della gamma prodotti che lo rendono il migliore per rifondare un percorso di crescita che passa attraverso le sinergie e il pensiero veloce. Il produttore italiano coglie un’occasione molto importante per penetrare nel mercato americano e per raggiungere una massa critica che le garantirà la linfa vitale necessaria a sopravvivere all’inevitabile consolidamento del settore dell’auto.

La Uaw, l’orgoglioso sindacato americano, apre la porta ad una revisione del modello sanitario e pensionistico che ha contribuito ad affossare la competitività del settore automotive d’oltreoceano. Prende una posizione di assoluto pragmatismo, concentrata a raccogliere i frutti che l’alleanza garantirà nel lungo periodo. Riconosciuta la statura del partner tecnologico, si comporta da vero stakeholder: reinveste sul futuro dell’azienda e sulla capacità del nuovo management di riportare in attivo i bilanci della più giovane delle three big, salvando così molti posti di lavoro.

L’amalgama sociale e la relativa condivisione degli obbiettivi sembrano concretizzarsi ex-novo in una vicenda industriale. Una nuova struttura societaria e un consiglio inedito lanciano la loro sfida paradigmatica a  ciò che il capitalismo e la gestione d’impresa sono stati finora.

La Uaw sarà azionista di maggioranza con il 55%, il tesoro avrà l’8%, il 20% va a Fiat (con l’opzione a salire al 35% in tre momenti sanciti dal raggiungimento dei risultati pattuiti). Nel Board saranno presenti rappresentanti di ciascuna compagine sociale in un tavolo direttivo completo e ricco di istanze sociali diverse. Un consiglio alla tedesca raccontano i giornali. No, una nuova idea di intelligenza collettiva al sevizio dell’innovazione e del mercato come fonte del rilancio di un paese.