E’ l’Islam americano la vera Cecenia

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E’ l’Islam americano la vera Cecenia

21 Aprile 2013

Ho chiamato le redazioni dei maggiori quotidiani italiani e ho spiegato loro che la notizia dell’origine "cecena" dei terroristi di Boston era inesatta. Ho anche provato a spiegare il perché della necessaria rettifica. Ho argomentato un concetto molto semplice: non si tratta di pignoleria geografica, bensì di sostanza. Si tratta della notizia corretta, o della notizia sbagliata. Perché parlare di "terroristi ceceni" è stravolgere non solo la realtà dei fatti, ma soprattutto la sua successiva interpretazione.

Il lettore italiano non può non volgere la mente agli attentati a Mosca, alla sporca guerra cecena, alle macerie di Grozny inghiottite dalla polvere dei cannoni e dalla desolazione della terra bruciata. Il lettore inevitabilmente inizia a riflettere sui grandi giochi della politica internazionale, sugli intrighi e i misteri del Caucaso, sulla cruda geopolitica che oppone le potenze e fa degli esseri umani inconsapevoli pedine di una brutale partita a scacchi giocata in uffici contrapposti di lontane capitali.

E infatti, leggete i commenti. Gli italiani vi si azzannano e vi si azzuffano in coda all’articolo, ancora progionieri delle trincee di sempre. Divisi tra i terzomondisti di sinistra che accusano l’America di avere armato i ceceni in chiave anti- russa, e i benpensanti di destra per i quali esiste un solo terrorismo e nessuna ragione o rivendicazione. La consueta, insanabile frattura di un paese prigioniero di schemi vecchi – perché traviato da un’informazione sciatta e pigra. "Noi seguiamo le agenzie", " si vabbé sarà sbagliato ma non abbiamo tempo di fare ricerche", mi hanno risposto. Ecco gli argomenti dei redattori dei nostri grandi quotidiani.  E chissà quanti italiani, oggi, si beccano e si dividono in discussioni cerebrali sulla Cecenia, la geopolitica, le trame della Cia e le bombe sponsorizzate dall’America – e stupidaggini simili. Invece la notizia era, come al solito, un’altra.

I ragazzi di Boston erano innanzitutto americani. Ed è in quella biografia, stralciata e stravolta dalla mancanza di tempo dei nostri redattori, che lo spirito della notizia giace – ahimè letteralmente.  Riportava ieri Izvestia, principale quotidiano russo, che i fratelli a sette anni si rifugiarono con la famiglia dalla Kirghizia – repubblica ex sovietica al di fuori della Russia odierna – al Daghestan russo. Il Daghestan è nel Caucaso, dunque vicino alla Cecenia. Ma non c’è guerra in Daghestan. La sua capitale, Makhachkala dove gli Tzarnaev si trasferirono e dove il padre tornò a vivere qualche anno fa a causa di una malattia al cervello, e del desiderio di morire in patria – è adagiata sulle rive del Caspio. Lontano da Grozny. Ma ad ogni modo, i ragazzi ci vissero un solo anno. Un anno, da bambini. Il giornale russo riportava anche una breve intervista al responsabile della scuola del Daghestan dove il più giovane dei due fratelli studiò per un solo anno, prima di partire alla volta degli Stati Uniti. Non c’è dunque in quella biografia nulla che associ gli attentatori alla "Cecenia" – cioé alle inconcluse guerre della Russia, alle supposte macchinazioni dei servizi americani, alla complessa e contorta geopolitica del Caucasoo.

C’è, invece, la storia scomoda dei nostri tempi. C’è la nostra società – a Boston, non a Grozny – la cui tolleranza si trasforma in immuno-deficienza. E’ probabilmente la storia ripetuta di giovani irretiti – in America, non in Cecenia – dai sermoni jihadisti di predicatori islamici votati all’odio e all’omicidio. È la storia del nostro fallimento nel proteggere le nostre leggi e le nostre libertà dall’assalto opportunista di ideologi primitivi che hanno trovato una porta aperta, si sono insediati tra noi, e sfruttano la nostra tolleranza per ucciderla. Gli attentatori di Boston non sono dunque terroristi ceceni. Sono ragazzi americanizzati di fede islamica, gettatisi nelle spire mortali degli sheikh integralisti che noi non possiamo condannare, esiliare, o zittire perché i fantasmi di un passato sepolto e irrilevante in questa faccenda – colonialismo, fascismo, nazismo, razzismo – hanno inibito il nostro istinto di sopravvivenza e compromesso irreparabilmente la consapevolezza delle nostre istituzioni, e il vero rispetto delle nostre libertà.

Quindi oggi c’è un’Italia fuori dal mondo, che litiga di geopolitica e intrighi internazionali, e cui non è permesso – non c’e’ tempo in redazione, d’altra parte – di comprendere che gli eventi di Boston non sono semi di terrore trasportati in occidente da un aereo o da una nave. Sono invece frutti autoctoni di una politica scellerata che in nome della libertà consente di prosperare agli aguzzini della libertà.
I giornali australiani riportano che forse uno degli attentatori era legato a un predicatore estremista islamico d’Australia. Che la notizia sia confermata e smentita poco importa. C’è però qualcuno, e questo lo sanno tutti, che gode del sogno australiano, mentre apertamente lavora per distruggerlo.
Magari il terrore che ha colpito Boston fosse ceceno…  Invece è americano, australiano, occidentale, familiare. Vive e cresce nella porta accanto. Ma questo, gli italiani, non lo sospettano nemmeno. Non c’è tempo per farglielo sapere.