E l’Italia boccia l’inchiesta Onu
03 Giugno 2010
Il "no" dell’Italia al Consiglio dei Diritti umani dell’Onu (pieno di paesi che calpestano i diritti umani) ad una commissione d’inchiesta internazionale sui fatti di domenica scorsa ha un significato preciso e coraggioso. Assumendo questa posizione, il nostro Governo, accanto a quello degli Usa e dell’Olanda (unici altri "no") si propone come mediatore tra Israele e Turchia. La pavida astensione degli altri paesi dell’Ue significa che al solito l’Europa si defila che non esiste.
Ieri poi, Barack Obama ha telefonato al premier turco Tayyp Erdogan, per esprimergli cordoglio per le vittime turche dell’attacco israeliano. Da quel che si è compreso dagli stringati comunicati ufficiali, Erdogan nel corso del colloquio ha espresso anche una preoccupazione interessante: "Israele rischia di perdere l’unico paese amico nella regione".
Rischio vero, che Erdogan ovviamente attribuisce ad Israele, mentre è nei fatti la sua decisione, presa ormai due anni fa, di abbandonare la tradizionale, strettissima alleanza tra Turchia e Israele e proporsi come paese guida dell’area "ottomana". Una scelta che ha portato la Turchia ad una scabrosa apertura nei confronti dell’Iran Ahmadinejad e della Siria di Beshir Al Assad e ad assumere posizioni di fiancheggiamento addirittura nei confronti di Hamas, tanto che la provocatoria Flottiglia capeggiata dalla Mavi Marmara che voleva violare il blocco israeliano a Gaza, è stata apertamente sponsorizzata dalla Turchia. Ma il livello di tensione che questa scelta ha innescato, sembra preoccupare lo stesso Erdogan che ora pare – il condizionale è d’obbligo – ricordarsi di essere pur sempre alla guida di un paese Nato, stretto alleato degli Usa.
In direzione di una correzione delle sue posizioni oltranziste sembra andare anche un comunicato in cui il governo turco si è detto pronto a normalizzare i rapporti con Israele se questi revocherà il blocco di gaza, aggiungendo una frase indicativa. "E’ tempo che la rabbia lasci il posto alla calma" (anche se va detto che sinora Erdogan ha mostrato solo la sua "rabbia" e ha fatto di tutto per incendiare ulteriormente il quadro regionale). Comunque sia Obama ha ora l’occasione per dimostrare di sapere esercitare leadership e pare che abbia iniziato a farlo nel corso della telefonata di ieri con una frase che costituisce una non piccola "tirata d’orecchie" ad Erdogan: "è importante trovare modi migliori per fornire aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, senza mettere in pericolo la sicurezza di Israele". Critica diretta all’appoggio che Erdogan ha dato alla Flottiglia di pseudo-pacifisti che Obama, con evidenza ritiene abbia invece "mettere in pericolo la sicurezza di Israele", pur criticando l’esito disastroso del blitz israeliano. Molto dipende dunque ora dalla capacità di Obama di giocare tutte le tante pressioni che gli Usa possono esercitare per avviare una de-escalation che permetta, decantati gli animi, la ripresa di negoziati tra Israele e Abu Mazen. Una partita in cui anche l’Italia può giocare un ruolo di rilievo.
Tratto da Libero