E’ meglio per tutti se si lascia fuori la lotta politica dall’università

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E’ meglio per tutti se si lascia fuori la lotta politica dall’università

02 Marzo 2009

Ci siamo già occupati in passato della crisi dell’Università di Siena, emblematica dei problemi dell’università italiana. Torno sull’argomento a distanza di qualche mese per tracciare un bilancio dei progressi compiuti e della strada intrapresa per uscire dal tunnel.

Quando d’improvviso si è scoperto che l’Università di Siena si trovava sull’orlo del baratro, una cosa mi è stata chiara sin dall’inizio: la situazione dell’ateneo senese rappresentava una sorta di “summa” dei mali della gran parte delle università italiane dove omessi controlli, sprechi, privilegi si sono accumulati negli anni a detrimento del prestigio, della produttività scientifica, delle opportunità offerte ai giovani.

I primi risultati dell’inchiesta parlamentare sugli sprechi, pubblicati nei giorni scorsi da diversi quotidiani nazionali, confermano purtroppo questa diagnosi. L’Università di Siena, però, ha avuto una particolarità che l’ha fatta correre più veloce delle altre verso il baratro. Essendo sede di un fiorente istituto di credito, ha ritenuto di poter utilizzare la sua disponibilità e generosità come un bancomat senza limiti di spesa. Sicché, quando le situazioni esterne si sono modificate e all’introduzione della tesserina è apparsa la scritta “fuori servizio”, la realtà è emersa in tutta la sua gravità.

Alla mia parte politica non si può imputare di essere stata né direttamente né indirettamente al governo – formale o materiale non importa – della città e delle sue massime istituzioni. E’ un dato di fatto, non una rivendicazione d’estraneità. Nonostante ciò, di fronte all’emergenza, la mia proposta è stata chiara sin dal primo momento: si eviti da parte della classe politica una resa dei conti per accertare le responsabilità pregresse. Si lasci ad altre istituzioni preposte questo compito. E ci si rimbocchi le maniche tutti quanti insieme, nel rispetto dei ruoli di ognuno e delle autorità in carica, affinché Siena possa salvare il proprio ateneo e possa divenire esempio nazionale di una nuova pagina della storia dell’università che passi per il risanamento economico, morale e scientifico.

In che modo? Evitando leggi straordinarie, anche perché, in caso contrario, verrebbero immediatamente richieste da decine e decine di atenei in ogni angolo della penisola. Mettendo invece il proprio debito sotto controllo e, in cambio, pretendendo la collaborazione del governo e delle istituzioni locali per avere ciò che legittimamente spetta all’ateneo e perché lo stesso sia aiutato con tutti i mezzi leciti e ordinari a realizzare il proprio piano di rientro.

Si tratta di una via stretta, ma percorribile. E fin qui è stata percorsa con coerenza e serietà. Non solo perché – come ammettono i deputati del Pd Ceccuzzi e Cenni, autori di un’interrogazione parlamentare – il debito è stato finalmente quantificato con qualche precisione. Anche perché l’Università di Siena, per affrontare l’emergenza, ha fin qui ricevuto ogni aiuto lecito e possibile da parte del governo senza che nulla le fosse chiesto in cambio. Il Rettore, il Direttore Amministrativo, il Consiglio di Amministrazione credo lo possano testimoniare senza tema di smentita.

Sarà sufficiente? Non è detto, ed è certo che bisogna andare avanti continuando a evitare ogni strumentalizzazione di sorta. Ed è anche necessario che le istituzioni locali facciano fino in fondo la loro parte.

Gli onorevoli Ceccuzzi e Cenni mi rimproverano di aver dato una impostazione “di parte” al mio intervento politico. A me pare, in coscienza, che esso sia stato unicamente a favore di Siena e del suo ateneo. E per questo, in coerenza con la linea fin qui seguita, farò tutto il possibile affinché l’Università ce la faccia ad uscire dal baratro nel quale è stata cacciata, con le forze sue e di quella parte della classe politica che antepone l’interesse della città a quello del proprio partito. Una legge speciale sarebbe tornare al vecchio vizio: istituire un nuovo bancomat senza limiti.

Troppo comodo costituirsi oggi ad uccello del malaugurio e attendere un fallimento annunziato. Se questo dovesse veramente intervenire, allora non sarà più possibile astenersi dall’andare a vedere nel dettaglio le responsabilità così come nel tempo si sono stratificate. Quella sarebbe davvero – onorevoli Ceccuzzi e Cenni – “lotta politica”. E non mi pare proprio che la mia parte avrebbe di cosa temere.