E ora c’è chi prova a sdoganare il “maledetto” Trump

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

E ora c’è chi prova a sdoganare il “maledetto” Trump

16 Aprile 2018

Questa volta Scalfari punta a Trump. Quella voglietta di ripetere la seduzione messa in atto con Papa Francesco. In questo caso è evidente che la coraggiosa saggezza ha avuto la meglio su un carattere molto umorale”. Con queste parole Eugenio Scalfari sulla repubblica del 15 aprile sdogana almeno un po’ il maledetto Donald Trump. D’altra parte lo stesso Bernardo Valli, sempre sulla Repubblica del 15,  deve scrivere: “Nel 2013 dopo un massacro coi gas, sempre nella Ghuta, Barack Obama, allora alla Casa Bianca, decise di punire il regime che aveva superato la «linea rossa», ma poi cambiò idea, non osò compiere un atto di rappresaglia”. Peraltro nelle parole del Fondatore sembra di intravedere quasi una voglietta di intervistare l’inquilino della Casa Bianca per riportarlo dentro il proprio racconto. Non credo che riuscirà in questa impresa, ma se ce la facesse, che cosa farebbe abrogare al Donald: il popolo? L’establishment? O l’idea di “make America great again”?

Ma per rilanciare una qualche coesione nazionale è utile spargere tonnellate di retorica sui tempi passati? La logica della ‘coesione nazionale’ fu una delle conquiste della Prima Repubblica” scrive Stefano Folli sulla Repubblica del 14 aprile. L’Italia sta vivendo una fase particolarmente difficile, Folli è un grande giornalista e un analista particolarmente interessante, però anche lui indulge talvolta in quell’uso eccessivo di retorica che ci ha portato dove siamo ora. Nel secondo tempo della Prima repubblica, a occhio tra il 1976 e il 1992, funzionò, non sempre coerentemente, una logica di coesione nazionale. Nella prima ben più articolata stagione della Prima Repubblica (tra il 1948 e il 1976) ci furono  forze che si batterono per il Patto Atlantico e la Comunità europea e una minoranza assai vasta e agguerrita che contrastò queste scelte. Certo ciò avvenne sotto una qualche sorveglianza innanzi tutto di Giovan Battista Montini e di Palmiro Togliatti (poi di Luigi Longo) che definirono il perimetro di uno scontro peraltro aspro e si sforzarono di tenerlo nei confini della Costituzione. Sappiamo che la verità fa male, però è la medicina da prendere se vogliamo affrontare il nuovo difficile momento della nostra nazione. E della verità fa parte l’idea che il Regno d’Italia era uno Stato costruito nel 1861 con basi popolari troppo limitate, che contestare grillescamente l’Italietta di Giovanni Giolitti portò al fascismo, che nel Ventennio la grande maggioranza della nostra società non fu antifascista, che i comunisti erano comunisti non kennediani come sostengono le acute menti alla Veltroni, che la nozione di coesione di unità nazionale arrivò tardi e confusamente, che il non aver fatto i conti con uno Stato fondato su una Guerra fredda poi esauritasi ha portato a una crisi non più assorbita  dal ’92 in poi. Non so se dire la verità ci guarirà, ma sono convinto che immergerci in nuovi bagni di retorica ci ammazzerà.

Giornalisti o snasapatte. Eppure la Cara Salma continua a dettare legge: Salvini, al netto delle rodomontate, torna all’ovile a ogni richiamo all”ordine”. Marco Travaglio sul Fatto del 13 aprile. Ci sono i giornalisti e ci sono gli snasapatte. I primi tentano di raccontare e analizzare fatti, situazioni, tendenze, i secondi sono sempre intenti a annusare le mutande di chi avversano, a frugare nell’intimità altrui per capire se ha fatto qualche bisogno in luoghi impropri. I primi sanno che i parlamentari di Matteo Salvini sono stati eletti nei collegi uninominali anche grazie al voto di Forza Italia, che la Lega governa con i berlusconiani realtà come la Liguria, la Lombardia, il Veneto, che è dal ’94 – con una parentesi tra il ’96 e il ’98 –  che forzisti e leghisti collaborano. I secondi grufolano sui conti del Carroccio e sulle fidejussioni che il Berlusca gli avrebbe garantito. I primi sanno che talvolta sbagliano le analisi perché la natura umana prevede l’errore. I secondi si distinguono per il cattivo odore che gli resta incollato addosso.

Il puzzone della Casa Bianca può non piacere, ma Comey fa veramente schifo anche alla stampa liberal. Flashes of horrendous judgement”. Lampi di giudizi orrendi scrive su Comey Charles M. Blow sul New Yorj Times del 16 aprile (naturalmente poi Blow aggiunge che dalla sua   “despise” disprezza Trump). “Stooped, revealing a pettiness, insecurity and need for affirmation” ha piegato la schiena, ha rivelato meschinità, insicurezza e bisogno di autoaffermarsi, scrive Karen Tumulty sul Washington post del 16 aprile, sostenendo che Comey ha lo stesso carattere del Potus. Le penne liberal non deflottono dal loro imepgno antitrumpista ma non possono nascondere lo schifo per il rimestare dell’ex capo dell’Fbi.