E ora che c’è il commissario di Ornaghi che fine farà il Maxxi?

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E ora che c’è il commissario di Ornaghi che fine farà il Maxxi?

13 Maggio 2012

Scaduti i 10 giorni di tempo per le controdeduzioni, il Cda del Maxxi si è dimesso lasciando il campo al commissario nominato dal Ministro Ornaghi: Antonia Pasqua Recchia, il Segretario Generale del MiBAC. Finisce così la contrapposizione fra i vertici del ministero e la fondazione che gestisce l’unico museo statale dedicato all’arte e all’architettura contemporanee, un’istituzione nata con mille speranze e grandissima eco internazionale – nei giorni dell’inaugurazione sembrava di trovarsi a una vernice della Biennale o di Documenta – che ora ha davanti a sé un futuro incerto.

Innanzitutto il commissariamento ha un limite temporale di soli quattro mesi. Non si comprende come in così poco tempo si possa risolvere, soprattutto in una congiuntura così difficile, il problema che ha portato all’esaurimento dell’attuale Cda: la mancanza di soci fondatori privati e il conseguente apporto di ingenti risorse alle attività del museo. In secondo luogo, la scelta è caduta su di una personalità di altissimo profilo tecnico e amministrativo, ma che non sembra avere le doti attualmente necessarie, ossia quelle di un fund raiser ben introdotto nel mondo economico che al contempo abbia il peso politico per coinvolgere istituzioni finora rimaste alla finestra. Il Comune di Roma finora infatti non ha dimostrato particolare interesse nei confronti del museo, mentre la Regione è entrata in consiglio di amministrazione con l’ex dalemiano Velardi indicato dal Governatore Polverini, versando però una quota di soli 500 mila euro, ossia la metà di quanto necessario per risultare un vero e proprio socio fondatore.

Inevitabile quindi sospendere il giudizio, aspettando i primi passi del neo commissario per comprendere in quale direzione si andrà: verso un rilancio della struttura o un suo ridimensionamento? Nel secondo caso, sarebbe un ben triste epilogo per un museo che l’Italia e Roma attendevano da decenni e che ha dimostrato indiscutibili potenzialità arrivando a coprire circa il 50% del proprio bilancio con ricavi propri. Mai vorremmo che il Maxxi divenisse l’ennesima storia italiana di inefficienza e malagestione: preferiremmo piuttosto che l’astronave di Zaha Hadid ci imbarcasse e ci portasse verso quell’Europa dove arte e cultura sono il perno dello sviluppo sociale e urbano. Attendiamo un pilota.