E’ ora di cambiare marcia

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E’ ora di cambiare marcia

E’ ora di cambiare marcia

13 Dicembre 2007

In
un articolo dello scorso 5 dicembre veniva affrontato, in termini generali, la
questione del trasporto terrestre in Italia, incentrando la discussione sul
rapporto tra strada e ferrovia.

L’obiettivo era di fornire un primo stimolo
all’apertura di un dibattito incentrato sulla necessità di risolvere gli enormi
squilibri attualmente esistenti nel modo dei trasporti, e quindi sull’immediato
bisogno di porre mano, in modo organico, ad un settore schiacciato dalla sua
stessa personalità. Magari con la sottesa speranza che le difficoltà
all’orizzonte possano essere risolte senza “strappi” sociali eccessivamente
costosi per l’intera collettività.

Le recenti agitazioni degli
autotrasportatori sembrano anticipare le cose e forzare la mano verso una
definitiva presa di posizione da parte di un governo finora abbastanza debole
sul piano delle scelte strutturali, cioè di quelle decisioni che implicano
cambiamenti significativi per una parte sostanziale del nostro sistema
economico. Non è il caso di sviolinare, almeno per il momento, statistiche di
settore, più corretto è invece fornire alcune indicazioni di fondo, per evitare
che le singoli parti finiscano per consumersi in accuse reciproche senza
guardare ai problemi reali, quelli sui quali bisogna lavorare di comune accordo.
Infatti, la responsabilità di quanto accaduto in questi giorni è diffusa, e
tocca ciascuna parte coinvolta nella difficile risoluzione dei problemi che
attanagliano il trasporto su strada.

In primis
il governo, che invece di perdere tempo con una finta liberalizzazione come
quella dei tassisti, avrebbe dovuto predisporre e comunicare una politica
generale dei trasporti evidenziandone le motivazioni e gli effetti che si
intendono perseguire.

Un difetto di comunicazione che ha caratterizzato anche il
recente dibattito sul collegamento ferroviario Torino – Lione, affrontato in
modo diametralmente opposto oltre i confini nazionali.

D’altra parte gli
autotrasportatori dovrebbero essere consapevoli che certe condizioni di
privilegio non possono durare all’infinto e che prima o poi, o per l’azione dei
mercati, o per via di altre forze, certi equilibri saranno necessariamente
aggrediti, anche perché il servizio di trasporto produce effetti pervasivi su
molteplici aspetti della vita sociale ed è impensabile che la quasi totalità
delle merci venga movimentata solo attraverso un autotrasporto composto per lo
più da imprese atomistiche. Si è di fronte ad un bivio che impone alla classe
dirigente di scoprire le carte in tavola, se ne ha; e che sappia lavorare su un
problema che in Italia è difficile da gestire e che riguarda la modifica dei
diritti acquisiti. Alcuni privilegi vanno rivisti, ma va anche fornita una
soluzione alternativa che dia la possibilità a chi vede modificare tali
privilegi, di optare per soluzioni alternative, non necessariamente peggiori
rispetto allo status quo. Questo tipo
di attività è estremamente complessa, richiede enorme sensibilità sia sul piano
sociale e industriale, e non può essere risolta in tempi brevi.

Ecco perché la
preoccupazione maggiore è che alla fine si finisca per ricercare soluzioni
prive di sostanza economica e tali da non accontentare nessuno. E’ veramente
giunto il momento di cambiare marcia.