“È più controllabile Kim o Trump?” Se l’opinionismo liberal americano è fuori di testa

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“È più controllabile Kim o Trump?” Se l’opinionismo liberal americano è fuori di testa

13 Novembre 2017

Né con Kim né con Donald. Alè! Si torna al vecchio e caro slogan: né con lo Stato né con le Br. “The question is whether Kim is controllable. The other question  is whether Trump is controllable”. Roger Cohen scrive sul New York Times del 10 novembre chiedendosi se sia più controllabile Kim o Trump. In questo dilemma, che dà un’idea di come una parte dell’opinionismo colto e liberal americano sia fuori di testa, avvertiamo, come in una madeleine proustiana, un saporino di tempi antichi quando certa intellettualità e certa sinistra italiana allo sbando dichiaravano di non essere né con lo Stato né con le Br. Quando leggiamo invece che“Trump è a suo agio dentro il modello cinese” come scrive  Federico Rampini sulla Repubblica del 10 novembre, ci facciamo l’idea che più che nel modello cinese il presidente degli Stati Uniti ci pare si trovi a suo agio nella Città proibita specie perché è proibita a “quello lì” che invece si ritrova ogni giorno in ogni angolo della Casa Bianca: e un momento sente il suo consigliere Miller e un altro la sua guardia del corpo, poi tocca a suo genero. Starsene belli protetti da mr Xi, è un’altra vita. 

La pagine sull’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza saranno un po’ bianche, ma vuoi mettere le alternative? “Una giornata con Federica Mogherini “ questo è il titolo di copertina D di Repubblica del 7 ottobre. Vista la copertina, ho provato ad aprire sul mio ipad le pagine interne che ospitano l’articolo annunciato. Ho trovato solo pagine vuote.  Mi sono allora chiesto se fosse giusto oltraggiare così una esponente che comunque ci rappresenta nella governance dell’Unione. Però l’idea era divertente e ricordava la famosa battuta churchilliana su Clement Attlee: accosta una macchina, non ne scende nessuno, è arrivato Attlee. E ho accompagnato così le preoccupazioni per l’oltraggio con una certa ammirazione per il coraggio e le ragioni della D republicona. In quel momento il wi fi si è rimesso a funzionare, le pagine si sono aperte: ho ritirato tutto, preoccupazioni e ammirazione. Poi, leggendo qua e là, ho trovato conferme sullo stato un po’ ectoplasmatico della euroministra degli Esteri, anche in pubblicazioni semi ufficiali come l’Eu bullettin del 27 ottobre: “Ms. Mogherini can propose an embargo but she would need the support of EU member states Eu bullettin”; tutte le sue proposte, nel caso quella su un embargo, richiedono il consenso dei 27 membri. In questo contesto mi sono sorpreso quando ho letto che: “L’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione europea, è la quinta politica donna più potente al mondo” secondo la classifica stilata a ottobre da Forbes per il 2017. Scorrendo in seguito alcune altre riflessioni sul perché la Mogherini sia passata dal 17° posto dell’anno scorso al quinto di quest’anno, ho trovato tra le principali motivazioni del “salto in classifica” il suo contrasto alle prese di posizioni di Donald Trump sull’Iran. Tutto tornava. E invece no, perché qualche giorno dopo mi è toccato leggere che “Per rafforzare il processo di riconciliazione nel campo palestinese e per dare maggiore autorevolezza e legittimazione internazionale alla leadership di Abu Mazen, credo che l’Italia farebbe bene a riconoscere unilateralmente lo Stato di Palestina. E l’Europa ad essere meno assente o subalterna sullo scacchiere mediorientale“. Così ha dichiarato Massimo D’Alema all’Huffington Post Italia del 10 novembre. Mentre Emma Bonino  ha detto alla Repubblica dell’11 novembre: “Sono mesi che mi sgolo criticando questo accordo inaccettabile con la Libia, che ha creato solo un tappo”.  Quando Matteo Renzi aveva scelto la Mogherini mi ero chiesto perché non avesse puntato su D’Alema, un politico esperto e autorevole che magari avrebbe approfittato di Bruxelles per tirare una coltellata al politico di Rignano ma, . come si è visto, questo comunque poteva farlo anche da Roma. Però avrebbe dato un qualche standing all’Italia. O, almeno, si sarebbe potuta scegliere la Bonino già decente euro commissario. Ragionavo su queste ipotesi quando ho visto con disperazione che l’ex deputato di Gallipoli si rimette a rivangare i suoi amori per Hamas ed Hezbollah, mentre l’ex delfino di Marco Pannella attacca il governo Gentiloni per una delle sue scelte più serie, perché mettere un tappo in una situazione di emergenza vuol dire sapersi assumersi le proprie responsabilità. Eccomi a dover riconoscere che, come già ci insegnava Esopo, noialtri ranocchi dobbiamo preferire senza riserve un Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza appena appena legnosetto, rispetto a certi serpentelli che tra l’altro fanno spesso sparate su questioni così delicate come la politica internazionale, essenzialmente per farsi notare.

Grasso è Grasso, ma l’altra è più ampia. “Grasso è il ben venuto, ma serve un’alleanza più ampia” così un sommario di un articolo della Repubblica del 12 novembre riferisce le parole di Giuliano Pisapia che poi avrebbe lanciato Laura Boldrini per la corsa alla premiership. Facciamo a capirci. Grasso è Grasso ma la Boldrini sarebbe più ampia. E’ questo il pensiero di Pisapia? Cafone!

Su chi sta perdendo veramente rilievo. “La Russia è un paese che sta seriamente perdendo rilievo” dice Ian Bremmer al Corriere della Sera  del  12 novembre. La sensazione, in realtà, è che una serie di opinionisti-politologi che hanno affiancato, imbroccandone assai poche, la stordita politica estera obamiana, stiano ridicolmente perdendo rilievo assai più della possibile decadenza russa.