E’ tutta colpa dell’uomo bianco

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E’ tutta colpa dell’uomo bianco

06 Luglio 2008

Tutte le volte che, d’ora in poi, saremo chiamati a fare un mea culpa per qualche azione scorretta commessa nel corso della sua storia dall’Occidente a danno di altri popoli, altre tradizioni, altre culture, avremo a disposizione uno strumento che aiuta a comprendere quello che ci viene richiesto e – forse – a evitare di cadere nella trappola. Peccato che il risultato non sia eccellente per un paio di motivi che vedremo alla fine: merita comunque di essere segnalato. Pascal Bruckner prende a oggetto di questo (che può essere definito un lungo pamphlet più che una ricerca approfondita) il terzomondismo: quell’atteggiamento che consiste nel guardare al Terzo Mondo come al luogo di comportamenti malvagi da parte dell’Occidente e di conseguenza, per un rovesciamento delle parti fra vittime e carnefici che spesso ha ispirato i riformatori sociali e le loro visioni palingenetiche, come al protagonista di una rivoluzione inedita  per le forme che assumerà e per i soggetti che la incarneranno.

E’ fin troppo ovvio che per generare questo atteggiamento è necessario essere parte di quello stesso Occidente del quale si descrivono rapine, domini e saccheggi: saldamente impiantati in esso, è possibile guardare a quella parte di mondo rimasta indietro nello sviluppo economico come alla testimonianza di una colpa che abbiamo commesso. L’Occidente, nella visione terzomondista, avrebbe  svolto nei confronti di quel mondo un ruolo non uniforme ma comunque negativo: del conquistatore, del dominatore coloniale, dello sfruttatore di risorse, del rapinatore di identità e ricchezze, dell’autorità culturale, del punto di riferimento politico. La colpa che grava sull’Occidente macchia tutti gli occidentali allo stesso modo,  anche se chi riflette su questo problema non ha personalmente compiuto alcun delitto. La sua compartecipazione ai mali perpetrati  dal mondo ricco, sviluppato, politicamente avanzato, va insieme alla sua nascita, alla sua educazione, al suo modo di vivere: è dunque ineliminabile. Si può esserne lavati solo a una condizione: abbracciare il punto di vista dell’oppresso, dell’offeso, del vessato. Abbracciarne il punto di vista significa criticare fino in fondo esistenza e presupposti di quell’Occidente al quale malgrado tutto si appartiene, e così recuperare una innocenza che la storia della quale si fa parte ha contaminato e distrutto.

Per contro, e proprio grazie alla sua arretratezza e alle ingiurie subite, il Terzo Mondo è visto come portatore di una attitudine rivoluzionaria: la posizione di chi è stato depredato di tutto ciò che era suo, di chi non gode del benessere ed è in posizione di soggezione intellettuale rispetto agli oppressori di ieri e di oggi, diventa un formidabile strumento per opporsi a quello e a tutti gli altri domini possibili. La rivoluzione che proviene dal Terzo Mondo è prima di tutto anti-occidentale: i suoi metodi e le sue finalità non possono coincidere con quelli di chi ha comandato o depredato quelle nazioni, quei popoli. La voce del Terzo Mondo rappresenta uno sguardo inedito sulla storia, si nutre delle tradizioni locali soffocate dall’occidentalismo e in seguito  ritrovate, ed è diretta contro valori, interessi, modo di vivere e ideologia dell’Occidente.

Bruckner ricostruisce in questo volume temi e modalità del terzomondismo che abbiamo sommariamente evocato nelle righe precedenti: in pagine molto godibili (anche se spesso più ironiche che approfondite) ne ripercorre le tesi principali cercandone l’espressione in intellettuali alla moda e spesso di sinistra (uno per tutti: Jean Paul Sartre), in coscienze religiose, in protagonisti dei nostri tempi. Oggi, nella prefazione, scrive: “L’idea chiave secondo la quale apparteniamo a una civiltà maledetta, destinata a scomparire, malata e infame a un tempo, continua a essere l’asse centrale di numerose riflessioni e permea ancora di sé ogni tipo di disciplina, comprese la sociologia e l’etnologia.” L’Occidente viene descritto da una piccola folla di intellettuali come demoniaco, corruttore, sopraffattore, saccheggiatore, infame, e il Terzo Mondo come ingenuo, naturale, buono, incorrotto. Afferma l’autore: “Questo male può riassumersi in due parole: il colonialismo e l’imperialismo, e in poche cifre: le decine di milioni eliminati dai conquistadores, i duecento milioni di africani deportati o scomparsi nel traffico degli schiavi, infine i milioni di asiatici, di arabi, di africani uccisi durante le guerre coloniali e poi nelle guerre di liberazione.”

Certamente il terzomondismo ha dirottato altrove quelle prospettive rivoluzionarie che non potevano più guardare all’Unione Sovietica come modello. Il Terzo Mondo può apparire un esempio perché dominato e perché povero: in contrasto con la visione marxista, le ragioni della rivoluzione vengono proprio dal sottosviluppo (mentre per Marx la rivoluzione doveva verificarsi nelle situazioni più avanzate) e dalla povertà (mentre per Marx non era in condizioni di povertà che la rivoluzione avrebbe dovuto aver luogo). Era anche un Terzo Mondo peculiare quello al quale si guardava: non erano gli esperimenti moderati oppure occidentalizzanti come l’India di Indira Gandhi, ma regimi che esprimevano tutto il loro disgusto per la civiltà occidentale.

Peccato che il libro di Bruckner, utile a sfatare miti e ad alleggerire l’uomo occidentale dai suoi fardelli e dalla cattiva coscienza che ne deriva, sia stato scritto nel 1983 e tragga il suo materiale esclusivamente dalla cultura francese: da qui provengono anche i suoi limiti. Era l’epoca in cui la delusione aveva fatto seguito alla conquista dell’indipendenza e ai successivi disastri di paesi come la Cina, il Vietnam, la Cambogia, l’Etiopia, l’Angola, l’Iran: ma gli anni che sono seguiti a quelli meriterebbero altrettanta attenzione. Il maggior obiettivo dei terzomondisti era allora rappresentato dagli Stati Uniti: in questo il quadro non è mutato. Casomai, alle colpe dell’Occidente si sono aggiunte per lo sguardo critico quelle della globalizazione, anch’essa pilotata dai grandi e dai potentati economici, anch’essa spesso americana. Sarebbe molto interessante, con questi correttivi, aggiornare i riferimenti e gli autori, ed estenderli ad ambienti culturali diversi da quello francese.  Inoltre, dovrebbero essere indagate non solo le manifestazioni più appariscenti del terzomondismo, ma anche le sue ascendenze nascoste e i suoi padri culturali.

L’Occidente ha conosciuto negli ultimi anni attacchi terroristici, sfide ideologiche e religiose di grande portata: forse l’entità stessa di questi attacchi ha reso vecchia, innocua, superata l’idea terzomondista. Eppure, le sue tesi vengono ancora sostenute, l’atteggiamento di critica all’Occidente  riproposto. Sarebbe probabilmente il caso di studiare le forme e le manifestazioni che esso ha assunto dopo l’11 settembre.

P. BRUCKNER, Il singhiozzo dell’uomo bianco, trad. it. Parma, Guanda, 2008