Ecco come gli altri Paesi hanno risolto il loro “lodo Alfano”

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Ecco come gli altri Paesi hanno risolto il loro “lodo Alfano”

07 Ottobre 2009

È giusto che i governanti siano posti al di sopra della legge? Ma d’altra parte, se sono equiparati agli altri cittadini, come evitare la facilissima tentazione del colpo di Stato per tramite giudiziario? Il dilemma è antico, se si pensa al modo in cui nell’Inghilterra medievale, culla del Parlamento, la Camera dei Lord fino al 1376 e la Camera dei Comuni in seguito usarono la procedura dell’impeachment contro i ministri sia per ragioni politiche che penali assieme. Ma quando la pazzia di re Giorgio III alla fine del XVIII secolo permise infine l’emergere alla testa dell’esecutivo di un “Primo Ministro” capo della maggioranza parlamentare, e i ministri cessarono dunque di essere espressione della Corona, l’impeachment politico si trasformò nell’istituto della fiducia, per cui il ministro “disapprovato” non ci rimette più libertà o vita in galera, ma solo l’incarico.

L’impeachment penale è invece diventato inutile: i ministri devono infatti essere membri dell’uno o dell’altro ramo del Parlamento, visto che solo “Comuni” e Lord possono prendere la parola nelle rispettive camere (ognuno dunque assistito da un vice-ministro per l’altro ramo). E i membri del Parlamento sono già coperti dall’immunità parlamentare. È vero: questa funziona solo dal quarantesimo giorno prima dell’apertura della sessione parlamentare al quarantesimo giorno dopo, e non riguarda i casi penali. Il re invece, che non governa, secondo il Common Law “non saprebbe fare del male”. Insomma, è inviolabile e beneficia di un’immunità totale, sia penale che civile. Il che non impedì nel ‘600 a Carlo I di finire comunque sul patibolo. Ma per trovare l’ultimo caso di impeachment di rilievo bisogna riandare al 1788, col caso del viceré dell’India Warren Hastings. D’altra parte, nel Regno Unito i giudici li ha sempre nominati l’Esecutivo, e nessuno se ne scandalizza.

Gli Stati Uniti hanno ripreso la situazione di assoluta dipendenza dei ministri dal capo dell’esecutivo che c’era in Inghilterra prima della pazzia di Giorgio III, però democratizzandola e rendendola temporanea, con un presidente della Repubblica eletto dal popolo ogni quattro anni. Al contrario dell’Inghilterra, dunque, il Capo dello Stato è sottratto a ogni sindacato del Congresso di natura politica. Ma con maggioranza dei due terzi la Camera dei Rappresentanti può mettere sotto accusa il presidente, e anche i suoi ministri, nonché ogni funzionario federale. E questi sono rimossi se il Senato lo approva con maggioranza dei due terzi. Solo dopo la rimozione, però, può partire l’eventuale procedimento penale sotto la magistratura ordinaria.

A somiglianza di quello del Regno Unito, anche i sovrani di Belgio, Danimarca, Paesi Bassi e Spagna sono definiti dalle rispettive Costituzioni “inviolabili”. Quanto ai presidenti, quelli di Austria, Germania, Grecia, Italia e Portogallo, che non sono capi dell’esecutivo, hanno tutti una responsabilità simile a quella indicata dalla nostra Costituzione come “alto tradimento e attentato alla costituzione”. E simile è pure la relativa procedura di messa in stato d’accusa da parte delle Camere a maggioranza qualificata, e di giudizio davanti agli omologhi di quella che in Italia è chiamata Corte Costituzionale. Ma c’è poi diversità a proposito dell’ipotesi che il presidente commetta un reato comune. In Germania e Austria, ad esempio, al presidente è estesa l’immunità parlamentare. Ci vuole dunque un voto del Bundestag per autorizzare il procedimento, e un voto del Bundestag può sempre bloccarlo. Però, a quel punto è sospesa anche la prescrizione, e la giustizia aspetta dunque al varco quando l’immunità finisce. In Grecia e Portogallo, la sospensione delle procedure contro il presidente per la durata del suo mandato è automatica, senza bisogno di alcun voto parlamentare. In Grecia, senza però che siano sospesi i termini della prescrizione. Quanto all’Italia, la nostra tanto decantata Costituzione sparla in lungo e in largo di tante cose, ma su questo punto delicato è invece latitante. Parte della dottrina dunque sostiene che la perseguibilità è sospesa; parte che invece il presidente è perfettamente perseguibile. Ma, appunto, sono elucubrazioni da rivista giuridica.

Lo stesso problema c’era in Francia, dove il presidente è inoltre capo dell’esecutivo, pur coadiuvato da un primo ministro. Ma quando nel 1999 il Consiglio Costituzionale ha dovuto valutare i problemi relativi alla ratifica della Corte Penale Internazionale, ha finito per concludere che i reati comuni commessi dal Presidente vadano assimilati al caso di alto tradimento. Quindi, la messa in stato d’accusa è egualmente deliberata dalle camere a maggioranza assoluta dei membri, e poi il processo è celebrato dall’Alta Corte di Giustizia, che non è però il Consiglio Costituzionale, ma una speciale commissione eletta da Assemblea Nazionale e Senato tra i propri membri. Lo stesso Consiglio Costituzionale e la Corte di Cassazione hanno inoltre chiarito che il Presidente della Repubblica gode di un’immunità che rinvia l’azione del giudice soltanto alla fine del suo mandato. È questo il modello dei successivi Lodi Maccanico, Schifani e Alfano: riferito però al capo di Governo, in genere non altrettanto tutelato.

Come il premier inglese, anche i cancellieri tedesco e austriaco e i presidenti del Consiglio italiano e belga sono infatti coperti solo se parlamentare, dall’immunità relativa. Gli ultimi tre, anche per reati comuni. Per reati ministeriali, però, dopo la messa in stato d’accusa da parte delle camere c’è in Austria il giudizio della Corte Costituzionale, mentre in Belgio la Camera si limita a dare l’autorizzazione e il giudizio va poi alla Corte d’appello, e l’Italia è passata nel 1989 da una normativa di tipo austriaco a una di tipo belga. Quanto alla Spagna, i ministri vanno sempre giudicati dal Tribunale Supremo, anche in caso di reati comuni, ma solo per reati ministeriali è prevista l’iniziativa e l’autorizzazione dei deputati.

In Grecia i reati ministeriali, dopo la messa in stato d’accusa dell’Assemblea, sono giudicati da una Corte a hoc. In Francia la Costituzione parla di una “Corte di Giustizia”, che a differenza dell’ "Alta Corte di Giustizia" comprende anche magistrati oltre che parlamentari, e che deve giudicare i reati compiuti dai ministri “nell’esercizio delle proprie funzioni”.

In Olanda, poiché la Costituzione tace, vige una legge del 1855 che dà l’iniziativa al re e il giudizio al Tribunale Supremo (equivalente alla nostra Cassazione).

In Portogallo l’autorizzazione dell’Assemblea ci vuole solo per arrestare o detenere un ministro: non per processarlo.

La legge danese si limita a precisare che mentire in Parlamento per un ministro “non è reato”.