Ecco come gli italiani hanno rimesso in sicurezza Bala Morghab
10 Settembre 2009
di redazione
Bala Morghab,
Una zona a lungo contesa tra insurgents e militari afghani che, con il supporto delle truppe Isaf, in questa valle hanno combattuto, attaccato e subito attacchi e perdite. Il fine era quello di riconquistare il controllo della valle, punto strategico perché di frontiera, ma soprattutto perché da qui passa una tratto della Ring Road, l’anello di asfalto che circonda tutto l’Afghanistan collegando tra loro le città principali. Per garantire la sicurezza all’interno di tutto il Paese, il primo obiettivo deve essere quello della libertà di circolazione e del controllo delle principali vie di comunicazione.
E poi, a pochi chilometri, sempre nella stessa provincia, c’è Gormach, tradizionale roccaforte talebana. Infine,
29 maggio: i militari afghani escono alle 5 del mattino dalla Fob per occupare delle postazioni a circa due chilometri. Vengono attaccati, provano a rispondere al fuoco, ma sono costretti a chiamare in soccorso i Paracadutisti del 183° reggimento “Nembo”, pronti a intervenire su richiesta dei militari afghani. I combattimenti proseguono per ore.
All’interno della base l’atmosfera è frenetica. Si sentono chiaramente le raffiche di armi leggere e i colpi di mortaio sparati là dove si sta combattendo. Convogli di blindati Lince continuano a entrare e uscire dalla Fob: quelli che escono trasportano militari pronti ai combattimenti. Da quelli che rientrano scendono ragazzi dal volto trasfigurato, sfiancati dalla fatica, gli occhi rossi e gonfi per la polvere. Sporchi, sudati e con le scariche di adrenalina che ancora non accennano a fermarsi.
Mentre un caposquadra sta dando indicazioni ai suoi prima di uscire, da lontano si vede una nuvola di polvere che si avvicina. Sono sei ragazzi che corrono disperatamente verso l’infermeria: trasportano uno dei loro compagni rimasto ferito in battaglia. Alla fine, anche grazie all’impiego dei mortai, su obiettivi segnalati dai ragazzi del 185° “Acquisitori obiettivi”, la minaccia, come si dice in gergo, “è neutralizzata”. Ingenti le perdite: uccisi 25 miliziani insurgents e 3 militari afghani. Tre parà italiani restano feriti. Una giornata qualunque tra quelle che si vivevano qui, a Bala Morghab, almeno fino a tre mesi fa.
25 agosto, la situazione è completamente cambiata. Non è necessario correre per scendere dall’elicottero e raggiungere, nel più breve tempo possibile, l’ingresso della base. All’interno l’atmosfera è più tranquilla. Nessun segno di concitazione, nessuno sparo o raffica in sottofondo. Un convoglio di Lince è pronto per uscire: oggi i militari italiani faranno una donazione di materiale scolastico al piccolo istituto del villaggio di Morghab.
Prima di uscire non si accertano neppure che i passeggeri abbiano allacciato tutte le cinque cinture di sicurezza, né che siano stati attivati i “mine lock”, una speciale sicura di cui è dotato il Lince, che impedisce la possibilità di aprire il portello dall’esterno. Ed eventualmente gettare una bomba all’interno dell’abitacolo. “Sembra di stare in un altro posto – commenta il conducente del Lince che era qui anche in quella giornata di combattimenti, tre mesi fa – la tregua regge, ora possiamo anche uscire e andare fino al villaggio. Chissà, però quanto durerà”.
“Tutto questo non ha niente a che vedere con gli accordi ancora in vigore. Quel territorio – spiega il gen. Rosario Castellano, Comandante dell’area regionale ovest – è fuori dall’area interessata dal cessate il fuoco”. Il comandante era presente oggi qui a Bala Morghab per assistere alla cerimonia di consegna di aiuti umanitari. E da qui, invece, si è trovato a dirigere e coordinare le operazioni di soccorso alla polizia di frontiera afghana, lassù a venti chilometri, al confine con il Turkmenistan.