Ecco come il Cavaliere ha fatto gli interessi dell’Italia
30 Novembre 2010
Gli attacchi personali e politici a Silvio Berlusconi e al suo governo che vengono da funzionari di ambasciata degli Usa puzzano di petrolio e di gas. E non solo sono un attentato maldestro ai legittimi interessi economici italiani ed europei, sono anche sbagliati dal punto di vista della politica estera degli Usa e della difesa internazionale dal terrorismo. Definire Berlusconi come portavoce di Vladimir Putin, perché ha promosso il contratto tra Gazprom e l’Eni e l’Enel per la costruzione di South Stream, il gasdotto che dovrà portare 64 miliardi di metri cubi di gas (equivalenti a 64 milioni di tonnellate di petrolio) dai giacimenti del Caucaso, passando per la Russia, anziché (…)
(…) per la Turchia come il rivale gasdotto Nabucco, è una battuta infelice e grottesca. Infatti, che cosa si dovrebbe dire di Gerhard Schröder, ex cancelliere tedesco, presidente di Nord Stream, società tra Gazprom e la tedesca E.On e Gas de France, che porterà il gas russo dal Baltico al Nord Europa e che è gemella di South Stream?
Saipem del gruppo Eni costruirà il gasdotto sottomarino di South Stream, lungo 900 chilometri e poserà i tubi sottomarini di Nord Stream. E anche Nicolas Sarkozy è portavoce di Putin, dato che il colosso statale francese Edf fa parte di South Stream? Alcuni ritengono che l’Italia avrebbe dovuto, invece, entrare nel progetto del gasdotto Nabucco, che trasporterà 30 miliardi di metri cubi di gas del Caucaso, entrando in Turchia al confine con l’Iran e passando per l’area curda.
Nabucco, dopo essere sceso in Turchia, risalirà verso Nord in Europa al confine tra Bulgaria e Grecia, mentre a Sud si prolungherà in Iran, con il cui governo quello di Ankara ha concluso un accordo. Dunque questo progetto in cui l’Eni e l’Enel sarebbero dovuti entrare, in alternativa a South Stream, tramite l’iniziativa politica del governo italiano, ci avrebbe impegolato in due grane: quelle dell’Iran, con cui c’è l’embargo e da cui l’Eni, che vi aveva concessioni petrolifere, si sta ritirando, e quello del transito nel territorio curdo, che è oggetto di contestazione con l’Irak ed è a rischio di attentati agli impianti. E ciò con un’operazione che all’Italia avrebbe portato solo una modesta frazione di gas, essendo il totale da spartire di 30 miliardi di metri cubi e non di 64 come con South Stream. Inoltre, la costruzione del gasdotto sarebbe andata solo in parte modesta al lavoro italiano, a differenza che in South Stream e in Nord Stream.
La tesi per cui Berlusconi con queste alleanze economiche e commerciali, che generano per l’Italia grosse commesse per le nostre imprese di impiantistica e un notevole flusso di esportazioni verso la Russia, avrebbe avvantaggiato i russi e quindi «favorito» Putin, per ragioni personali, è grottesca. È chiaro che Berlusconi e il suo governo così fanno l’interesse dell’Italia, in accordo con la Germania e la Francia. La tesi per cui con questa iniziativa la Russia potrà controllare il gas del Caucaso in quanto la tubatura passerà per il territorio russo, mentre Gazprom entra nella gestione del gasdotto, non regge, dato che vi è spazio non solo per Nabucco, ma anche per un terzo gasdotto. Si tratta di Itgi di 10 miliardi di metri cubi che sarà realizzato su iniziativa di Edison, società a cui la francese Edf partecipa assieme alle municipalizzate italiane. Il fabbisogno addizionale di gas dell’Europa nel decennio è calcolato in 140 miliardi di metri cubi.
Ed ecco quindi che Berlusconi, che oltreché un politico è un competente di cose economiche, in quanto non ha fatto il politico tutta la vita, come i capi del Pd, dell’Udc e di Fli, ma ha creato e gestito una grande impresa, ha stretto accordi con la Libia, non appena è caduto l’embargo che la riguardava. Proprio adesso, per una fortunata coincidenza, si trova a Tripoli. La Libia è ricca di petrolio e di gas. Gli accordi che sono stati conclusi con Gheddafi e che ora vengono man mano posti in attuazione prevedono che l’export di gas dalla Libia all’Italia, dai giacimenti coltivati e gestiti dall’Eni, aumenterà da 8 miliardi di metri cubi a 18. La metà dei 10 miliardi aggiuntivi arriverà con l’ampliamento del gasdotto tra la Libia e la Sicilia, l’altra metà con navi metaniere che riforniranno gassificatori sulle coste dell’Italia meridionale. Le imprese italiane, in contropartita, hanno grosse commesse per reti ferroviarie e altre infrastrutture in territorio libico, in collegamento da un lato con la Tunisia e dall’altro con l’Egitto. Il nostro Mezzogiorno ha un particolare interesse allo sviluppo delle relazioni economiche con il Nord Africa. E questo è anche un modo per aiutare a risolvere la questione meridionale, al di là delle chiacchiere.
(Tratto da Il Giornale)