Ecco la storia di un Governo mai nato
21 Maggio 2007
di Milton
Il Governo festeggia (?) il suo primo anno di vita e il Presidente del Consiglio Prodi ci informa che il Paese riparte. Nelle stesse ore accadono i seguenti fatti. Il Ministro Mastella determinante con il suo partito (lo 0.7%) per la stabilità dell’Esecutivo, chiede a gran voce la verifica e il Ministro D’Alema consiglia al collega di prendersi una vacanza a Ceppaloni; il Ministro Ferrero con tutto il suo partito imputa al Ministro Padoa Schioppa la recente sconfitta elettorale siciliana, il Ministro Bonino denota dello statalismo di ritorno nelle mosse incaute del Governo sull’affare Telecom, il Ministro Bindi non ha proprio le stesse vedute sui Dico dei colleghi Ferrero e Bonino, le vedute invece del Vice Presidente del Consiglio Rutelli sui Dico e su molto altro, non si conoscono affatto. Il Ministro Di Pietro è in disaccordo con quasi tutti i suoi colleghi, e comincia a essere in disaccordo anche con sé medesimo, dei ministri Gentiloni e Bianchi se ne sono perse le tracce, e forse è meglio così. Mentre il Presidente del Consiglio in persona mi sta dicendo che se vinco al Superenalotto non potrò avere in futuro incarichi di Governo, lasciandomi con un dubbio atroce, me li gioco o no questi numeri?
Forse è vero, il Paese riparte, anzi .. scappa. Scappa dal peggior Governo della Repubblica
E’ la storia di un Governo mai nato. Il Governo dello 0.06% ottenuto in una notte lunga ed oscura, della fiducia al Senato acquistata al mercato di Buenos Aires e sostenuta dal sospiro flebile di una gerontocrazia compiacente.
E per primo venne l’occupazione, precisa, meticolosa, scientifica di ogni parvenza di potere. Le più alte cariche dello Stato, le Autorities, gli Enti, la Rai. Sono tornati persino loro, Biagi e Santoro, martiri resuscitati, nel frattempo parcheggiati, il primo con una lussuosa liquidazione, il secondo al Parlamento Europeo. Ma il pieno l’Esecutivo lo fa nel mondo economico-finanziario dove le Banche degli amici si fondono a ritmi frenetici, fondendo ovviamente anche le loro quote nei gruppi editoriali e assicurativi; ormai non esistono più i poteri forti, ma IL potere forte. I giornali, la magistratura e le università invece non hanno richiesto interventi particolari, l’occupazione non è mai stata in discussione, anche prima che la coalizione guidata da Prodi diventasse coalizione di Governo. Ed è così ormai da decenni.
La democrazia Parlamentare è diventata una chimera: il Senato è inoperoso ed espleta le sue prerogative legiferanti solo quando diventa la succursale di Villa Arzilla e solo 5 leggi per decreto su 38 sono state ad oggi approvate dalle Camere. Un membro non gradito del Corte Costituzionale ha già data le dimissioni, mentre un altro, sempre non gradito, ma nel CdA della RAI, resiste come a Fort Apache.
C’è poi il capitolo economico, una vera commedia dell’assurdo. Ionesco non avrebbe potuto fare meglio. La campagna declinista del centro-sinistra, che aveva caratterizzato il periodo pre-elettorale, ci aveva consegnato file di italiani indigenti davanti ai supermercati a mendicare il latte per la quarta settimana, un rapporto deficit PIL vicino al 5% e altre amenità. Ebbene il 2006 – sul quale il Governo Prodi non è per nulla intervenuto – si è concluso con un rapporto deficit PIL al di sotto del 3% (al netto di partite eccezionali) e una forte ripresa del nostro sistema industriale. Nel frattempo però la finanziaria 2007 ci ha regalato un aumento consistente della pressione fiscale, la reintroduzione della tassa di successione e una moltitudine di nuove tasse locali, per non parlare del ticket sul pronto soccorso e della tassa di soggiorno, quest’ultima ritirata in extremis, bontà loro.
E ora il Ministro Padoa Schioppa, col candore tipico del Ministro tecnico, ci viene a dire che queste nuove tasse non servivano, tanto che avanzano un po’ di soldi – il famoso tesoretto – sui quali la canea dei partiti della maggioranza si stà avventando per le solite promesse in vista delle prossime elezioni amministrative.
E il mondo delle imprese? Preso in giro. La riduzione del cuneo fiscale, tanto sbandierata in campagna elettorale, è bloccata dall’Unione Europea e siamo già quasi a metà anno. Le media grandi imprese hanno perso il TFR, che in gran parte andrà nel pozzo senza fondo dell’INPS, le nuove normative che dovrebbero favorire fusioni ed acquisizione di imprese, sono farraginose ed irrealistiche. Le timide rimostranze dei vertici di Confindustria ci fanno pensare che la mobilità lunga a spese dei contribuenti di cui gode la Fiat ed alcuni piccole rottamazioni qua e là (caldaie, frigoriferi), fungano da sordina per le istanze degli industriali.
Negli stessi mesi si è anche tentato di smantellare la riforma Maroni delle pensioni, per soddisfare le richieste di sindacati e sinistra radicale. Il capitolo degli statali è invece ancora aperto, con una sola certezza: avranno aumenti per un totale di 3,5 miliardi di euro e continueranno a non far nulla, anche considerando che chi per primo li ha definiti fannulloni vive oggi sottoscorta.
Il tema delle infrastrutture invece è addirittura penoso, forse anche triste se pensiamo alla qualità della nostra vita come cittadini utenti. Si cominciò addirittura col dire che i cantieri dovevano essere chiusi per mancanza di soldi (ed allora il tesoretto?), poi la sospensione del piano per il ponte sullo stretto e relative penali buttate, poi lo stesso per la TAV in Val di Susa, e giù penali. E per concludere, la revoca delle concessioni TAV, naturalmente solo per i cantieri dove gli appalti non vedevano protagoniste le coop. Un atto di interventismo statalista senza precedenti, con il silenzio assordante dell’Antitrust.
Quest’ultimo elemento ben introduce il punto dei riformisti di questo Governo. Quelli veri (i cosiddetti Volonterosi) se ne sono andati, dopo essere stati sbeffeggiati e isolati, quelli a parole sono rimasti e hanno fatto le lenzuolate. Dicasi lenzuolata, un pateracchio di piccoli provvedimenti, spesso a favore delle coop od altre clientele collaterali, che la grande (sic) stampa economica definisce liberalizzazioni, ma delle quali il cittadino consumatore non se ne accorto se non per il fatto che ora é possibile commentare con il barbiere la giornata di campionato anche di lunedì, visto che egli può decidere di non usufruire del giorno di chiusura.
Dell’interventismo statalista, molto si è scritto di recente in occasione dell’affare Telecom ma due perle rimangono: i famosi foglietti di Rovati con l’obiettivo di sottrarre (lo Stato ad un privato, una volta si chiamava esproprio proletario; in questo caso l’aggettivo, ma solo esso, è improprio) a Telecom la rete, l’altrettanto famosa telefonata di Padoa Schioppa al Presidente di Generali per invitarlo ad impegnarsi nella cordata degli amici per l’acquisto di Telecom, in cambio di protezione. Non si sa cosa pensare dell’imminente privatizzazione di Alitalia.
Il capitolo di politica estera vede come protagonista assoluto il Ministro D’Alema e il suo multilateralismo sbilanciato. Curiosa concezione che prevede la costante critica di una parte (Stati Uniti ed Israele) e il costante appoggio dell’altra. Il tutto inizia con il ritiro del contingente in Iraq, come contentino alla sinistra radicale, ma già deciso dal Governo Berlusconi, per poi passare attraverso l’invio di un contingente militare in Libano, con obiettivi chiari a pochi, con regole d’ingaggio da scuola materna, mentre i carichi di armi indirizzati agli Hezbollah passano indisturbati.
La gestione politica della nostra presenza in Afghanistan rappresenta invece un raro esempio di approssimazione, confusione ed incompetenza. Tra sfiducia del Parlamento, successivi soccorsi da un lato, di senatori cosiddetti pacifisti che hanno scelto, tra pianti e zuffe, di preferire lo scranno al voto contrario per la missione (chi lo dice ai movimenti?) e dall’altro di senatori (1) autodefinitisi di mezzo, nel senso che usano il voto come mezzo per un incarico futuro, il contingente in Afghanistan è rimasto. Ma con regole d’ingaggio e mezzi inadeguati, perché come dice lo stesso Ministro degli Esteri, con uno scatto inaspettato di lucidità politica, là c’è la guerra. Sono poi arrivate le letterine degli ambasciatori di paesi alleati in Afganistan, per ricordarci di fare il nostro dovere, e nel frattempo Emergency si è insediata alla Farnesina.
Nelle politiche sociali, il Governo , ha mostrato la sua vera faccia, ostaggio tra le volontà della sinistra radicale e i pentimenti tardivi dei centristi della maggioranza.
Ai Dico, ha dato una risposta inequivocabile il Family Day e il milione di persone a San Giovanni; spacciati per un provvedimento per accrescere i diritti civili (peraltro già esistenti) delle coppie di fatto, i Dico si sono rivelati per quello che sono, il tentativo di distruggere la famiglia tradizionale basata sul matrimonio tra uomo e donna. Tutto ciò mentre i ragazzi muoiono a scuola, dentro le aule per uno spinello e il Ministro Turco propone di aumentare la dose minima giornaliera fissata per le legge ed il collega Ferrero, non sarebbe contrario alle “stanze del buco”; mentre le nostre grandi città non riescono più a far fronte alla criminalità, l’indulto ha svuotato le carceri (che ovviamente si stanno riempiendo) e la proposta di modifica della Bossi-Fini consente a chiunque di entrare in Italia udite, udite, autosponsorizzandosi!
Ci piace però concludere questa breve cronistoria con quello che ormai è unanimemente considerato la testa pensante del Governo, visto il numero inverosimile di dichiarazioni fatte ogni giorno: il Ministro Pecoraro Scanio. Il Ministro, nonché suo fratello, sono eletti con grande consenso in Campania. Ebbene le strade di molte delle maggiori città campane sono ormai grandi discariche fumanti, pericolose per la concentrazione di diossina, scandalose per ogni condizione minima di convivenza civile, inaccettabili anche per i ratti. Dopo più di 1,8 miliardi di euro investiti negli ultimi anni da Bassolino e compagni, commissari di ogni natura, anche una persona seria come Bertolaso getta la spugna. E la fine di ogni base minima di civiltà.
E lui, il Ministro che fa? Pontifica sul riscaldamento del pianeta e sul protocollo di Kyoto, va alle Nazioni Unite e suggerisce – in diretta al TG1, e questo il vero scandalo – di inserire qualche pannello solare sul Palazzo di vetro dell’ONU e magari ai dipendenti di non lavarsi le mani prima di pranzo.Ma non ci meritiamo qualcosa di meglio?