Ecco perchè abbiamo bisogno di un’etica globale 

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Ecco perchè abbiamo bisogno di un’etica globale 

16 Novembre 2020

Umberto Galimberti, ne “I vizi capitali” scrisse che “l’etica funziona solo se diventa psiche”, se diviene sentimento alla base dell’agire. Oggi come mai trovo che sia importante riflettere su questo concetto nella ricerca di un sentiero per costruire un’etica globale, così necessaria per affrontare le sfide poste dalla globalizzazione. Problemi universali necessitano di soluzioni universali: il cambiamento climatico, la pandemia, la disuguaglianza economica, i flussi migratori sono solo i più urgenti.

Tuttavia, il terreno per costruire un’etica globale è reso impervio da una dinamica peculiare di quest’epoca storica. Lo sviluppo della tecnica e la connettività, infatti, hanno generato due forze eguali ed oppose: l’una centrifuga, che annega l’individuo in un mondo di algoritmi personalizzati; l’altra centripeta, che amplifica su scala globale gli effetti delle interazioni tra i singoli e tra gli stati.

Se l’uomo moderno, iperconnesso e virtuale, è sempre più atomizzato, le conseguenze delle sue azioni sono sempre più globali.

Gli algoritmi dei motori di ricerca e dei social network hanno una logica centripeta: mettono in relazione le persone su basi “opinionistiche”, tendono cioè a connettere opinioni ed interessi simili. Questo meccanismo imprigiona gli individui in un ecosistema conformista che si autoalimenta in assenza di contraddittorio generando spesso un tribalismo carico di risentimento, talvolta addirittura di odio. Damiano Palano, per descrivere questo fenomeno, parla di Bubble democracy, la società in cui il pubblico si scioglie in miriadi di bolle autoreferenziali.

I corpi intermedi, fondamentali nel loro ruolo di formatori di opinione pubblica, tessitori del compromesso politico, non hanno più spazio, così i leaders attuano politiche sempre più unidirezionali, disaggreganti ed estreme nella spasmodica ricerca di consenso, tra queste bolle confliggenti.

Tuttavia, le interazioni trans-nazionali tra queste opinioni polarizzate e le politiche di foggia populista che gli Stati riversano sui loro elettorati, hanno un’immensa forza centrifuga: i dazi, le guerre commerciali, lo sfruttamento delle risorse locali, le politiche di igiene pubblica, i regolamenti delle emissioni e le politiche d’istruzione rovesciano le loro conseguenze sull’intero pianeta.

Ed è così che, per uno dei molti paradossi della storia, sono proprio i leaders della bubble democracy, incapaci della loro arte più nobile, quella del compromesso, a dover rifondare un terreno di reciprocità e di empatia senza il quale non potrà esistere un’etica globale. Ed è certo che senza un’etica globale, non vi è la sostanza perché le sfide globali possano essere vinte. Queste sfide vanno affrontate al più presto e per farlo necessitiamo di leaders in grado di aggregare il consenso su sé stessi, di politiche equilibrate, di misure di lungo periodo che non lascino nessuno escluso.

Abbiamo bisogno di istituzioni internazionali ancora più forti, di accordi multilaterali con obiettivi ambiziosi e vincolanti, perché è attraverso la reciprocità che si crea senso di appartenenza ed è attraverso il senso di appartenenza che si crea etica.
Come ha scritto Paul Collier nel bellissimo “The Future of Capitalism”, “quando riconosciamo nuovi obblighi verso gli altri, costruiamo società che sono in grado di fiorire…e per raggiungere la promessa di prosperità dobbiamo ricostruire il nostro senso di reciprocità”. Solo con un’etica davvero globale vinceremo le sfide di oggi.