Ecco perché Atg è sceso dall’aereo
30 Maggio 2007
Il gruppo americano ATG (affiancato da Mediobanca) ha lasciato la gara Alitalia prima ancora di acquisire, dalla data room, le informazioni finanziarie di dettaglio (le più importanti riguardano la redditività per le singole tratte). I rappresentati di due delle tre cordate in lizza sino al 29 maggio avevano lamentando che non vengono fornite le cifre essenziali – quelle sui voli Roma-Milano: unicamente, AirOne non ha espresso lagnanze analoghe.
ATG ha sbattuto la porta il giorno in cui venivano annunciati i risultati elettorali. La coincidenza non è fortuita. Alla vigilia quasi delle elezioni, il Ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi ha detto a tutto tondo quanto già anticipato da L’Occidentale ed esaminato più estesamente nel Quinto Rapporto sulle Liberalizzazioni in Italia del comitato scientifico di Società Libera: sotto la veste di una finta privatizzazione e di una gara (distinta e distante da un’asta pubblica di standard europeo) si cela una nuova ricapitalizzazione. Tale ricapitalizzazione minaccia di essere costosa per i contribuenti perché, da un alto, in essa si annida (ma non troppo) il tentativo di ampliare il “partito aziende” di impronta prodiana e dall’altro, pone sull’erario le probabili perdite dell’azienda in un arco non precisato del futuro prossimo. Lo dicono ora anche economisti (Marco Ponti e Giorgio Ragazzi non certo vicini o collaterali al centro-destra).
Paradossalmente, l’ipotesi della ricapitalizzazione, invece della via della privatizzazione, è stata rafforzata dagli esiti delle elezioni che hanno indebolito Prodi (ma dato maggiore impulso al suo tentativo di avere un partito-aziende , composto quindi di imprese e banche amiche) e reso più aggressiva la sinistra radicale e tutte quelle componenti dell’Unione che non vogliono confluire nel Partito Democratico. Un’Alitalia ricapitalizzata, ma sempre a controllo statale, diventa uno strumento di lottizzazione e potere (a spese dei contribuenti), per il partito-aziende di stampo prodiano e per il resto della sinistra. Così come AT & T è scappata da una Telecom in cui la politica politicante voleva mettere becco troppo spesso ed in modo troppo pesante, ATG-Mediabanca hanno deciso che è meglio stare lontani da un carrozzone, in vita per accanimento terapeutico.
Le caratteristiche della ricapitalizzazione erano state chiarite negli ultimi giorni prima delle elezioni. In primo luogo, infischiandosi dei richiami della Consob, Bianchi ha detto forte e chiaro che il diritto suo e degli altri Ministri “competenti” a dire l’ultima parola: non solo non si parla più di una cessione immediata tale da imporre, in breve tempo, un’Opa ma secondo Bianchi lo Stato deve mantenere voce in capitolo nell’Alitalia del futuro e vendere meno del 40% del pacchetto azionario. In secondo luogo, il CdA Alitalia ha definito le premesse per la ricapitalizzazione: approvazione di un consuntivo 2006 con una perdita netta di 626 milioni di euro (2 milioni di euro al giorno), svalutazione della flotta. In parallelo, il cambiamento, in corso d’opera, delle regole del gioco (con l’arrivo di un advisor per fare il prezzo delle azioni e la possibile apertura a rimaneggiamenti delle cordate) e la loquacità dei politici (censurata dalla Consob) mentre la gara è in corso (le offerte devono essere presentate il 2 luglio tra le 13 e le 17), comportano il rischio di fare invalidare il beauty contest dalle autorità comunitarie. Il probabile esito è che il 2 luglio ci sarà una sola offerta dettaglia “vera” .
Chi ha interesse a restare della partita? Gli amici-degli-amici che entrerebbero nell’Alitalia al 39% per portare denaro fresco nell’immediato e partecipare a una ristrutturazione da farsi a carico di Pantalone (ossia dei soliti noti) e rivendere (presumibilmente con una valorizzazione soddisfacente) al termine del vincolo temporale (si parla di tre anni) in cui stare con la compagnia di bandiera. Un manager americano ha detto: non siamo bucanieri.