Economia ed elezioni, due brutte gatte da pelare per Angela Merkel
08 Gennaio 2009
Il 2009 sarà un anno burrascoso per la Germania, quarta economia del mondo e forza trainante del mercato europeo. Il rapido aggravarsi della congiuntura, unito alla girandola di appuntamenti elettorali, che da gennaio a settembre affollano l’agenda dei politici di ogni schieramento, ne sono il segno più evidente. E il rischio che all’accorata preoccupazione subentri un allarmismo senza freni diventa tanto più reale, se si pensa che proprio ieri l’Agenzia federale del lavoro ha mestamente comunicato il dato relativo all’occupazione nel mese di dicembre. Dopo due anni di progressivo calo del numero dei disoccupati, scesi per la prima volta sotto quota 3 milioni nel novembre scorso, i disoccupati sono tornati ad aumentare.
"Il 2008 è stato uno degli anni migliori per il mercato del lavoro tedesco – commenta il capo dell’Agenzia Jürgen Weise – mentre il nostro ottimismo per il 2009 si è assai smorzato". Tempi di vacche magre insomma, che l’istituto economico Ifo dipinge così: niente crescita prima del 2010 e quattro milioni di disoccupati. La Germania rischia insomma di ritrovarsi improvvisamente sbalzata indietro di tre o quattro anni, quasi che il periodo di relativo benessere degli ultimi 24 mesi si fosse di colpo annullato. Dopo un 2006 e un 2007 di moderata crescita di un PIL (+2,5%) spinto dalle esportazioni, dopo lo storico risanamento dei conti pubblici e la drastica riduzione del numero dei senza lavoro, la Repubblica Federale si trova così a un punto di snodo. Che fare?
E’ questo l’interrogativo che da mesi attanaglia il gabinetto di "Große Koalition", incapace sinora di individuare una risposta unitaria in grado di mitigare le conseguenze della recessione in atto ormai dal quarto trimestre del 2008. Le divisioni all’interno della maggioranza di governo sono infatti troppo stridenti perché ne possa uscire un programma coerente e armonico. E così dopo il primo striminzito pacchetto di stimoli all’economia di circa 30 miliardi (in realtà molti meno, contenendo la manovra interventi decisi già nel corso dell’anno), la Cancelliera Angela Merkel si prepara a varare ora una corposa iniezione di denaro pubblico nell’economia tedesca.
Il perché è presto detto. La classe politica non può mai stare con le mani in mano, deve agire. E’ l’elettorato che glielo chiede. Ancorché ciò non sortisca affatto risultati tangibili o addirittura peggiori la situazione, il compito del politico consiste esclusivamente nell’agire. Sempre e comunque. E ciò è tanto più vero, quando alle porte c’è una sfilza di cruciali consultazioni elettorali. Tra dieci giorni, ad esempio, si voterà in Assia, Land nel quale lungo tutto il 2008 si è consumata una delle più grottesche commedie politiche della Germania riunificata. Ormai d’accordo con l’estrema sinistra (Die Linke), la candidata alla poltrona di governatrice Andrea Ypsilanti (SPD) ha dovuto alla fine cedere il passo a causa dell’ammutinamento di quattro dei suoi, contrari ad un esecutivo stampellato da ex-comunisti.
L’Assia non è che il primo della nutrita serie di chiamate alle urne. In maggio l’Assemblea federale (Bundesversammlung) si riunirà per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Anche qui la rivalità tra CDU ed SPD si farà sentire. Neanche due settimane più tardi sarà la volta del rinnovo dei rappresentanti al Parlamento europeo. Ad agosto invece si procederà alla rielezione dei parlamentini regionali di Saarland, Turingia e Sassonia. Infine, il 27 settembre, insieme al rinnovo del Landtag del Brandeburgo, si voterà per la Camera bassa del Parlamento federale, il Bundestag.
Una maratona elettorale, insomma, nella quale la Germania si è immersa già in questi giorni. I colloqui tra i tre partiti della grande coalizione sul nuovo pacchetto congiunturale hanno funzionato da prematuro catalizzatore. E così al settimo piano del Kanzleramt, si sono avvicendati in questi giorni i volti questuanti dei principali esponenti della CDU, della CSU e dell’SPD, tutti desiderosi di accontentare una voluminosa fetta del proprio elettorato di riferimento. In poco più di due settimane, la proverbiale moderazione cui aveva costantemente fatto riferimento la Cancelliera si è dissolta. Ed è stato subito un grande assalto alla diligenza.
I socialdemocratici premono per incentivi alla rottamazione e per un ritocco all’insù delle aliquote sui redditi più alti. Già innalzata per volere dell’SPD al 45%, dovrebbe ora passare al 47,5% (ma per redditi superiori a 125 mila euro, finora veniva applicata a quelli superiori a 250.000 euro). Oltre a tutto un fiorire di buoni di consumo per bimbi e famiglie, sui quali anche i democristiani fanno sponda, la Große Koalition dovrebbe deliberare un rooseveltiano piano di spesa per ammodernare le infrastrutture pubbliche. Ancora poco chiaro il capitolo imposte. Dopo l’intesa tra CDU e CSU su un lieve (ed ininfluente dal punto di vista degli effetti) innalzamento del tetto della no tax area (solo per single e coppie sposate), ci si aspetta di convincere i socialdemocratici, che preferiscono concentrarsi sulla diminuzione dei contributi sociali (in primis quello sanitario da destinare alle casse mutue). Unica misura della portata effettivamente non trascurabile è quella che riguarda l’abolizione della cosiddetta heimliche Progression. Si tratta del meccanismo attraverso il quale ad ogni aumento di stipendio lo Stato incasserebbe di più in ragione dello scatto dell’aliquota successiva. La falla insita al sistema fiscale tedesco ha gravato soprattutto sul ceto medio, il più tartassato da tasse e balzelli anche in Germania.
Di qui però a credere che il pacchetto possa essere risolutivo ne corre. Ecco perché il quotidiano economico "Handelsblatt" rimprovera alla Cancelliera di non essere stata abbastanza determinata ad imporre il proprio credo, magari facendo sue le proposte dei liberali dell’FDP, i quali tuttora insistono per una riforma complessiva del sistema fiscale e non per quelle che definiscono sterili misure una tantum. Il fatto è che la fiducia al’interno del Gabinetto incomincia a latitare.
La signora Merkel deve convivere con il suo diretto concorrente per la Cancelleria, il Ministro degli Esteri socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier. La competizione inizia a farsi pressante e il desiderio finora sempre vivo di raggiungere un compromesso sembra lasciare spazio a un coacervo sparso di proposte, da assemblare poi malamente l’una all’altra. La strategia pare un po’ quella del "liberi tutti" e così ormai si viaggia in ordine sparso. La lungimiranza e lo sguardo di lungo periodo sembrano appartenere a un’altra epoca. E’ tempo di guardare al proprio giardinetto, dicono alcuni. La Merkel dal canto suo lo sta facendo bene, senza esporsi mai troppo e senza perdere la fiducia degli elettori, che, se si votasse oggi, le accorderebbero ancora in grande maggioranza la loro preferenza.