Economia in crescita ma scoppia il caso Sistani

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Economia in crescita ma scoppia il caso Sistani

30 Maggio 2008

Ieri si è aperto a Stoccolma l’International Compact with Iraq. Lanciato a Sharm el-Shaikh il 3 maggio 2007, il progetto serve a proporre “una nuova partnership con la comunità internazionale" che si articola in un piano quinquennale e comprende finalità e impegni reciproci "con l’obiettivo di aiutare l’Iraq nel cammino verso la pace, una solida forma di buon governo e la ricostruzione economica". Il progetto si fonda sulla premessa di "un rapporto reciproco fra peace-building e prosperità economica" ed è presieduto alla pari dall’Iraq e dalle Nazioni Unite con la Banca Mondiale a fare da supporto. La comunità internazionale è esplicitamente tenuta a "sostenere priorità irachene, come concepite e implementate dagli iracheni". Il punto centrale della conferenza, a cui partecipano più di 100 delegazioni di paesi stranieri e organizzazioni varie, è la rimozione del debito, pari a 67 miliardi di dollari, detenuto in massima parte dall’Arabia Saudita e dagli altri paesi del Golfo; tramite questo forum, l’Iraq vuole anche ottenere aiuto tecnico, e non solo, per la ricostruzione post bellica, in modo particolare nel sostegno all’agricoltura già fortemente compromessa sotto Saddam.

E’ un momento importante perché nella capitale svedese si sta discutendo del futuro del paese mediorientale e i fatti, come al solito quando si parla di guerre moderne, sono contraddittori. In primo luogo, la situazione economica è senza dubbio migliorata: le rendite petrolifere sono cresciute rispetto all’anno passato di 34 miliardi di dollari, l’inflazione è calata al 22 per cento e il PIL viaggia su di una crescita del 7-8 per cento l’anno. Con le parole della Rice, “l’Iraq è un paese ricco, un sistema pienamente funzionante che non richiede un’eccessiva assistenza finanziaria”.

Sempre guardando alle note positive, la situazione militare è in costante miglioramento: la scorsa settimana è stato registrato il più basso numero di incidenti dal marzo 2004. Al sud, nella città sciita di Bassora, l’offensiva lanciata dal primo ministro Nouri al-Maliki a marzo sta ottenendo risultati significativi, dopo i primi momenti difficili. L’applicazione della dottrina Petraeus, inaugurata nel 2006 nella provincia sunnita di Anbar contro al-Qaida (invio di truppe nelle zone a rischio, messa in sicura e controllo del territorio, conquista della fiducia della popolazione locale e coinvolgimento dei leader delle tribù indigene) sta dando buoni frutti anche contro l’esercito del Mahdi di Motqada al-Sadr. L’ultimo esempio è rappresentato dal coinvolgimento della tribù mista sciita e sunnita di Bani Tamin, particolarmente influente nel sud dell’Iraq, dove le bande supportate dall’Iran tormentano con attacchi continui le forze dell’alleanza. Sconfitta al-Qaida, nel 2008 l’obiettivo strategico, non di facile raggiungimento, rimane la stabilizzazione e il contrasto dell’influenza di Teheran al sud. Ma importanti sono anche i progressi nel potenziamento dell’esercito iracheno; pur tra mille difficoltà, come la defezione di mille soldati durante l’attacco a Bassora, dal giugno del 2007 si sono aggiunti altri 52.000 uomini, 21 nuovi velivoli, 1.400 unità di truppe speciali; la polizia inoltre ha aumentato il suo organico di 60.000 reclute tra forze di sicurezza e poliziotti ed è migliorato notevolmente il livello qualitativo delle truppe. 

Ma come sempre quando si parla di Iraq il quadro non mai né del tutto ottimistico, né tantomeno chiaro. E’ di pochi giorni fa infatti una notizia che, se vera, risulterebbe catastrofica. Il grande ayatollah al-Sistani, il leader sciita moderato su cui gli americani hanno puntato tutto, avrebbe lanciato una fatwa orale e in privato, per ora tenuta segreta (?), contro la presenza delle truppe straniere sul territorio iracheno. Avrebbe agito in questa direzione per non farsi scavalcare da Motqada al-Sadr, sia sul versante del nazionalismo, per conservare il consenso sulle masse sciite, che su quello strettamente militare, per lanciare i suoi fedeli alla lotta. Ad oggi risulta però difficile un’ermeneutica del gesto. Quello che è senza alcun dubbio chiaro è che il caos iracheno sembra destinato a rimanere tale ancora a lungo. Bush il 27 maggio, in un discorso all’Accademia dell’Aviazione a Colorado Springs, per spiegare le difficoltà incorse nella costruzione della democrazia in Iraq, ha operato un confronto con l’esperienza passata del dopo guerra in Germania e Giappone. Qui il lavoro poté avvenire in relativa calma, mentre adesso gli Stati Uniti sono costretti ad agire “sotto il fuoco dei network terroristi e dei paesi che li sponsorizzano. Questo è un compito difficile e nuovo e noi impariamo mentre agiamo”.