Europa: alla ricerca dell’identità perduta

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Europa: alla ricerca dell’identità perduta

02 Settembre 2007

Si sente la zampata del grande storico della filosofia quale è Pietro Rossi, nel volume cha ha dedicato a L’identità dell’Europa (il Mulino, Bologna, 2007): lavorando su questo tema ha compiuto un’operazione di pulizia concettuale che sarebbe necessaria anche in molti altri settori e su altri innumerevoli argomenti. Utilizzando gli strumenti del mestiere che possiede da par suo, è riuscito infatti a dare un senso non banale né da “scontro delle civiltà” al termine “identità” oggi utilizzato a proposito e a sproposito, e fonte di molti equivoci, di molti pericoli, di contrapposizioni inutili e dannose. Un conto, infatti, è ritenere che le differenze fra religioni, nazionalità, gruppi, lingue, usanze e così via, esistano; altro conto è pensare tali differenze in termini di identità. Le identità, come ha ricordato Amartya Sen in Identità e violenza (Laterza, Roma, 2006) hanno la brutta tendenza a cementare un certo numero di caratteristiche come se fossero le caratteristiche “naturali” (eterne, ovvie, immutabili) di quelle religioni, nazionalità, gruppi, lingue, usanze e così via alle quali si applica. Dalla cementazione, essenzializzazione e naturalizzazione dell’identità propria, è breve il passo alla contrapposizione con identità diverse e allo scontro anche molto violento.  

E’ difficile, tuttavia, fare a meno del concetto di identità quando si deve far riferimento alle caratteristiche stabili che nel corso di un periodo non breve di tempo un certo soggetto o istituzione o aggregato si trova a possedere. Non a caso Rossi in questo volume si chiede quale sia l’identità dell’Europa. E’ una domanda che si sono posti intellettuali di ogni tempo, di ogni credo, di ogni tendenza politica. Le risposte che hanno dato sono state le più varie: è una identità cristiana, pagana, latina, greca, razionalista, irrazionalista, illuminista, nazionalista, mediterranea, ariana, liberale, liberalsocialista, fascista, imperiale, repubblicana e chi più ne ha più ne metta. Di questi tempi, la domanda ha acquistato una particolare urgenza a causa della Costituzione europea: essa infatti doveva non solo recepire le singole Costituzioni degli Stati componenti, ma esprimere valori, comportamenti, regole fondamentalissime, proprie appunto dell’entità Europa. Quella domanda, inoltre, è stata accentuata dall’11 settembre: l’attentato del radicalismo islamico contro gli Stati Uniti e la risposta bellica americana hanno sollevato di nuovo le grandi questioni, e l’Europa ha risposto con un misto di vicinanza e lontananza rispetto al Paese che, all’epoca, era intervenuto in suo soccorso contro il nazismo e il fascismo. Al tempo stesso, la compagine Europa, dotata di una sua Costituzione, entità reale dal punto di vista soprattutto economico, ha percepito i terroristi islamici come alle sue porte e perfino al suo interno, e si è sentita minacciata dai “barbari”: non solo dagli invasori, come in altri momenti della storia passata, ma da masse di stranieri che premono ai confini nella speranza di una vita migliore. “Non a caso – scrive Rossi – è stato più volte riproposto, negli ultimi tempi, il confronto con il declino dell’Impero romano”. Sempre, infatti, vicinanza e lontananza rispetto agli Stati Uniti sono state legate con la percezione da parte dell’Europa di una sua potenza in crescita oppure in declino, della sua forza o debolezza: e magari di una passata egemonia nella storia mondiale la cui scomparsa viene vissuta da questa parte dell’Oceano con rimpianto e invidia.  

Rispetto alle definizioni che alcuni filosofi (Gadamer, Derrida, ma anche Morin, e prima di loro molti altri) hanno dato dell’Europa, Rossi risponde alla questione da storico, e analizza a volo d’aquila le vicissitudini identitarie europee dalle origini del nome “Europa” a oggi: insediamenti, conquiste, spostamenti di popolazioni, ma anche imperi riuniti o separati, signorie esercitate, preminenze politiche di un paese sull’altro, di una religione sull’altra. Il quadro che ne risulta è per un verso ovvio e per l’altro inaspettato: mentre ci scorre sotto gli occhi una supersintesi della storia d’Europa, alcuni aspetti di essa acquistano un rilievo particolare, ed esplicitamente sottolineato. Che cosa si scopre? Prima di tutto, che ogni definizione essenzialista dell’Europa dà per scontata e presuppone una continuità che non esiste: “Se per identità dell