Extraterrestri: relativisti anticristiani con le orecchie a punta

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Extraterrestri: relativisti anticristiani con le orecchie a punta

15 Maggio 2011

Esistono gli alieni? Diamine se esistono, anche se nessuno è mai riuscito a mostrarne uno. E la prova più lampante ed incontrovertibile della loro esistenza l’ha storicamente fornita il cinema di fantascienza americano. L’ultima puntata di questa saga commercialmente fortunata e praticamente inesauribile è World Invasion di Jonathan Liebesman. Storia da manuale.

Arrivano gli alieni cattivi, davvero cattivi. Qualcuno dovrà pure fronteggiarli. Ad incaricarsi dell’ultima disperata difesa è il moderno «settimo cavalleggeri», cioè il corpo dei «marines» degli Stati Uniti. Compito un tantino difficile, visto che la posta in gioco è la salvezza del pianeta. I nemici sono piovuti dal cielo come meteoriti e la battaglia sulla carta appare segnata. Con i «marines» in campo, però, mai dire mai. Finalmente gli alieni sono approdati sulla città degli angeli. Un’avvisaglia del loro imminente arrivo gli abitanti di Los Angeles la ebbero pochi mesi dopo l’attacco giapponese alla flotta statunitense di stanza a Pearl Harbor.

Non si trattava di una burla di Orson Welles, tipo la finta radiocronaca dello sbarco dei marziani. Un’incursione dell’aviazione giapponese era data per certa, e si prevedeva avvenisse di notte. L’allarme partì. L’incubo dei cittadini fu pari alla prontezza dell’artiglieria antiaerea nello sparare cannonate all’indirizzo del cielo. Nessun nemico però volteggiava nell’alto. Cosa era successo? Errore umano, precipitazione dettata dalla paura, o mistero? I giornali si scatenarono. Le vicende belliche tennero a freno la passioni per l’universo extraterrestre. Si scatenarono, inarrestabili, di lì a poco, dopo lo schianto di un disco volante (con tanto di passeggeri alieni) nei pressi di Roswell, New Mexico, nel luglio del 1947. Nella notte di Los Angeles la mobilitazione venne decretata per fronteggiare un’invasione extraterrestre. L’allarme fasullo, sostennero a guerra finita le autorità militari e governative, fu determinato da alcuni palloni meteorologici. Spiegazione alla quale gli ufologi non hanno mai prestato la minima fiducia. Gli unici danni dell’invisibile (e inesistente) invasione giapponese (o aliena) furono causati dal «fuoco amico». Le vittime (tre) caddero non per attacco aereo (o da disco volante), ma per attacco cardiaco. La causa: choc emotivo da cannonate.

L’apparizione degli alieni continua a tenere banco senza sosta. È di pochi giorni fa la rivelazione (l’ennesima) di documenti dell’FBI che accerterebbero l’esistenza di corpi extraterrestri e navicelle spaziali custoditi in gran segreto dalle autorità statunitensi. L’esistenza, come si ricorderà, veniva comunicata all’ignaro presidente americano (un giovane e atletico pilota da guerra) in Independence Day (1996) di Roland Emmerich, fra i successi più clamorosi al botteghino degli ultimi venti anni. E immediatamente, dovendo fronteggiare un attacco extraterrestre, chiedeva di recarsi nel deserto per prendere diretta visione dei mostruosi nemici. Insomma, il mito degli alieni non smette di affascinare e convincere.

Anche Stephen Hawking, dall’alto della cattedra a Cambridge ereditata addirittura da Isacco Newton, prima giurò, secondo scienza, che non esistevano. Poi ci ha ripensato: sempre secondo scienza ne ha sentenziato l’esistenza. Infine ha detto parole molto sensate: lasciamoli stare, non li stuzzichiamo. Se ci scoprono e sono come noi, potrebbe finire male. La questione attirò anche le riflessioni di Enrico Fermi. Il «papa» seduto a tavola affermò sicuro: abbiamo miliardi di mondi esistenti nella galassia, quindi non possiamo essere la sola forma di vita intelligente. Poi si rabbuiò, proseguendo perplesso: ma se siamo certi della loro esistenza, e il calcolo matematico conferma tale ipotesi, perché non si fanno vedere?

All’affascinante mistero delle realtà aliene è dedicato un interessante e chiarissimo saggio, Extraterresti. La radici occulte di un mito moderno, scritto da Enzo Pennetta e Gianluca Marletta (Rubbettino, p. 135, € 11,00). I due studiosi ricostruiscono con metodo esatta la costruzione del mito degli alieni. Un mito – uno dei tanti – anticristiano, mescolanza di scientismo materialista (figlio della cultura illuminista) e occultismo neospiritualista (affiorato con estrema forza tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento). Questo frullato di richiami scientifici e istanze neognostiche (teosofia, spiritismo, magia, satanismo, occultismo, poteri medianici) per un lungo tratto di tempo è rimasto appannaggio di un’élite di iniziati, spesso appartati. Poi, nel dopoguerra, con la diffusione pressoché planetaria della società dei consumi e dell’industria culturale, il mito degli extraterrestri si è trasformato in fenomeno di massa.

Negli anni Sessanta del Novecento, spinta sulle ali della controcultura americana, la cultura New Age, nel segno dell’età dell’Acquario, ha introdotto il concetto di «cambiamento di paradigma»: si stava cioè passando dall’età dominata del cristianesimo a quella di una nuova spiritualità della divinizzazione dell’uomo. Manifesto visivo della nuova era si rivelò  2001: Odissea nello spazio, capolavoro cinematografico diretto da Stanley Kubrick nel 1968. Di quest’opera complessa, ambigua e affascinante, per molto tempo ne è stata esaltata soprattutto la natura «razionalista», ottimisticamente «progressista» e benevolmente favorevole nei confronti della potenza liberatrice della scienza. Il film è stato addirittura interpretato come un’opera dedicata al mistero di Dio, pur se gli autentici intendimenti di Kubrick erano ben diversi. Il geniale e trasgressivo regista americano non voleva realizzare, nel pieno della stagione della controcultura, un film «razionalista». In realtà voleva fare il contrario: un film in opposizione alla «razionalità» dominante. Nel film apprendiamo come la ragione è trasmessa all’uomo da un misterioso e indefinibile monolite. La logica della scoperta non è scientifica e razionale, ma avviene a causa di una illuminazione. La ragione, pertanto, deve considerarsi extraumana ed è fonte di progresso non certo pacifico, ma distruttivo. Il film di Kubrick è l’illustrazione visiva del definitivo esaurimento della civiltà occidentale, della frantumazione del percorso della modernità, alla quale è intimamente connessa la razionalizzazione. Siamo davanti ad un mondo fuori controllo e minacciato proprio da quella ragione che doveva dominarlo e farlo crescere armoniosamente. In estrema sintesi sono gli alieni (una civiltà superiore), e non Dio, ad occuparsi degli umani.

Nella vastissima letteratura critica dedicata all’opera di Kubrick, il problema della presenza di forme extraterrestri è ritenuta marginale. Invece è l’essenza del film, come ben chiariscono le pagine di Enzo Pennetta e Gianluca Marletta. Kubrick era convinto dell’esistenza di forme extraterrestri dotate di intelligenza superiore. Con 2001: Odissea nello spazio di fatto si anticipava una cultura relativista, antirazionalista ed antiscientifica, che sarebbe dilagata nei decenni successivi, servitasi del genere della fantascienza. Con il suo film Kubrick fece breccia nel cuore della generazione venuta alla ribalta sul finire degli anni Sessanta; generazione psichedelica, desiderosa di avvicinare nuovi percorsi spirituali. Il film, in sostanza, poteva considerarsi un processo visivo all’Occidente. Furono i figli dell’Età dell’Acquario a determinare il successo di 2001: Odissea nello spazio. I figli di McLuhan trovarono nei silenzi, nella maestosità e nella lentezza dell’opera di Kubrick un richiamo irresistibile. Un giovane spettatore, durante una proiezione, corse verso lo schermo e provò ad attraversarlo urlando: «vedo Dio!». Ma quale Dio stava vedendo quel giovane rapito dalla forza persuasiva dell’immaginario kubrickiano? Uno dei tanti «figli dei fiori», magari con l’aiuto di stupefacenti, non resisteva al fascio di luce bianca che sullo schermo stava proiettando qualcosa di talmente divino da somigliare a Dio. Non si trattava certo del Dio della tradizione giudeo-cristiana, ma piuttosto del Dio già in voga tra gli adepti della Jesus Revolution californiana, impegnati ad accostare Gesù Cristo a Buddha e a Zoroastro, amalgamando il culto delle antiche religioni orientali del sole e gli extraterrestri, gli angeli e il potere terapeutico dei cristalli, la libertà sessuale e Satana, la musica rock e lo spiritismo, l’uso delle droghe e il cinema di fantascienza. Il finale di  2001: Odissea nello spazio annunciava la nascita di un «nuovo uomo», l’«oltre uomo», l’«ultimo uomo», il «superuomo» tenuto a battesimo dalla benevolenza aliena. L’Anticristo evocato dalla follia filosofica di Nietzsche, finiva così per materializzarsi, dolcemente, sullo schermo, annunciando una prossima Apocalisse gnostica, liberatrice per l’uomo, finalmente sciolto dalle catene restrittive congiunte della materia degli scienziati e del Dio della Bibbia.

Dopo l’apparizione di 2001: Odissea nello spazio i cosmologi sono diventanti i nuovi teologi del tempo postmoderno. E ai registi della  fantascienza, come intuì Stanley Kubrick, sarebbe toccato il compito di divulgatori popolari delle idee che hanno ridisegnato la mappa cognitiva, culturale e religiosa dell’Occidente ricco e secolarizzato.