Facciamocene una ragione: per fare una democrazia non basta una rivolta

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Facciamocene una ragione: per fare una democrazia non basta una rivolta

13 Aprile 2011

Le rivolte e le manifestazioni scoppiate in Nord Africa nei primi mesi del 2011, mostrano alcuni dei caratteri della Rivoluzione francese, madre delle odierne democrazie occidentali. Rivendicare pane e diritti essenziali è quanto di più democratico possa essere rintracciato in simili sommovimenti.

Il generico favore con cui tali forme di ribellione sono state accolte in Occidente, tuttavia, non deve mettere a tacere il discorso sulla loro effettiva portata e conseguenze; e il rischio di leggere all’occidentale eventi che con l’Occidente hanno poco a che fare, è molto concreto.

Per democrazia si deve intendere l’affermazione di principi generali e valori socio-politici, più che di un sistema politico o giuridico di tipo parlamentare. Non basta dunque una rivolta o la costituzione di un governo per dare vita a un sistema democratico. L’emancipazione collettiva di un popolo, vero ingrediente protagonista nella storia della democrazia europea, non è da sola sufficiente a creare una democrazia. Rischierebbe, anzi, di farla afflosciare su sé stessa nel giro di poco tempo.

La forza con cui i ribelli hanno richiesto diritti e libertà in Egitto e Tunisia, come in Libia e Algeria, segnano il definitivo stacco tra un contemporaneo ancien regime e il possibile avvento di una democrazia di tendenza liberale. Esperienza e gioventù, si sono mischiate in modi diversi nelle singole realtà politiche e culturali dei Paesi interessati, dando vita a situazioni specifiche in contesti profondamente differenti. E l’uso di strumenti analogici e digitali, dal passaparola al Web, hanno contribuito allo sviluppo di uno spirito di coesione di gruppo.

Ciononostante, l’approccio popolare alla ribellione in questi Paesi mantiene caratteri differenti dalla Rivoluzione francese. Ciò non delegittima il carattere democratico di tali spinte alla liberazione ma traccia un confine netto con l’ Europa, e ne determinerà esiti differenti.

La prima vera differenza è che nelle recenti rivolte africane manca un concetto di nazione che si sovrapponga a quello di popolo. Riunirsi e lottare insieme non è sufficiente per creare una vera democrazia, se non si crea qualcosa di nuovo che affondi le proprie radici in un tessuto di tradizioni, cultura e valori che identifichino quelle masse anelanti libertà e diritti.

La concettualizzazione dei diritti umani essenziali è un altro punto chiave. I riferimenti a libertà, uguaglianza e fraternità sono rigurgiti cristiani, fatti propri dai popoli europei nella loro spinta all’abbattimento dei regimi autoritari. A Libia, Tunisia e a quanti seguiranno, occorre un nuovo substrato culturale che consenta a tali principi di affermarsi del tutto. Che faccia desiderare alla popolazione di poter restare nel proprio Paese e con le proprie famiglie, anziché tentare la sorte nel Mediterraneo.

A ciò si deve aggiungere la difficoltà e la necessità di istituire sistemi politici di tipo parlamentare e rappresentativo, e una equa carta costituzionale, laddove fino a un mese fa resistevano regimi autoritari. Ciò a causa di fattori di tipo storico e culturale, ma anche per via del forte legame tra società patriarcali e religione. Un tipo di riconoscimento spesso anteposto a legami di tipo territoriale e culturale.

Termini come democrazia e parlamento potrebbero in un contesto diverso mantenere il nome, ma con significati e prospettive diverse. La fase costruttiva di un sistema politico e sociale veramente democratico nei Paesi che si sono liberati dal proprio dittatore, così come in quelli ancora sotto tale giogo, sarà più complessa di quella di liberazione. La ribellione è il primo passo; ma il successo della democratizzazione passerà dallo spirito unitario della popolazione e dagli aiuti esterni, soprattutto da parte di chi con lungimiranza e spirito critico sarà in grado di individuarne le peculiarità.

Le premesse ci sono. Disperazione e voglia di rinascere delle popolazioni autoctone, unite a un clima internazionale più fecondo di quello della Rivoluzione francese, rappresentano un buon trampolino da cui spiccare il grande balzo. Una democrazia rappresentativa, ma (si badi bene) di stampo nuovo e soprattutto diversa da quella occidentale. Nel rispetto di tradizioni, storia e culture così diverse da quelle continentali e nordamericane.