Fasti e nefasti della Legione straniera

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Fasti e nefasti della Legione straniera

14 Dicembre 2008

Nel lontano 1961 un signore di nome Charles De Gaulle minacciava fuoco e fiamme contro un corpo militare che, da tempo, era circondato da un alone di leggenda, mistero e poesia. Quel settore dell’Armeé nel mirino del generale si chiamava Legione straniera e da un secolo e mezzo era addestrato per sbrogliare le peggiori grane, soprattutto coloniali, combinate dalla madrepatria. Ora i legionari erano diventati malaccetti. A Parigi non era piaciuto che certi loro alti papaveri fossero finiti fra i golpisti pro Algeria francese. E’ questa la premessa del reportage, per prima volta in volume, che Gian Carlo Fusco pubblica sul suo giornale, il Giorno.

Un ritrattino, a metà fra la rievocazione storica e la denuncia, sostanzialmente antipatizzante ma condito di quel tocco di vissuto che lo scrittore e umorista spezzino “riusciva a instillare, per dritto o per rovescio, in tutti i suoi scritti, da quell’uomo dalle mille vite e dalle mille esperienze che amava fingersi”.

Nelle ultime pagine, ecco il sugo dell’opera. Demiurgo, lo scultore Luciano Minguzzi e il racconto del fratello della moglie del legionario e dei suoi “ripetuti e disperati S.O.S. A Sidi-Bel-Abbès l’artista emiliano finalmente rintraccia il congiunto e può portarselo appresso. Il legionario “polenton” non ha nulla di eroico o terribile e assomiglia piuttosto a un collegiale in libera uscita. Il cognato-artista allora spiega: “non era mica il solo, lì attorno, ad avere quell’aria infantile, fra la paura e la sorpresa. Ce n’erano tanti altri, pilotati avanti e indietro da sottufficiali aspri, sferzanti, più simili a secondini che a soldati. Altro che legionari di ferro, lupi del deserto e sentinelle di fuoco! Parevano tanti Martinitt, il giorno del dentista”.

Sempre allo scultore-testimone, Fusco, mette in bocca un altro aneddoto e qui spunta la faccia truce  dei désespérés. “Fu proprio durante il viaggio che ne vidi uno di quelli veri”, prosegue Minguzzi. “era un parà tedesco, ma parlava abbastanza bene l’italiano perché, mi disse, era stato a Roma e a Napoli con un battaglione di SS, nel ’43. Mi raccontò che aveva appena finito di scontare dieci giorni di rigore, perché una mattina facendo marcia indietro con il camion, aveva ammazzato un algerino. Mi disse che, appena possibile, ne avrebbe fatto fuori un altro, o magari un paio, per vendicarsi di quello che crepando gli aveva fatto fare la prigione. Parlava sul serio”. Quel  brivido, osserva Fusco, che scorreva sulla schiena del buon Minguzzi nell’ascoltare il legionario è ovviamente il nostro brivido. Una commozione che lo scrittore ci rifila sapientemente, del resto senza farsene quasi accorgere. (B.B.)
 
Gian Carlo Fusco, La Legione straniera, Sellerio, pagine 60, euro 9,00.