Fastweb tornerà protagonista e Scaglia uscirà da Regina Coeli. Ma non a breve
22 Marzo 2010
Silvio Scaglia, classe 1958, è ancora a Roma, rinchiuso in una cella di Regina Coeli, dopo essersi consegnato spontaneamente il 26 febbraio scorso. La richiesta di scarcerazione è stata respinta dal Gip il 9 marzo e dal Tribunale del riesame appena 5 giorni fa, il 17 marzo.
Raggiunto dall’ordine di custodia cautelare quando si trovava all’estero, il fondatore di Fastweb – detenuto per associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale nell’ambito dell’inchiesta romana sul presunto maxiriciclaggio di due miliardi di euro – è stato equiparato al peggior malfattore e al più furbo ladro con cui la storia recente italiana avesse avuto a che fare.
Su Scaglia è piombato un mandato di cattura che nel giro di due giorni lo ha portato da Roma da Londra. Un fatto bizzarro (almeno quanto il commissariamento della stessa Fastweb) , che riporta alla mente le gesta del ladro-gentiluomo Arsenio Lupin. Ma qui, alla penna di Maurice Leblanc s’è sostituita quella dei Pm che con grande maestria hanno regalato all’opinione pubblica l’immagine di aver sbrogliato una rete dove le società telefoniche, i pirati (quelli veri) delle società satellite, un delinquente di nome Mokbel con la cosca Arena a lui collegata e un (fino ad allora) semi-sconosciuto senatore di nome Di Girolamo fossero tutti protagonisti di una colossale truffa ai danni dello Stato. Tutti allo stesso modo, tutti ladri, tutti da sbattere sulle prime pagine dei giornali prima e in cella poi. Insomma, tutti da punire. Nonostante i fatti contestati fossero diversi e le responsabilità anche. Ma in attesa che si faccia luce sulla questione – questo il ragionamento – è meglio tenere Silvio Scaglia in carcere e continuare a sventolare la bandiera del commissariamento per Fastweb.
Così, oggi, i vertici dell’azienda così come il futuro del principale operatore alternativo nelle telecomunicazioni a banda larga su rete fissa in Italia (oggi anche su rete mobile grazie all’ accordo con H3G) si trovano rinchiusi nella "camera delle torture". E non è escluso che quando ne usciranno, si troveranno con le ossa rotte. Soprattutto Fastweb, che nella prigione del commissariamento non s’è ancora capito cosa ci faccia. Una misura che ha stupito un po’ tutti, considerato che mai una società quotata in Borsa e controllata da un socio estero (gli svizzeri detengono l’82% del pacchetto) è andata incontro a un’ipotesi così dannosa. Dannosa per la stabilità economica futura dell’azienda e drammatica per i suoi dipendenti, 3.500 persone che lavorano per 1,6 milioni di clienti. La nuova udienza per decidere sull’eventuale commissariamento (suo e di Telecom Italia Sparkle) si svolgerà il 7 aprile e servirà ad esaminare di nuovo la richiesta di commissariamento avanzata dal procuratore aggiunto, Giancarlo Capaldo, e dai pm Francesca Passaniti e Giovanni Bombardieri, e le proposte alternative delle difese delle due società.
E Scaglia? A lui è stato riservato il carcere preventivo, che ai tempi di tangentopoli veniva usato per estorcere la confessione al detenuto. Le incongruenze, in questo caso, sono almeno tre. La carcerazione preventiva è ammessa per pericolo di fuga, ma Scaglia si è presentato a Regina Coeli spontaneamente; per reiterazione del reato, ma i fatti che incastrerebbero Scaglia risalgono alla forbice di tempo che va dal 2003 al 2007, fatti per i quali Scaglia venne già interrogato in veste di amministratore delegato e presidente di Fastweb; inquinamento delle prove, ma come detto sono passati più di tre anni dall’apertura del fascicolo e non è chiaro come Scaglia potrebbe inquinare le prove. “Da anni non ricopro in Fastweb incarichi di responsabilità, non so quasi più nulla. Se avessi voluto falsificare le carte non avrei fatto diecimila chilometri per consegnarmi”, ha detto appena dieci giorni fa.
Scaglia in queste ultime settimane ha respinto ogni addebito nel corso degli interrogatori, sostenendo la sua completa estraneità, e quella di Fastweb dal presunto reato di evasione fiscale. Il suo nome, inoltre, non è stato menzionato dall’ex senatore Di Girolamo durante l’interrogatorio reso ai Pm nel corso del quale l’ex parlamentare eletto all’estero ha dichiarato che, per quanto riguarda Fastweb, soltanto i due ex dipendenti, Bruno Zito e Giuseppe Crudele, erano a conoscenza della illiceità delle operazioni sotto indagine. Ma Scaglia resta a Regina Coeli.