Favorire un contesto economico più libero per accompagnare la crescita

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Favorire un contesto economico più libero per accompagnare la crescita

12 Marzo 2010

L’Italia necessita di più concorrenza per accelerare l’uscita dalla crisi, lo dice anche l’OCSE. Obiettivo crescita (Going for Growth) è il rapporto annuale dell’ OCSE che delinea la situazione dei principali paesi industrializzati, paese per paese, nei suoi aspetti sociali ed economici. Due giorni fa è uscita l’edizione del 2010, nella quale sono contenuti anche raccomandazioni di politica economica.

La rilevazione primaria è che la fase critica della crisi appare superata, ma la prospettiva di crescita sembra essere lenta. Dal rapporto si evince anche che non aver ripetuto errori del passato, come le politiche protezionistiche della grande depressione o le politiche vincolistiche nel mercato del lavoro negli anni settanta, ha premiato una ripresa che altrimenti avrebbe tardato ulteriormente.

Il consiglio forse più forte del rapporto è che per riassorbire rapidamente le ferite di questa crisi (circa 3 punti percentuali di potenziale produttivo perduti) è necessario ripartire da misure che, tra l’altro, non incidano sui bilanci pubblici, già fortemente appesantiti. Occorrono quindi riforme strutturali – in particolare, la liberalizzazione dei mercati dei prodotti e del lavoro –, che facilitino la riallocazione delle risorse produttive, necessaria per correggere gli squilibri messi in evidenza dalla crisi: la crescita sarà tanto più rapida, quanto più sarà facilitato alle imprese l’ingresso in nuovi mercati e la creazione di nuovi prodotti e di nuovi posti di lavoro.

La sezione dedicata all’Italia contiene indicazioni alquanto interessanti. Tra gli interventi prioritari per il nostro paese, l’OCSE indica la privatizzazione delle imprese ancora sotto il controllo pubblico, la riduzione degli ostacoli alla concorrenza, soprattutto nelle infrastrutture di rete, e il rafforzamento dei poteri delle autorità di settore e dell’Antitrust. Giustamente, il rapporto individua, come condizione essenziale per la crescita, l’obiettivo congiunto di privatizzazione e liberalizzazione, poiché l’una senza l’altra possono risultare inefficaci, se non addirittura controproducenti.

Recentemente, l’Antitrust italiana ha formulato proposte concrete in relazione alle medesime aree di intervento indicate dall’OCSE. In seguito alle innovazioni legislative  introdotte lo scorso anno, a febbraio l’Autorità ha predisposto la Proposta di riforma concorrenziale (AGCM, Segnalazione S1227), nella quale si segnalano le principali criticità competitive del nostro sistema economico. La speranza è che il Governo ne tenga conto nella redazione della Legge annuale per la concorrenza e il mercato, che nei prossimi mesi dovrà essere presentata in Parlamento.

Tra i settori dove l’intervento di liberalizzazione è più urgente, l’Antitrust ha indicato i servizi postali e il trasporto ferroviario, nei quali permangono previsioni normative lesive della concorrenza a vantaggio del monopolista pubblico (Poste italiane e Ferrovie dello Stato) e in cui le funzioni di regolamentazione e controllo restano in capo allo Stato, che ne è anche azionista. Queste invece dovrebbero essere prontamente conferite a regolatori caratterizzati da indipendenza e competenza tecnica.

Nella stessa segnalazione, l’Antitrust ha sottolineato la necessità di maggiore concorrenza negli affidamenti pubblici. Pur con lodevoli eccezioni, le pubbliche amministrazioni, infatti, tendono a limitare l’utilizzo di procedure di selezione competitiva (gare), preferendo l’affidamento in via diretta di appalti, servizi e concessioni. Il problema è particolarmente rilevante nei servizi pubblici locali, dove, a dispetto dei tentativi di riforma intrapresi da anni dal legislatore nazionale, stentano a realizzarsi le condizioni per un’efficace concorrenza.

La potestà normativa attribuita agli enti territoriali (soprattutto le regioni) in materia di servizi pubblici locali è spesso utilizzata per contrastare l’iniziativa pro-concorrenziale adottata a livello nazionale. Consentire quindi all’Antitrust di impugnare la legittimità costituzionale di norme che violano il principio della libera concorrenza, costituzionalmente tutelato, sarebbe uno strumento efficace per favorire un contesto economico più libero e più favorevole alla crescita.