Fazio e Saviano vincono la serata ma perdono l’occasione di parlare all’Italia
09 Novembre 2010
Negli “eventi” tivù coniati dal progressismo di casa nostra (dei Serra, Dandini, Crozza, Fazio) c’è un senso – perenne – di sovrabbondanza; se mancassero di un pezzo si rivelerebbero quasi perfetti, e ad applaudire il prodotto sarebbero anche mani “non conformi”. Quella goccia in più che fa tracimare il vaso sgorga dal rubinetto dell’antiberlusconismo asfissiante. E ormai stucchevole.
Se capissero, i demiurghi di questi show, che l’impegno non è solo strillo contro la “censura” o predica sulla mafia con rami meneghini, gli spettacoli non avrebbero un tasso “di sinistra” minore, e sarebbero più liberi, ariosi, non così banalmente prevedibili. Potrebbero parlare di mafia, di lavoro, di libri, di teatro con una impronta politica chiara, onestamente partigiana, difendendo la credibilità di quei messaggi con l’ammettere una evidenza che purtroppo è da sottolineare: che il cancro criminale, la crisi e le donnine nei letti presidenziali non li ha inventati il Cavaliere.
Ma il format dell’impegno rose’/violetto (secondo le tinte dell’opposizione truculenta a Berlusconi) ahinoi paga appieno, se è vero che ieri la prima puntata di “Vieni via con me”, il programma-manifesto di Fazio e Saviano, è stato visto da 7 milioni e 600mila italiani, con un fenomeno mediatico ancora vitale come il Grande Fratello fermo a meno di 5 milioni. Numeri che fanno pensare (facciano pensare chi governa il servizio pubblico e i gestori della comunicazione cavalleresca) e permettono al ticket molto politically correct di stabilire il primato di programma più visto su Raitre negli ultimi dieci anni.
Fazio, Saviano, Benigni, Vendola vincono su tutta la linea, ma si scindano i numeri dal contenuto, perché se lo spettacolo merita una qualche attenzione, il buono che è al fondo dell’idea si spreca – un esempio su tutti – con le preci dello scrittore napoletano. Ha talento l’autore di Gomorra, ma le “macchine del fango” (ovviamente azionate dal presidente del Consiglio e dai suoi bravi, a detrimento di chi contraddirebbe) sono retorica spendibile solo con chi è digiuno di storia repubblicana.
Allora Saviano non smetta i panni del bravo denunciatore di metastasi mafiose per indossare quelli del “censurato” di mestiere, ché a fare i Fazio e i Santoro si guadagnano (anche con merito) miliardi, ma l’autorevolezza di un giovane scrittore che sa essere di esempio annegherebbe nell’opposizione qualunquista. Se però decidesse di vestire definitivamente gli abiti dell’”infangato a prescindere”, ce lo dica da adesso e ci risparmi l’afflato messianico per non scadere nella caricatura ingiuriosa: non si dimentichi, infatti, che chi in questo Paese, dal ’46 in avanti, è morto di silenzio proviene da tutt’altra parte.
In conclusione, riflettano – come prima si diceva – i guardiani della comunicazione berlusconiana. La storia del boicottaggio del programma (fatta di dispettucci puerili, che hanno amplificato il “martirio” dei due) ha avuto contorni patetici, disvelando tutta la debolezza della gestione destrorsa di antenne e progetti. Bisogna saperla fare la (sempre orribile) censura, castrando la vittima nel chiuso di un garage, non negandole biglietti aerei, alberghi, paghe legittime, consentendole di denunciare agli infiniti megafoni progressisti quanto sia soffocante il regime del capo. Bisogna saperli fare i dirigenti del servizio pubblico. Bisogna saperli fare gli “eventi” tivù, cacciando dalla naftalina gli “intellettuali” (che non sono roba sovietica), gli autori, le idee che sappiano “di Destra” sapida e non solo di promozione per primato di inchini.
ps. Se Fini o qualcuno dei suoi sodali osa raccontarci che hanno levato le tende proprio per queste ragioni, vadano a tingersi la faccia di vergogna in posti lontani da questi.