Federalismo al via, ma continua il pressing sulla Manovra

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Federalismo al via, ma continua il pressing sulla Manovra

30 Giugno 2010

Chi chiedeva chiarimenti sul federalismo è stato accontentato ieri. La riforma non costa, né divide. A mettere i puntini sulle "i" è stato ieri il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che ha presentato la relazione tecnica con le simulazioni sull’impatto della riforma. All’accelerazione sul federalismo non corrisponde però quella sulla manovra 2010-2011. Su quel fronte la situazione rimane infatti stazionaria. Giulio Tremonti ha alle calcagna i magistrati (che hanno confermato lo sciopero di domani nonostante l’intenzione del Governo di presentare un emendamento) e soprattutto le Regioni, “capitanate” da quello che è stato ribattezzato come il padre spirituale della rivolta, il pidiellino Governatore della Lombardia, Roberto Formigoni. Ma tira dritto, nonostante i maldipancia all’interno della maggioranza e dalle parti dell’elettorato di riferimento come le Partite Iva.

Tremonti non è uno che si fa intimidire, e men che meno scende facilmente a compromessi. A maggior ragione in un momento di necessario rigore. Il ministro – secondo quanto riferiscono alcuni partecipanti a un incontro con i senatori Pdl – avrebbe parlato di “manovra dal volto umano” spiegando che non si è fatta “macelleria sociale: se altri hanno licenziato noi abbiamo solo bloccato gli scatti”. Di certo, la linea dell’austerità fin qui seguita ha dato i suoi frutti e riscosso il plauso di diversi organismi internazionali. Ultimo il commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, che ha chiarito come le decisioni prese dal governo italiano “vanno nella giusta direzione, con uno sforzo significativo di consolidamento del bilancio per il periodo 2011-2013” ma “l’Italia deve ridurre il suo deficit e stabilizzare il suo debito pubblico, e se lo farà non ci sarà bisogno di attivare nuove procedure”. Il riferimento è alle nuove regole del Patto Ue – la cui proposta di riforma è stata presentata oggi dalla Commissione Ue – che prevedono di attivare procedure di infrazione anche per i Paesi in debito eccessivo, vale a dire sopra il 60%. Detto questo però, “visti gli impegni presi per i prossimi anni è un’esagerazione considerare l’Italia un Paese a rischio”. Certo, le riforme strutturali devono restare al primo posto nell’agenda del Governo perché  fondamentali per la crescita. Riforme che per il commissario Ue dovrebbero riguardare soprattutto l’istruzione, la ricerca, l’innovazione, il mercato del lavoro.

Ma le polemiche, sul fronte nostrano, restano. Regioni, Province, Comuni e Comunità montane, tutte unite, chiedono infatti subito un incontro al presidente del Consiglio con l’biettivo di giungere “ad una definizione condivisa di misure riguardanti le autonomie territoriali da inserire in sede di conversione” del decreto legge. La manovra, dicono i responsabili degli enti locali, è insostenibile per l’ampiezza dei tagli che vengono realizzati sulle diverse realtà territoriali.

Alle Regioni in particolare non piace l’emendamento del relatore Antonio Azzollini, che affida la rimodulazione dei tagli (confermati nell’entità) agli stessi governatori. Anche se da cinque presidenti di Regione pidiellini  – Renata Polverini (Lazio), Stefano Caldoro (Campania), Giuseppe Scopelliti (Calabria), Gianni Chiodi (Abruzzo), e Michele Iorio (Molise) – arriva in serata un invito ad andare avanti con la linea propositiva, con il leader della Lega, Umberto Bossi, che sostiene come tra il ministro dell’Economia e le Regioni sia “scoppiata la pace”. Messaggio prontamente rispedito al mittente dal presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani che qualche minuto dopo ha chiarito: "La pace vera tra Regioni e Tremonti arriverà nel momento in cui il governo si renderà disponibile a rivedere i tagli".

Intanto, i magistrati, nonostante l’annuncio del ministro dell’Economia su un nuovo emendamento che li riguarda, domani comunque sciopereranno. I sindacati di polizia, dal canto loro, saranno in piazza e il Pd annuncia iniziative pubbliche per il 16-17 luglio. Proteste anche dalle associazioni di invalidi, sindacati (non tutti) e opposizione. E mentre in Senato si profilano altre novità, un allarme arriva dalla Corte dei Conti sulla norma della manovra che riguarda le società a partecipazione pubblica (la norma della manovra che vieta ai Comuni piccoli e medi di costituire società e che impone la dismissione di eventuali partecipazioni entro la fine dell’anno, secondo la Corte “è dirompente” e può provocare “un rischio di svendita”). Nonostante la mediazione di ieri caldeggiata anche da Umberto Bossi, la partita sulla manovra (che dovrà essere licenziata al massimo entro la mattina del 29 luglio) sembra ancora aperta.

Ieri però è stata la giornata del federalismo. Il Cdm ha infatti approvato la relazione del ministro dell’Economia sul federalismo fiscale. "L’evoluzione del sistema di finanza pubblica italiana si presenta come un albero storto", ha spiegato il titolare del dicastero di via XX Settembre citando "due passaggi fondamentali: la quasi totale centralizzazione della finanza pubblica, fatta al principio degli anni Settanta e il decentramento-federalismo introdotto tra il 1997 e il 2001". Poi ha assicurato: "La prima casa resterà esenta da ogni imposta". Il commento a caldo di Umberto Bossi, definito da Tremonti “il ministro del federalismo”, quasi a voler sgombrare il campo dagli equivoci seguiti alla nomina di Aldo Brancher, è all’insegna dell’ottimismo e della soddisfazione. Bossi, che da sempre rivendica la promessa federalist, non perde occasione per definire l’ok del Cdm un “passo importante", spiegando che dopo il federalismo demaniale il prossimo passo sarà il "federalismo municipale".

Secondo quanto riportato nella relazione, non è il federalismo fiscale a costare ma, al contrario, costerebbe non farlo: "Un errore piuttosto diffuso consiste nell’assumere che il federalismo fiscale abbia un costo – ha spiegato Tremonti – in realtà è l’opposto. Il costo ci sarebbe infatti non riformando con il federalismo fiscale, ma all’opposto conservando l’assetto attuale". "Il federalismo non può costare più di quello che il sistema già costa – ha puntualizzato il ministro – un maggior costo ci sarebbe se non fossero indirizzate, drenate e contenute le attuali dinamiche e determinanti di spesa". Secondo Tremonti, infatti, il sistema dei costi standard non penalizzerà nessuno: "E’ fondamentale passare dal sistema dei costi storici che premiano l’inefficienza a un sistema di costi standard". "Pensiamo che il sistema dei costi standard debba esere costruito in base a pratiche migliori – ha aggiunto Tremonti – la follia è che hai regioni dove il servizio ai cittadini è più basso e il deficit è più alto, la sanità va sempre peggio ma costa sempre di più".

E quasi a rispondere al pressing dell’opposizione e dell’ala politica vicina al presidente della Camera Gianfranco Fini, Tremonti ha spiegato:  "Noi non diamo numeri per ora, diamo un percorso e un metodo, diciamo come arrivare ai costi standard. I numeri verranno fuori da un metodo, tra luglio e settembre". Il governo è comunque orientato a concentrare i tributi pagati dai cittadini in una sola tassa, ma a decidere saranno i Comuni.