Ferrara riparte dalla Rivoluzione del ’94 e conquista Milano
13 Febbraio 2011
di Luca Negri
La città di Milano “è stata riconsacrata al vero liberalismo” in risposta alla “pantomima delle due Italie” messo in scena una settimana prima al PalaSharp dall’associazione “Libertà e Giustizia”. La manifestazione del 12 febbraio organizzata da Giuliano Ferrara al teatro Dal Verme è stata un vero successo: sala piena, nemmeno un posto a sedere libero e moltissime persone in piedi. In più di duemila hanno risposto all’appello, anzi di più dato che quasi il doppio sono quelli rimasti fuori che hanno potuto seguire gli interventi grazie ad un provvidenziale impianto audio. Fra il pubblico molti sostenitori ed elettori del Pdl ma anche persone semplicemente preoccupate per la piega che sta prendendo la lotta politica in Italia, per l’uso strumentale della morale e la messa in crisi dello stato di diritto.
Nelle prime file del teatro diversi nomi noti: il governatore della Lombardia Roberto Formigoni, il senatore Enzo Ghigo, i giornalisti Renato Farina e Luigi Amicone, l’onorevole Daniela Santanché, il Ministro della Difesa Ignazio La Russa. Sul palco, l’editorialista del “Corriere della Sera” Piero Ostellino, il direttore de “il Giornale” Alessando Sallusti, la cantante e parlamentare europea Iva Zanicchi, la storica della Chiesa Assuntina Morresi e due fra i più grandi scrittori e giornalisti italiani: Pietrangelo Buttafuoco e Camillo Langone. Alle loro spalle un reticolato di mutande di vari modelli e colori. Il nome scelto per l’iniziativa era infatti “In mutande, ma vivi”. Come a dire: la vera o presunta vita sessuale del Presidente del Consiglio ci ha costretto a mostrare pubblicamente le nostre vergogne, però il popolo di centrodestra è pronto a reagire contro il “golpe morale” degli avversari politici.
Tanto per cominciare, lo schermo trasmette il video del tredicenne ben istruito per fare l’antiberlusconiano sul palco del PalaSharp. Secondo Ferrara si è trattato di “puritanesimo pedofobico”, di mossa immorale da parte di coloro che per puro interesse (ovvero eliminare dalla scena politica Berlusconi) straparlano di virtù. In questo paese l’odio politico viene instillato fin dalla più tenera età, “anche nella scuola pubblica”.
Poi il direttore de “Il Foglio” prende in mano un libro, una raccolta di scritti politici di Immanuel Kant comprata la sera prima. Edizione Utet, a cura di Norberto Bobbio. Ovviamente vuole rispondere al professor Eco che, a differenza del Cavaliere, se fa tardi la notte è per leggere il filosofo della “Critica della ragion pratica” (così ha detto al PalaSharp). Ebbene, secondo Ferrara: “Eco lo legge senza capirlo”. “Forse ha letto Eva Kant”, la bionda eroina del fumetto “Diabolik”. Ferrara declama qualche riga di Kant, quelle che contengono il celebre concetto del legno storto dell’umanità. Da tale legno storto non può uscire nulla di diritto. È un concetto che dovrebbe servire da antidoto per ogni pretesa giacobina, utopica e totalitaria di migliorare l’essere umano attraverso la politica e lo Stato etico. Insomma, un antidoto all’azionismo liberalsocialsita rivendicato da Ezio Mauro, Eugenio Scalfari e dal loro quotidiano “la Repubblica”.
Ostellino dà inizio al suo intervento dicendo che questi giorni gli hanno fatto tornare in mente la reazione del napoletano Vincenzo Cuoco di fronte alla costituzione giacobina del 1799. Dopo averne letto l’articolo che sanciva la privazione della cittadinanza e 3 anni di carcere ai “voluttuosi”, Cuoco sbottò: “Cose ‘e pazzi!”. Ora, secondo Ostellino, siamo nella stessa situazione: cose da pazzi quelle lette su “la Repubblica” e su “Il Fatto”: cosa da pazzi calpestare i diritti individuali pubblicando intercettazioni di persone neanche coinvolte in reati al solo scopo di danneggiare il presidente del Consiglio. Cosa da pazzi dividere l’Italia in virtuosi antiberlusconiani da una parte ed ignoranti o schiavizzati sostenitori del Cavaliere dall’altra. È cosa liberale descrivere ed accettare la realtà così com’è e non come si vorrebbe che fosse.
Le femministe che accusano Berlusconi di sfruttare la donna parlano appunto “della donna al singolare”, un’astrazione che non esiste. Esistono diversi tipi di donna: la soubrette Sara Tommasi è una donna differente dalla filosofa Roberta De Ponticelli, ma non per questo merita di essere messa sotto i riflettori come prostituta, né di doversi vedere la casa perquisita nonostante non sia nemmeno iscritta nel registro degli indagati. Ostellino chiarisce di non aver mai votato Berlusconi (di aver anzi optato per il non voto da almeno trent’anni), né di volerlo difendere d’ufficio: “Se ha commesso reati è giusto che sia condannato. Ma dopo un dibattito processuale ed una sentenza, che non è una verità assoluta ma processuale”. Sentenza che non dovrebbe essere emessa da giornali e programmi televisivi, tra l’altro.
Infatti alcuni media stanno dipingendo il paese come lacerato fra buoni e cattivi ed hanno trasformato una parte degli italiani nel cane di Pavlov. Le bestia cominciava a salivare al suono del campanello che annunciava il pasto, e c’è chi schiuma rabbia al solo sentir parlare del fondatore di Forza Italia. Come è noto, fra gli schiumanti rabbia ci sono molte pretese neofemministe, quelle che scendono in piazza per difendere la dignità femminile umiliata dalle veline.
È contro di loro che esordisce Assuntina Morresi: “Non voglio prendere lezioni da chi per cinquant’anni ha solo sparato contro la Chiesa e non ha mai voluto confrontarsi con le donne cattoliche. Ora cercano il dialogo nel nome della morale, “ma prima si studino l’enciclica Mulieris dignitatem di Giovanni Paolo II”. A chi accusa i cattolici di ipocrisia perché hanno partecipato al Family Day e oggi non stigmatizzano i festini di Arcore, la Morresi risponde: “Quando voto non scelgo un padre spirituale, ma uno che porti avanti le politiche che mi interessano”.
È il turno di Alessandro Sallusti, accolto da una vera ovazione. Esordisce con un pizzico di amarezza: “Sono curioso di vedere come Ferrara ci toglierà da questo casino”. Confessa che alcuni amici gli rimproverano di difendere l’indifendibile. E lui ha risposto di difendere dei principi e dei valori rappresentati dal centrodestra. In questo senso, i liberali non devono cadere nel tranello di Mauro, Travaglio e Santoro: non devono vergognarsi di aver votato Pdl.
Iva Zanicchi è funambolica. Ammette che dei suoi collaboratori le avevano preparato un discorso politico “moto bello e intellettuale”. Ma preferisce andare a braccio. Racconta di un Berlusconi gentiluomo “con un gran cuore”. Proprio perché di nascita emiliana, rivendica una antica e motivata fede anticomunista. Vero che ha fatto concerti in almeno cinquecento feste dall’Unità, ma solo allo scopo di guadagnare abbastanza per costruirsi una bella villa in Brianza accanto a quella del Cavaliere. Anche lei parla alle donne che si ritengono sue avversarie; chiede loro di manifestare per cause più nobili come quella della sottomissione femminile nel mondo islamico. Dal pubblico qualcuno le chiede un parere sulla collega Milva, che ha definito “idioti” tutti quelli che ancora votano per Berlusconi: “Una grande artista, ma rincoglionita”.
Camillo Langone, in piedi, stringe in mano una bibbia: “Appartengo ad una nota associazione erotofila: la Chiesa di Roma”. Cita anche la prima enciclica di Benedetto XVI, “Deus caritas est”: l’amore fisico è una via d’accesso all’amore divino. Parla del Re Salomone che aveva 700 mogli e 300 concubine ma fu tanto pio da edificare il Tempio di Gerusalemme. Chiude il suo intervento leggendo la genealogia di Gesù tratta dal vangelo di Matteo. “Come cristiano non voglio sentire accuse di tipo sessuale, dato che Dio ha deciso di far sbocciare Cristo da un albero genealogico pieno di puttane, puttanieri, ladri e omicidi”.
È in atto “una tragicommedia” secondo Pietrangelo Buttafuoco. Lui rifiuta la definizione di liberale ma ha deciso di essere presente “per rivendicare l’istinto che sta dalla parte della libertà”. All’etica sbandierata dagli azionisti preferisce l’estetica; preferisce urlare “una stupenda bestemmia” in faccia a chi vuole “mubarakizzare” Berlusconi.
Per la chiusura, la parola torna a Ferrara: ripercorre gli anni di Tangentopoli e l’inizio della guerra giudiziaria e mediatica (la “logica ritorsiva di De Benedetti”) contro il Cavaliere. Ora questi “poteri frammentati ma uniti nel distruggere” vorrebbero far credere che gli italiani, rincretiniti dalla televisione, non sarebbero più degni di esercitate la sovranità popolare e dunque serve un’iniziativa “extraparlamentare” per battere il centrodestra. Metodi da Germania stalinista, da inquisizione spagnola (“non quella romana, che fu una lezione di diritto per quei tempi”). Si aggrappano ad un errore enorme, ad una debolezza (la telefonata per liberare Ruby) per inventarsi il reato di concussione e sfruttamento della prostituzione e dare vita ad una crociata puritana.
Che fare per reagire? Berlusconi non deve ricorrere a soluzioni censorie, “non deve fare favori agli avversari riducendo i suoi giorni a quelli di un imputato”. Deve fare il Presidente del Consiglio, fare politica. È un uomo ricco: “usi le sue televisioni in modo creativo”, finanzi nuovi giornali per far crescere giovani giornalisti e la battaglia delle idee. “Vogliamo il Berlusconi libertario del 1994”, torni in televisione a duellare con gli avversari. “Basta con queste cose ingessate, Berlusconi non è Breznev”, chiude l’orgogliosa voce di Ferrara sovrastata dagli applausi.