Ferrara: un vero rivoluzionario per rivoluzionare l’Unità
13 Dicembre 2007
Alle solite, Giuliano provoca e argomenta. La questione si chiama “Unità”. Tema: il presumibile cambio della guarda ai vertici del giornale fondato da Antonio Gramsci, che dovrebbe seguire l’acquisizione del medesimo dalla famiglia Angelucci, già editore di “Libero” e de “Il Riformista”.
Ferrara spiega la sua autocandidatura con argomenti logici, fin troppo logici. Ad esempio, ammette che di non avere ancora votato democratico, e tuttavia aggiunge “come tutti sanno il Foglio è stato il primo e più deciso assertore della necessità di promuovere quel partito all’americana”, incluse “le vere primarie per la scelta del leader”.
Il quotidiano, all’origine di due pagine, si è distinto per aver “celebrato” fra “i primi” “il loft e la bella politica, i circoli al posto delle tessere e i congressi, se proprio ce ne fosse bisogno, simili a convention”. Ha inoltre rivendicato il titolo di precursore “rispetto alla rivoluzione del predellino”, della svolta “verso un bipartitismo modello Caw (Cav+W.)”. Altri titoli di accredito presso i nuovi azionisti la simpatia condivisa con il sindaco di Roma per Veronica B. “alla cui collaborazione”, precisa il direttore del Foglio, “il nuovo leader, da tutti rispettato e amato, notoriamente aspira…”.
Eccetera, eccetera. Perfetto. Gran pezzo di bravura, con tanto di argomenti inoppugnabili. Quanto a trovate, Giuliano quando si impegna, e quindi si diverte, non è secondo a nessuno. Ha fantasia, estro, intelligenza. Eppoi il quotidiano già del piccì soffre ormai da tempo immemorabile di un numero enne di punti di crisi. Pensate che frisson l’arrivo di Ferrara. Da un gazzetta stracarica di piombo, a un agile, colorato e nervoso giornale di idee e di battaglia.
Rispetto al contenuto, Giuliano sarebbe poi una garanzia, una testata in linea (altro che ricreazioni alla Colombo o sbandate alla Travaglio), iperpolitica, una spina nel cuore di lassisti e faniggotoni. I vertici del Pd ne sarebbero entusiasti. Finalmente il giornale stimolo, che li affianca e, all’occorrenza, li corregge. Capace di fare da battistrada, laboratorio e così via. Un babbà, un fidanzamento da re, e perdipiù senza fichi secchi.
Allora? Perché non mettere fra parentesi la provocazione e cavalcare invece l’idea, richiamando, con tutti gli onori del caso, con devota riconoscenza e quindi in pompa magna, all’ “Unità” l’ex figlio prodigo di maggior spolvero in circolazione e di più certa verve?
Pensateci su, cari vertici dell’ex Botteghe Oscure. E ci congetturi anche lei, egregio neo editore: l’ “Unità alla Ferrara” darebbe superbi godimenti ad entrambi e, comunque, soddisfazioni a strafottere.
Forse, la borsa ne soffrirebbe un po’, ma quest’ultimo è un rischio che si può correre ed è, in una certa misura, calcolabile. D’altronde, si sa, ogni rivoluzione, recitava il competentissimo presidente Mao, non è esattamente un pranzo di gala. E Ferrara – va da sé – è un uomo d’onore e buon gustaio, oltreché un rivoluzionario coi fiocchi.