Festeggiate pure Macron, ma lo shock è profondo
24 Aprile 2017
Festeggiate pure Macron, ma lo shock è profondo. “It is too soon to write the obituary both of European liberaldemocracy and of the Eu. At the same time, the first round results a profound shock of the political system established in France by Charles de Gaulle in 1958” così Tony Barber sul Financial Times spiega come il primo turno delle presidenziali francesi dia un po’ di respiro alle forze liberaldemocratiche europee e all’Unione stessa. Ma lo shock per il “sistema” è assai forte. E’ comprensibile (e in parte ragionevole) una certa soddisfazione del fronte ultraeuropeista: Emmanuelle Macron ha sorpassato Marine Le Pen, l’alta partecipazione (se fossimo intellettuali radicali francesi diremmo che l’Isis ha fatto votare Macron) ha aiutato il risultato, i sondaggi (dunque anche le previsioni per il secondo turno) sono apparsi accurati, è il terzo voto dopo Austria e Olanda che boccia i cosiddetti populisti. Qui finiscono le notizie positive come spiega lo stesso quotidiano londinese: il voto dimostra (Le Pen più Melanchon e altri) una maggioranza anti Unione, è orientato a destra (Le Pen più Fillon e altri), è sostanzialmente antisistema (Macron più gollisti e socialisti non arrivano al 51 %). La logica presidenzialista di unificare la nazione sotto l’Eliseo non funzionerà, si darà vita probabilmente dopo il voto legislativo a fragili esecutivi di coalizione o comunque di coabitazione. Non è esattamente quel che si chiama un solido sostegno a una politica di scelte chiare e decise che ridisegnino l’Unione europea. L’idea che la politica non serva più, che la sovranità popolare sia un impaccio, che destra e sinistra non siano più le forme necessarie per far aderire la società alle istituzioni, che bastino tecnici e banchieri per governare stanno producendo mostri la cui messa in movimento il voto per Marcon può rallentare (il che forse è un bene) ma non evita.
Una politica graziosamente octroyée agli italiani. “La repressione da sola non può bastare” dice Raffaele Cantone al Corriere della Sera del 16 aprile. Così si definisce una politica graziosamente octroyée agli italiani. Ps. Non so se sia giusto limitare i poteri d’intervento discrezionali dell’autorità anticorruzione, e mi pare che in ogni caso sarebbe opportuno farlo dopo una discussione articolata e argomentata. Comunque la reazione (a un pasticciato provvedimento approvato nel consiglio dei ministri) da parte di Cantone (come riportata dalla Repubblica del 21 aprile: “E’ il segnale che c’è chi nei palazzi qui intorno, sta seriamente pensando di ridimensionare l’Anac”) conferma l’immagine di una persona che presentandosi come servitore dello Stato, in realtà vuole ben ben comandarlo a suo piacimento, soprattutto senza farsi condizionare da quella schifezza che sarebbe la politica (“i palazzi qui intorno”).
La forte fibra decisionista di Carlo Smuraglia. “Abbiamo fatto ogni sforzo per trovare una soluzione” dice alla Repubblica del 20 aprile Carlo Smuraglia riferendosi alla rottura di un’Anpi della Capitale filo palestinese, con la comunità ebraica romana sulla sfilata del 25 aprile. Chissà perché considerando la forte presa di posizione smuragliana viene in mente il Vangelo secondo Matteo: “Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: ‘Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!’”.
Non sono mica trumpiani. “Mr Ahmadinejad is not the first former president to be banned from seeking the office again” sul New York Times del 21 aprile Thomas Erdbrink spiega come ad Ahmadinejad, l’ex presidente iraniano, non sarà consentito ripresentarsi dal comitato dominato dagli ayatollah che “autorizza” le candidature. Nel quotidiano liberal americano (un po’ come quando i commentatori inglesi lodano la Cina rispetto alla Russia) c’è una traccia di benevolenza per queste pratiche. Ah! Se a Manhattan potesse funzionare un comitato di giornalisti liberal che impedisse candidature come quelle di Trump!