Fiat-Opel, la stampa italiana canta vittoria, quella tedesca no

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Fiat-Opel, la stampa italiana canta vittoria, quella tedesca no

Fiat-Opel, la stampa italiana canta vittoria, quella tedesca no

05 Maggio 2009

E’ stato davvero curioso, ieri pomeriggio, osservare i titoli entusiastici che rimbalzavano sulle versioni online dei principali quotidiani del Belpaese: “Missione Fiat. Ora Berlino apre” (Corriere della Sera) e ancora: “Berlino: Fiat ha piano interessante” (La Repubblica). Curioso e bizzarro, aggiungerei. Se infatti si avesse avuto cura di dare anche una sbirciatina ai siti tedeschi, giusto così per tastare un po’ il polso della controparte, il quadro che ne sarebbe emerso avrebbe avuto tutt’altra tonalità: “Fiat vuole solo tre stabilimenti” (ZDF) oppure “Fiat garantisce solo per tre stabilimenti Opel” (Die Welt) e infine un ancor meno doroteo: “Fiat non dà garanzia per lo stabilimento di Kaiserslautern” (Der Tagesspiegel).

Se vogliamo restare ai fatti, allora, e non perderci in vani autocompiacimenti, i segnali che provengono da Berlino dopo la giornata di ieri sono né più né meno quelli già manifestati nel corso delle passate settimane. Il Ministro dell’Economia Karl Theodor Zu Guttenberg (CSU) – è dalle sue parole che è stato estrapolato il famoso “interesse” del Governo tedesco – si era mostrato sin dalla scorsa settimana il più ben disposto, o forse è meglio dire il più neutrale, nei confronti della società torinese. L’uso di quell’aggettivo “interessante” lascia il tempo che trova, tanto più se ad esso si aggiungono altri commenti assai meno rassicuranti. I dubbi dell’esecutivo di grande coalizione ed in particolar modo dell’SPD si appuntano in primo luogo sulle garanzie-ponte da 5-7 miliardi richieste da Marchionne non solo alla Germania, ma ai gabinetti europei nei quali Opel ha i propri stabilimenti (Belgio, Spagna, Gran Bretagna, Polonia).

Per quanto riguarda il mantenimento dei posti di lavoro, elemento che più di tutti sta a cuore ai potenti sindacati teutonici, il Lingotto deve ancora fornire risposte chiare; benché Marchionne abbia minimizzato la questione, sostenendo che Eisenach, Bochum e Rüsselsheim continueranno a produrre, non è noto che ne sarà del quarto impianto, quello di Kaiserslautern che, stando a quanto emerso inizialmente, avrebbe dovuto essere dismesso. Poche ore dopo la smentita dello stesso Marchionne: "Nessuno stabilimento sarà chiuso", ha rassicurato l’amministratore delegato di Fiat in un colloquio con il tabloid nazionalpopolare Bild, che ha aggiunto: "Però dovremo ridurre il personale. Questo non può evitarlo nessuno".

Sia come sia, la questione centrale però resta ed è: come pensa Fiat di risolvere i problemi legati ad una partnership con un gruppo automobilistico concorrente, dal mercato quasi del tutto sovrapponibile? Le perplessità, tra esperti e non, sono e restano forti, anche perché il Lingotto avrebbe sinora offerto appena 1 miliardo dei 3,3 di cui si afferma abbia bisogno la controllata di GM. I lavoratori intanto hanno già scavato una trincea: “Se queste sono le condizioni, saremo costretti a difenderci da Fiat”,  urla  il presidente del consiglio di fabbrica dello stabilimento a rischio chiusura. L’SPD nel frattempo si schiera compatta con i lavoratori e sguinzaglia l’ex Cancelliere Gerhard Schröder, ormai grande lobbista, a trattare con gli austro-canadesi di Magna, impresa di componentistica, con la quale Opel già collabora e che avrebbe ora intenzione di rilevarne una quota insieme con il costruttore russo GAZ e la Sberbank, il principale istituto di credito russo. E’ agevole intuire che Schröder funga quindi da imprescindibile trait d’union. Ciò che però stupisce in questo frangente  è l’estrema accondiscendenza dimostrata dall’SPD verso i tanto vituperati e rampanti investitori stranieri. Non è questo il caso dell’Italia. Ma qui riemergono i vecchi pregiudizi anti-italiani, mai del tutto sopiti.

L’ipotesi che il deal con Magna vada in porto non è quindi ad oggi così remoto. Anzi, forse è la soluzione politicamente più accettabile. Intanto la Cancelliera e la sua CDU paiono essersi eclissati. La partita si gioca ormai tra SPD e sindacati da una parte e Fiat dall’altra. Quasi che Opel fosse già oggi un’impresa pubblica e per trattare un suo acquisto sia d’obbligo passare per la stanza dei bottoni. Sbalordito dalla gazzarra mass-mediatica ed elettorale che si cela dietro le passerelle dei politici sul caso Opel è anche Frank Schäffler, parlamentare dell’FDP al Bundestag e responsabile finanze del partito, il quale, parlando con L’Occidentale, ragiona così: “Finché non circola denaro pubblico, chiunque può fondersi con chi vuole. E’ quando gli Stati decidono di fare politica industriale con i soldi dei contribuenti, perpetuando un contesto di sovraccapacità produttiva, che bisogna dire un chiaro e netto no”. Nei prossimi giorni sapremo chi la spunterà. Di questi tempi non è escluso che sia lo Stato.