Finanziaria, per Draghi le tasse crescono e la spesa vola
10 Ottobre 2007
Dopo la sonora bocciatura di ieri da parte del Commissario Ue Joaquin Almunia, su Draghi e Padoa Schioppa è caduta una nuova tegola. Anzi, ne sono cadute due. Prima la Corte dei Conti ha ricordato al Governo che l’extragettito doveva essere destinato alla riduzione di deficit e debito (migliorando così i saldi di finanza pubblica) e non al finanziamento di nuove spese, e poi il Governatore della Banca d’Italia ha espresso a chiare lettere le sue perplessità sulla Manovra, definendo “modesti” i progressi nella riduzione degli squilibri di bilancio.
Così, all’indomani dello scontro tra Governo e Unione Europea, Prodi ha dovuto fare i conti con l’ennesima giornata all’insegna delle critiche. E non ci ha visto più. “Ci lascino governare”, ha detto Prodi in riferimento alle polemiche con la Commissione europea sui conti pubblici. In barba al recente passato, quando sparare a zero sul Governo Berlusconi in nome dell’autorità (e conseguente fondatezza) dei richiami dell’Ue era lo sport più diffuso degli europeisti di allora. “Abbiamo degli obiettivi precisi, l’Europa ce li dà, vogliamo raggiungere un tasso di sviluppo per tornare ad essere tra i Paesi guida della crescita nell’Ue mantenendo un rispetto rigoroso e coerente dei conti pubblici”, ha detto. %3C/p>
Uno sfogo a tutti gli effetti, quello del Presidente del Consiglio, alle prese ormai da tempo con lo scontro perenne tra le diverse anime della sua maggioranza (il più recente riguarda il welfare, il cui Protocollo verrà presentato in Consiglio dei Ministri venerdì) e le critiche sull’impianto-Finanziaria che piovono un po’ da tutte le parti.
Stamani, nel corso dell’audizione sulla Finanziaria davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, Draghi ha detto: “Gli interventi necessari per raggiungere il pareggio sono rinviati al triennio 2009-2011” perché “nel corso del 2007 le entrate inattese sono state in larga parte utilizzate per finanziare aumenti di spesa. Scelte analoghe caratterizzano la manovra di bilancio per il 2008, che accresce il disavanzo rispetto al suo valore tendenziale”.
Una visione della situazione che fa il paio con la fotografia scattata dalla Corte dei Conti, che non ha lesinato a Prodi forti critiche sulla scelta del governo di non destinare con la manovra l’extragettito di settembre alla riduzione del deficit e del debito. Il tesoretto è dunque a rischio, ammonisce il presidente, Tullio Lazzaro, che oltre a evidenziare come nel 2007 potrebbero mancare all’appello 3,6 miliardi rispetto ai 5,9 stimati nella nota di aggiornamento, critica il Governo perché ritiene non sia «chiaro» come sia stato calcolato l’extragettito.
E le tasse? Per Draghi restano troppo alte, anzi, sono destinate a crescere. La pressione fiscale nel 2008 “rimane ancora sull’elevato livello del 2007, quando la pressione fiscale supererà di 2 punti percentuali quella del 2005”, ha detto, evidenziando che il calo dell’indebitamento netto è “lento”. Niente di incisivo è stato fatto sul fronte della spesa pubblica, che rimane un problema cruciale. Occorre quindi “contenere la dinamica della spesa primaria corrente, che negli ultimi anni è cresciuta a un tasso reale annuo del 2-2,5% e spendere meglio, accrescendo l’efficacia e l’efficienza dell’azione pubblica”.
Insomma, per Draghi la strada del rilancio passa per un forte rallentamento della spesa primaria corrente e per la riduzione del carico fiscale su lavoratori e imprese. Senza dimenticare di investire in infrastrutture e capitale umano e di sostenere i cittadini in condizioni disagiate. Del resto, “nel raffronto internazionale l’Italia presenta tassi di povertà elevati”. Parola di Mario Draghi.