Fine vita, l’intervento in Senato di Quagliariello
01 Agosto 2017
Introduzione
Non abbiamo nulla in contrario a una legislazione sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, anche per sottrarre un tema così delicato all’arbitrio dei tribunali. Ma la legge in discussione non può essere condivisa, a partire dalla sua denominazione – disposizioni anticipate di trattamento – che come vedremo è segno di un cambiamento di prospettiva non irrilevante. Per riprendere un’espressione utilizzata più volte dalla presidente dell’Associazione Luca Coscioni, si tratta di una “via italiana all’eutanasia“, che poi in realtà, come abbiamo visto, ormai travalica anche i confini nazionali.
Idratazione e alimentazione
Innanzi tutto, la legge al nostro esame contempla la possibilità di richiedere – e l’obbligo per le strutture sanitarie di eseguire – la sospensione non soltanto delle terapie ma dell’idratazione e dell’alimentazione. Idratazione e alimentazione non sono terapie, sono sostegni vitali, in qualsiasi modo vengano somministrati. La loro somministrazione può essere un atto medico, ma non è una terapia. La terapia per sua stessa natura cura una patologia: io invito i colleghi a indicarmi una sola patologia che viene curata con acqua e cibo. Privando una persona malata di acqua e cibo, la persona non muore a causa della patologia da cui è afflitta: muore di fame e di sete. Chiunque, se privato di acqua e cibo, che siano somministrati attraverso le stoviglie di una cucina o con un sondino, muore di fame e di sete. Anche una persona perfettamente sana.
Vincolatività e obiezione di coscienza
Questa legge apre di fatto al diritto a morire. E prevede che le DAT siano vincolanti: non a caso si chiamano “disposizioni”, mentre il testo sul quale a lungo ci siamo applicati nella scorsa legislatura parlava di “dichiarazioni”. Ma se io introduco un diritto vincolante per chi deve assicurarne l’esercizio, non posso non prevedere il diritto del medico a far valere la propria libertà di coscienza. Si potrà esigere la sospensione delle terapie, che è un legittimo diritto che attiene alla libertà di cura, si potrà esigere addirittura la sospensione di sostegni vitali che come abbiamo visto terapie non sono, ma il medico non potrà opporsi a questa forma di eutanasia passiva. A fronte della libertà del paziente di scegliere non c’è la possibilità per il medico di esercitare una obiezione di coscienza. C’è il diritto a morire ma non c’è il diritto a far valere la propria libertà di coscienza. La mancata previsione per il medico del diritto all’obiezione di coscienza pone un problema enorme di bilanciamento dei diritti: se esiste l’esercizio di un diritto che è vincolante, deve esistere il diritto dell’altro a sottrarsi esercitando la propria libertà di coscienza oltreché la propria libertà professionale. E’ incredibile, peraltro, che ciò che è garantito per gli altri professionisti non sia assicurato ai medici, che hanno a che fare con un ambito delicatissimo che coinvolge direttamente la coscienza.
Ambiguità
Sempre a proposito del rapporto tra medico e paziente, con questa legge sembra di rivedere un film già visto con la legge Cirinnà. Si finge di dire una cosa per dirne in realtà un’altra. Si usano formulazioni volutamente ambigue, scappatoie normative e lessicali per raggiungere un obiettivo che non si ha nemmeno il coraggio di chiamare con il suo nome. E’ successo con le adozioni nella legge Cirinnà: il famigerato comma 20 fingeva di escluderle ma è stato fin troppo facile prevedere che era fatto apposta per incoraggiarne e avallarne l’introduzione per via giurisprudenziale. Se si mettono infatti in fila le norme di questo testo che riguardano l’interazione medico-paziente, è evidente che si fa finta di tenere in considerazione il tema dell’alleanza terapeutica, si fa anche qualche concessione a chi vorrebbe scongiurare esiti illiberali e totalitari, ma in realtà nulla vale a smentire ciò che abbiamo detto fin qui: che la legge afferma un diritto esigibile a morire, anche attraverso pratiche eutanasiche, e l’obbligo per il medico di adempierlo senza possibilità di esercitare obiezione di coscienza.
Difficoltà applicative
In tutto ciò, facciamo notare che per una legge presentata come imprescindibile, fin qui si è fatta valere la clausola di invarianza finanziaria e dunque non è stato previsto l’impegno di un solo euro per garantire attraverso il registro un’applicazione ordinata e uniforme delle norme al nostro esame. Alla prova dei fatti questa legge si rivelerà inapplicabile, il che può anche non dispiacere a me che la considero sbagliata in quanto aperta all’eutanasia, ma dovrebbe forse porre qualche problema a chi ne ha fatto una bandiera.