Fisco, ecco gli esempi da non seguire mai

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Fisco, ecco gli esempi da non seguire mai

31 Marzo 2011

La gente dà buoni consigli se non può più dare cattivo esempio. Bisogna dedurne che Susanna Camusso, leader della Cgil, dia un esempio pessimo, almeno a giudicare dalla qualità dei suoi suggerimenti. 

L’ultima trovata è quella di una patrimoniale ordinaria, pari all’1 per cento del valore dei patrimoni (compresi quelli immobiliari) oltre gli 800 mila euro. Secondo il centro studi del sindacato, in questo modo il Tesoro potrebbe estrarre dal 5 per cento dei contribuenti più facoltosi l’enorme cifra di 17,9 miliardi di euro. L’equivalente di una finanziaria di quelle toste. La proposta solleva una marea di problemi pratici: per esempio é facile immaginare che i patrimoni liquidi fuggirebbero rapidamente all’estero, dove sono meno sgraditi.

Le famiglie che dispongono di consistenti patrimoni immobiliari – per esempio perché hanno ereditato uno o più appartamenti in centro, dai quali però non necessariamente traggono un reddito – potrebbero avere difficoltà a pagare l’imposta. Sarebbe accettabile costringere la gente a indebitarsi o vendere la casa per far fronte al suo dovere fiscale? Da ultimo, ma non meno importante, c’è l’inghippo evidenziato da Sandro Brusco su noiseFromAmerika: in che modo andrebbero valorizzati gli immobili, ai fini fiscali? Se prendessimo i valori catastali ne sottostimeremmo l’entità, pregiudicando così il raggiungimento del gettito atteso. Qualunque altra stima sarebbe necessariamente arbitraria. Come uscirne?   

La risposta é che non esiste una risposta. E, più ancora, non esiste una soluzione accettabile: a prescindere dalle tecnicalità, l’Italia di tutto ha bisogno fuorché di terrorizzare i capitali e disincentivarne la creazione – cioè metterli in fuga o spingerli sotto la coperta del nero. Il problema italiano non è quello di reperire risorse, ma di tagliare le tasse; non è finanziare nuova spesa pubblica,    ma abbattere quella esistente. La questione che resta inespressa nella proposta della Cgil è, insomma,    17,9 miliardi di euro in più, per fare cosa? La spesa pubblica è tutta così necessaria ed efficiente da non poter essere ridotta o riqualificata? La pressione fiscale è così benevola da non dover essere potata?    Prima di azzardare un "sì", bisognerebbe guardare alla crescita economica degli ultimi quindici o vent’anni.

Il nostro sviluppo, anche a causa di un fisco complesso e cattivo, è stato sistematicamente più lento dei nostri partner europei. L’idea che la dilatazione del settore pubblico a scapito di quello privato    potesse creare ricchezza è stata clamorosamente smentita dai fatti. Altro che patrimoniale: qui ci vuole una seria riforma fiscale di segno opposto. Chi sostiene il contrario dimostra non solo una profonda incomprensione della zavorra strutturale che da troppi anni rallenta la crescita del paese: dimostra anche e soprattutto sprezzo del ridicolo.  

(tratto da L’Unione Sarda)