Forse ci siamo. Forse il Maxxi si salverà grazie agli aiuti privati. Forse.
25 Giugno 2012
di Carlo Zasio
Nessuna smentita ha seguito la notizia data dal Corriere della Sera riguardo una variante del progetto originario del Maxxi che, come l’uovo di colombo, potrebbe rivelarsi la soluzione dei problemi che hanno portato al commissariamento dell’unico museo nazionale dedicato all’arte contemporanea.
Quando nel novembre del 2009 vennero inaugurati gli spazi architettonici dell’opera terminata, l’archistar Zaha Hadid insistette molto con l’allora ministro Bondi per realizzare anche il terzo lotto del progetto con l’intera area servizi, il museo di architettura e i parcheggi, ricevendo però un netto rifiuto. Dopo l’impegno profuso per portare a termine un cantiere preventivato per 70 milioni di euro e costato alla fine quasi 140 milioni di euro per la sopravvenuta sopraelevazione del livello di rischio sismico della capitale, con le conseguenti varianti necessarie, né il ministero per i beni culturali né quello delle infrastrutture disponevano più infatti delle risorse, tanto meno della volontà politica, di investire altre decine di milioni per edificare strutture tutto sommato secondarie rispetto all’attività del museo.
Ora, sempre che le indiscrezioni di stampa siano vere, sembra che gli spazi a ciò destinati possano essere valorizzati con un’operazione che non comporterebbe investimenti pubblici e porterebbe anzi le risorse necessarie per il funzionamento del Maxxi. L’area potrebbe infatti ospitare un secondo edificio – sempre progettato da Zaha Hadid – destinato a ospitare la sede italiana del marchio del lusso Lvmh di Bernard Arnault insieme a uno spazio dedicato a un museo della moda caratterizzato dal marchio Fendi. Proprio l’azienda, quest’ultima, che in un primo momento sembrava destinata a entrare nel consiglio di amministrazione del Maxxi. Il terreno demaniale verrebbe ceduto in affitto con un contratto pluridecennale che porterebbe le risorse per rilanciare le attività del museo, mentre le risorse per la realizzazione della nuova variante del progetto sarebbero a carico dei privati interessati.
Se tutto questo, anticipato dall’ex assessore capitolino Umberto Croppi, fosse vero avremmo un modello di partecipazione pubblico privato della miglior specie. La speranza è che non rimanga un sogno del solstizio d’estate, impresso sulle pagine di un giornale e destinato a svaporare sotto il solleone d’agosto.