Forse la NATO ha ucciso il raìs, ma non lo sa
11 Maggio 2011
La confusione regna sotto il cielo di Tripoli. Ieri, a inizio pomeriggio la Nato, per bocca del brigadiere generale Claudio Gabellini, ha dichiarato di “non avere alcuna prova che Gheddafi sia vivo o morto”. Il raìs è però stranamente taciturno da molti giorni e le voci si infittiscono. Poco dopo, sempre le agenzie hanno effettuato un nuovo lancio “Tripoli ancora sotto attacco. Gli aerei Nato hanno bombardato obiettivi in varie zone della capitale libica tra i quali potrebbe esserci anche la residenza-bunker di Gheddafi a Bab al Aziziya”.
Sempre il brigadiere generale Claudio Gibellini ha aggiunto: “Solo nell’ultima settimana abbiamo ingaggiato vari sistemi lanciamissili, oltre a centri di comando e controllo, armamenti antiaerei, bunker militari, depositi di munizioni, carri armati e veicoli blindati”.
Il punto è che la risoluzione Onu prevede solo la “difesa dei civili” e invece la Nato, la mette in pratica con azioni di guerra totale, sostenendo che per difendere i civili, bisogna attaccare e distruggere i militari. Questa strategia dell’”implicito”, questa bizantina estensione del mandato Onu è sbagliata e dannosa perché priva di chiarezza politica.
La riprova è che i ribelli di Bengasi – totalmente incapaci di contrastare le truppe di Gheddafi, come hanno ampiamente dimostrato – sono venuti in Italia e in Europa sostenendo che “è implicito” che i paesi Nato, Italia inclusa, “per difendere i civili” devono fornire loro armamento pesante d’attacco e un domani sicuramente sosterranno che “è implicito” che gli eserciti Nato devono sbarcare con truppe di terra in Libia e sconfiggere sul campo Gheddafi al posto loro. Sempre, naturalmente “per difendere i civili”.
Si tratta, per inciso, degli stessi ribelli di Bengasi che hanno dato ieri notizia della morte durante la fuga del portavoce di Gheddafi Mussa Ibrahim, riprova dello sgretolamento del regime, in perfetta contemporanea con la conferenza stampa dello stesso Ibrahim in un albergo di Tripoli. Come si vede, lo scenario della guerra libica è ormai dominato da una logica da azzeccagarbugli, da interpretazioni leguleie e da strategie non trasparenti. È infatti chiaro che la Nato ha più volte tentato di far fuori Gheddafi – uccidendo peraltro suo figlio Selim al Arabi- e che però lo nega.
Ora, la guerra, è una cosa drammatica e seria. Lo è per i libici e lo è soprattutto per noi, che possiamo accettare di parteciparvi ma che però pretendiamo estrema, totale, assoluta chiarezza di obiettivi, sacrifici, azioni mirate ad uccidere chi e per quale ragione. Senza trucchi, senza infingimenti, senza deduzioni “implicite”. George W. Bush, quando lanciò la guerra in Afghanistan e in Iraq diede indicazioni strategiche chiarissime e parlò chiaramente della volontà di imporre un “regime change” in Afghanistan e in Iraq, tanto che preparò, prima di lanciarla, gli accordi con le forze di opposizione a cui poi affidò il governo dei Paesi (che sono poi state confermati dal libero voto degli afgani e iracheni più volte).
La Nato invece dà indicazioni strategiche le più confuse possibili (e il nuovo governo di Bengasi non lo ha preparato, ma subìto). La confusa guerra contro Gheddafi è all’insegna del poco nobile “tirare il missile e nascondere la mano”; cercare di uccidere Gheddafi e sostenere che si vogliono colpire i computer.
Un gravissimo errore non solo sotto il punto di vista etico – e in guerra l’etica ha un ruolo fondamentale – ma anche sotto quello politico, perché la democrazia impone che le guerre si facciano con piena trasparenza. Non con le contorsioni lessicali.
(Tratto da Libero)