Francesco, il Papa dei poveri “all’estremità del mondo”

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Francesco, il Papa dei poveri “all’estremità del mondo”

14 Marzo 2013

Quando si dice che Francesco Primo sarà il Papa dei poveri è bene intendersi sul significato di questa affermazione. Innanzitutto bisogna dire che l’idea di povertà nella testa della Chiesa in Europa, o negli Stati Uniti, non è la stessa della Chiesa in America Latina. Se dalle nostre parti la Chiesa deve provvedere, e cerca di farlo, a una grande varietà di servizi sociali per le classi più disagiate, ma pur sempre nel contento di una società affluente (negli Usa perlomeno è così), in America Latina ci sono ancora grandi sacche di povertà come le favelas, per sintetizzarla brutalmente.

Se in Nordamerica si potrebbe dire che il mondo cattolico si è lentamente "calvinizzato", in America Latina, invece, dalla fine degli anni Sessanta e negli anni Settanta, molti teologi hanno inseguito il mito della Teologia della Liberazione, un cristianesimo che incrociava il marxismo e leggeva la realtà attraverso una serie di griglie e strutture di taglio esclusivamente economicistico. Una sorta di riduzionismo economico basato sull’equazione "salvezza uguale processo sociale", come scrive oggi il New Republic, che ha finito per escludere l’aspetto misterico della vita umana. Sappiamo che il Papato ha maldigerito la teologia della liberazione che del resto ha visto fallire le proprie speranze e mettere nel cassetto i programmi politici che ne erano derivati.

Il Cardinale Bergoglio non si è mai fatto sedurre dai teologi della liberazione pur scegliendo uno stile di vita sobrio e ispirato alla povertà. La salvezza, per il nuovo Papa, viene da Cristo, non da una riorganizzazione delle strutture sociali. Ciò non toglie che Francesco quand’era cardinale e in continuità con Benedetto abbia criticato in modo tagliente il capitalismo globalizzato, denunciando la "immoralità" delle grandi strutture del potere economico come il Fondo Monetario Internazionale nel trattamento riservato a Paesi come la sua Argentina. La differenza con i teologi della liberazione è che non si propone un palingenetico modello economico alternativo, bensì si sottopone a una critica anche radicale tutto ciò che nei sistemi economici insulta o riduce la dignità dell’uomo.