“Freedom Flotilla”, l’Europa non deve darla vinta alla Turchia

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“Freedom Flotilla”, l’Europa non deve darla vinta alla Turchia

01 Giugno 2010

Se l’Europa avesse coscienza e dignità, la sporca faccenda della Flottiglia della Pace costituirebbe l’occasione di mostrarle entrambe. E la strada per farlo non passa per Gerusalemme. Passa per Ankara. La vigliaccheria della trappola turca non ha davvero bisogno di interminabili disquisizioni. Sulle barche al largo di Gaza, di pacifisti probilmente non ce ne sono. E se qualcuno c’è, si tratta di poche, sciagurate pecore, in un branco di lupi famelici. I giornali si ostinano a parlare di “assalto ai pacifisti”. Ma i pacifisti non odiano. I pacifisti non difendono qualcuno, per desiderare la rovina e la distruzione di qualcun altro. E i pacifisti non attaccano con spranghe  e coltelli per ferire e uccidere – il dubbio se vi fossero armi da fuoco  o no sulla nave è una mera inezia, e non cambia nulla. La verità è che la Flottiglia della pace è una cricca di virulenti antisemiti, di ipocriti sciacalli intenti all’odio. Seminatori di violenza, e di violenza raccoglitori.

Per i pochi frustrati benpensanti che davvero – al di  là delle menzogne e dei pretesti della maggioranza – credono alla storia dell’Israele assassina e terrorista e dei “pacifsti” massacrati, è giunto il momento di crescere, e di aprire gli occhi. Hamas ha definito la strage “un trionfo”. Un trionfo? Oltre dieci persone che si recavano teoricamente a portar loro aiuti sono morte. Altre decine sono rimaste ferrite. Un trionfo? Certo, sveglia Signori! Un trionfo come gli attentati suicidi. Come i massacri sugli autobus, o nelle scuole. Un trionfo per l’ideologia di morte e distruzione di cui Hamas è paladino, e di cui gli sciagurati “pacifisti” della flottiglia si sono fatti strumento e complici. Questo è il rispetto della vita umana di Hamas e dei suoi pacifisti.

Ma anche della Turchia di Erdogan, sponsor e organizzatrice della farsa in alto mare. E qui entra in gioco l’Europa. Non è Israele a dover pagare il prezzo di questo disastro. E’ Ankara. La Turchia ha definitivamente abbandonato il percorso modernizzatore e laico inaugurato da Ataturk, che ha permesso l’avvicinamento all’Europa,  il progresso, la stabilità e la cooperazione con il mondo democratico. Erdogan ha traghettato la Turchia una volta per tutte al di là del Bosforo. La Turchia è piombata nel Medio Oriente, a fianco dell’Iran di Ahmadinejad. I turchi ritornano Ottomani, e aspirano a una fetta di potere in quello che si preannuncia come un trionfo islamista guidato, appunto, da Teheran e da Ankara. Se l’Europa avesse occhi e anima, farebbe pagare un caro prezzo alla Turchia e al suo sporco doppiogioco: la definitiva archiviazione del processo di integrazione nell’Unione.

Non c’è posto, in Europa, per un simile regime. Se Ankara sceglie l’oscurantismo islamista e volta le spalle all’Occidente, deve sapere cosa perde. Molti commentatori continuano a ribadire l’insensata litania dell’irreparabile danno che la “Flottigla della Pace” avrebbe inflitto ai rapporti tra Israele e Turchia. Ma sono Erdogan e la sua leadership ipocrita e malevola ad aver cercato in ogni modo la rottura con Gerusalemme, e non da ieri. Attribuire la rottura alla Guerra di Gaza e a questo episodio infelice equivale a scambiare i pretesti con la realtà. E’ giunto  invece il momento di smettere di corteggiare paesi che non meritano fiducia e amicizia. La Turchia di Erdogan crede di aver ottenuto una grande vittoria, in questi giorni. Ma la vittoria è sua soltanto se gliela concediamo. Mai come adesso la civiltà e la democrazia aspettano dall’Europa una conferma. Purtroppo, anche stavolta non l’avranno.  Ancora una volta, purtroppo, l’atteggiamento europeo – adesso nei confronti del nuovo nazismo islamista – merita le profetiche parole di Churchill: “Potevano scegliere tra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore. E avranno la guerra”.