Fringe Festival, Mastroberardino: “A Milano l’impresa scommette sulla cultura”

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Fringe Festival, Mastroberardino: “A Milano l’impresa scommette sulla cultura”

Fringe Festival, Mastroberardino: “A Milano l’impresa scommette sulla cultura”

29 Ottobre 2022

La convinzione, sposata per lungo tempo dalla politica, secondo la quale la cultura non genera ricchezza, ma anzi è un costo pur necessario, sta cedendo il passo alla visione che finalmente ne riconosce l’importante funzione economica positiva. Nonostante lo Stato stenti a stare al passo con l’idea di mettere a frutto la vasta ricchezza culturale del Paese, anche a causa della ipertrofica burocrazia che si incarna nel sistema dei bandi pubblici, il mondo imprenditoriale sta dimostrando con i fatti quanto la direzione sia quella giusta. ll Milano Off Fringe Festival, recentemente conclusosi, ne è un esempio, come ci racconta Laura Mastroberardino, direttore marketing e comunicazione.

Mastroberardino, com’è andata questa edizione milanese del Fringe Festival?

Milano è una città amante delle sperimentazioni e quest’anno, dopo 3 edizioni dal 2016 e lo stop dovuto alla pandemia, Francesca Vitale e Renato Lombardo hanno riportato il format dei Fringe – festival del teatro indipendente e delle arti performative – nella città meneghina con una edizione notevolmente ampliata nei contenuti e non solo, e i numeri ne hanno segnato il successo, nonostante la kermesse si sia tenuta in concomitanza con la settimana della moda e tantissimi altri eventi. In due settimane, dal 18 al 2 ottobre, sono andati in scena 52 spettacoli per 229 repliche in 15 spazi performativi, in contemporanea con 84 incontri gratuiti tra teatro, musica, danza, focus, workshop, per un totale di oltre 300 eventi diffusi sul territorio, che hanno portato nelle location del festival più di 3000 spettatori.

Numeri di tutto rispetto…

La scelta di dare alle compagnie indipendenti, italiane e non, l’opportunità di unirsi in un unico network internazionale grazie a un gruppo di teatri, media, operatori e partner nazionali e internazionali ha creato una rete produttiva dello spettacolo dal vivo che ha pochi uguali e che si dimostrerà sempre più vincente anche nei confronti del pubblico. Questo Fringe Festival ha avuto il patrocinio e il sostegno del Comune di Milano, aggiudicandosi il bando per le periferie: Milano è viva, il patrocinio della Regione e importanti partner”.

Si può parlare di una relazione reale tra cultura e ricchezza o reddito?

Non solo si può, ma si deve. La cultura è un fattore produttivo di questo Paese a rendimenti crescenti di tipo non addizionale, ma moltiplicativo, seguirne la comunicazione è entusiasmante. Il modello dei Fringe è Edimburgo, dove è nato oltre 70 anni fa e che oggi vanta il primato di festival delle arti più grande al mondo, con 3300 eventi in quasi 30 giorni. Qui da noi, alla quarta edizione, possiamo parlare già di startup di successo e la rete commerciale aderente al Festival si è inserita benissimo in questa manifestazione culturale di alta qualità e di forte impatto sul territorio. La città di Milano è subito diventata hub per le arti performative Off, ossia fuori dai circuiti classici. Una vetrina di primo piano tra le capitali europee della cultura. Per questo posso dire che ha avuto un sicuro impatto anche sulle attività commerciali e sociali.

Il Fringe è stato un Festival della città prima che nella città, con un target di pubblico vario sia per età che per composizione.
La manifestazione ha portato lo stesso prodotto artistico di qualità nei luoghi più differenti, dal centro alla periferia, grazie a strutture tipiche come teatri e atipiche come appartamenti, musei, ristoranti, che per il periodo della manifestazione si sono trasformati in palcoscenici, formando una realtà interconnessa e omogenea con l’obbiettivo di incrementare la qualità di vita dei cittadini. Tra l’altro, sto seguendo in questi giorni, in qualità di direttore della comunicazione, il Catania Off Fringe Festival, dove abbiamo portato questo format per la prima volta e già adesso possiamo parlare di risultati ben sopra le aspettative. Si ama dire squadra che vince non si cambia, in questo caso direi format che vince si replica, adattandolo alle esigenze specifiche dei territori.

Il marketing culturale in Italia ha bisogno di ulteriore sviluppo?

Assolutamente sì. L’Italia ha un grandissimo patrimonio culturale sia materiale che immateriale e va comunicato bene. Negli ultimi anni si è osservato il cambiamento del settore e dei suoi rapporti con il pubblico e si tratta di un processo globale. Assistiamo a un nuovo approccio a livello internazionale con un forte uso dei social media, penso alle community building e all’ audience development, strumenti prioritari delle politiche europee. L’idea poi è sempre quella di trovare progetti, che mettano il pubblico al centro al di là della retorica.

Ma è solo marketing o anche prodotto?

Prodotto prima di tutto. Creare il brand culturale è un percorso strategico e collaborativo su più livelli a cui tutto il team deve contribuire, perché le sole attività di marketing non sono sufficienti. Il vero valore aggiunto è sempre il prodotto, la visione dell’offerta d’insieme, dello staff, degli attori, delle associazioni, delle tecnologie, dell’innovazione e delle infrastrutture. In questo modo si attiva la comunità. In una città come Milano, dispersiva e con un calendario eventi molto affollato, fidelizzare il pubblico è un progetto ambizioso, sicuramente perfettibile e che richiede uno sviluppo pluriannuale.

La sua esperienza professionale, legata al marketing territoriale e alla comunicazione istituzionale, politica, ricordiamo il suo podcast – La politica resta a casa – e di impresa, è stata di aiuto per questo lavoro?

Chiunque faccia marketing territoriale sa che arte e impresa sono un binomio vincente e che la cultura è un collante sociale decisivo e può cambiare la faccia delle città nonché il rapporto tra territorio e cittadini, grazie anche a una collaborazione fruttuosa tra pubblico e privati. Quindi questa esperienza lavorativa si è perfettamente inserita in quelle che sono sempre state le mie attività.