Fukushima insegna: usiamo bene il nucleare ma anche le fonti di energia rinnovabile
22 Marzo 2011
Gli incidenti nucleari di Fukushima, per loro natura, non comportano affatto che il nucleare possa essere accantonato. Anzi, possono servire a migliorarne l’affidabilità. Essi, invero, inducono a due nuovi ordini di considerazioni: la prima riguarda le vecchie centrali, come queste, oramai ampiamente superate dai progressi tecnologici, la seconda riguarda le nuove centrali, in relazione ai problemi di sicurezza che questi eventi hanno posto in luce.
Ciò che è accaduto e che sta accadendo in Giappone induce ad affrettare i tempi di mandata a riposo delle centrali di vecchia generazione giunte a 40 anni di età. Da un lato, essendo antiquate, presentano problemi di sicurezza che le nuove non hanno e comportano un rischio di vite umane a cui si può e si deve ovviare con nuovi investimenti. Non si può confrontare il costo economico di questi nuovi investimenti con quello etico della perdita di vite umane e di salute, che il non sopportarlo può comportare.
Dall’altro lato, occorre ora fare tesoro dell’esperienza tragica di Fukushima, allo scopo di rendere supersicure le centrali di nuova generazione, in relazione ai rischi dovuti a eventi catastrofici di origine naturale. Alcune tematiche implicano non tanto sviluppi tecnologici, quanto modifiche regolamentari. Infatti, risulta che la Tepco, la Tokio Electric Power Company, proprietaria delle mega centrali di Fukushima, ha atteso più di 48 ore prima di effettuare interventi di drastico raffreddamento dei reattori nucleari danneggiati, per il timore che ciò potesse portare alla loro messa fuori uso per sempre. Solo quando ci si è resi conto che le centrali potevano scoppiare, il vertice di Tepco ha iniziato le operazioni di raffreddamento, peraltro comunicando solo parzialmente ciò che stava facendo alle autorità governative. Quando il primo ministro giapponese Kan ha finalmente preso in mano la situazione, inviando a Fukushima i super pompieri di Tokio, la situazione, che stava diventando quasi ingovernabile, ha cominciato a migliorare ed ora è finalmente sotto controllo, grazie anche all’eroismo di questa squadra che, nelle operazioni ravvicinate di riduzione della temperatura e di riavvio della corrente elettrica che consente di far funzionare gli impianti di raffreddamento, rischia la contaminazione nucleare.
Successivamente sono giunti sul posto alcuni robot degli Usa che possono effettuare le operazioni di raffreddamento e di rimessa in funzione degli impianti elettrici delle centrali nucleari, senza l’aiuto di persone che rischiano di essere contaminate. Da ciò si desume che occorre stabilire che, in caso di incidente, la gestione degli impianti nucleari a rischio deve passare immediatamente alle pubbliche autorità che subentrano all’impresa operando per la tutela della comunità, anziché degli interessi aziendali.
Ma c’è un’altra constatazione che emerge da questa esperienza, ossia che occorre prevedere una adeguata dotazione di robot che possono effettuare le operazioni di controllo, manutenzione e ripristino degli impianti nucleari danneggiati e gli interventi di raffreddamento e di messa in sicurezza delle loro parti radioattive più delicate. La modifica delle regolamentazioni può essere fatta nel giro di pochi mesi. Invece la progettazione, produzione e addestramento di robot idonei agli interventi appena indicati può richiedere qualche anno. E ciò comporta uno slittamento nei tempi di attuazione dei programmi nucleari in corso di attuazione. E, in linea generale, mentre l’opzione nucleare non solo rimane valida, ma diventa più sicura, grazie ai perfezionamenti che possono nascere dalla meditazione su ciò che è accaduto e sta accadendo a Fukushima, bisogna prendere atto che i prezzi delle risorse energetiche attualmente prevalenti, ossia quelle degli idrocarburi , dopo questa vicenda, tendenzialmente saliranno. Infatti ci sarà un maggiore pensionamento di vecchie centrali nucleari, uno slittamento temporale della costruzione e messa in servizio di quelle a sicurezza intrinseca delle nuove generazioni e un aumento dei costi degli impianti di sicurezza e probabilmente anche un aumento dei costi connessi alle ubicazioni che tenderanno a essere più remote, con conseguenti costi aggiuntivi di natura logistica.
Da ciò si desume che, ferma restando la necessità e la credibilità dell’opzione nucleare, nell’intermezzo si accentua la convenienza delle energie rinnovabili ecocompatibili e la necessità di una politica economica che le promuova e che, sopratutto, incentivi le tecnologie rivolte ad assicurarne, nel lungo termine, l’economicità. Bisogna, intanto, osservare che l’Italia ha un pesante deficit elettrico – del 12% circa – della sua domanda. Inoltre, la dipendenza da carbone, petrolio e gas è fortissima: il 70%. L’energia idrica dà solo il 13,7% compresi i pompaggi riguardanti l’energia termica che sono lo 1,7% dell’offerta totale e le nuove energie rinnovabili danno solo il 3% al netto dell’energia geotermica.
L’Italia è molto indietro nelle energie alternative a quelle termiche pesanti da petrolio, gas e carbone. E si può anche aggiungere che dipendiamo dal gas, combustibile nobile, perché poco inquinante, per quasi il 50% della nostra elettricità e poco dal carbone, le tecniche di riduzione delle emissioni di C02 sono solo da poco entrate in funzione. Attualmente è già possibile abbattere il 40% delle emissioni di anidride carbonica dalle centrali a carbone e i progressi tecnologici possono portare a un incremento degli abbattimenti.
L’esame del consumo di energia elettrica in Italia fa emergere che più della metà di esso non riguarda utenze industriali, ma utenze civile e terziarie che, generalmente, non sono grandi utenze e che si svolgono, in larga misura (quelle commerciali e quelle della PA e una parte di quelle civili) durante il giorno, sicché si prestano bene allo sviluppo delle produzioni con piccole centrali e con energie rinnovabili operanti in modo diffuso. Le potenzialità per le fonti rinnovabili, soprattutto per l’energia idroelettrica, quella solare, quella delle biomasse e, in futuro, dell’energia delle correnti marittime ad esempio nello stretto di Reggio Calabria. ll maggior potenziale di energia rinnovabile in molte regioni italiane montane diverse da quelle alpine, è quello idroelettrico, che, con i prezzi attuali dell’energia, è diventato economico, anche per gli impianti un tempo marginali, che sono stati abbandonati. Qui è, per altro, importante, che il prezzo di acquisto rifletta criteri di mercato. Nell’ambito delle biomasse si può fare moltissimo operando in almeno quattro direzioni:
a) innanzitutto l’utilizzo degli scarti dei raccolti e dei tralci delle viti;
b) inoltre le polpe esauste degli agrumi e delle altre frutta e verdure che vengono utilizzate per produrre succhi;
c) l’utilizzo del legname delle foreste e del sottobosco con valorizzazione dei forestali;
d) l’utilizzo dei rifiuti mediante termovalorizzatori.
Si tratta di attività produttive complementari al ciclo agricolo, a quello di regime del bosco, a quello della raccolta e smaltimento dei rifiuti, che hanno un valore aggiunto rispetto a queste e sono, anche in questo profilo, virtuose dal punto di vista ambientale.
Per l’energia solare, che in Italia ha ancora uno sviluppo estremamente ridotto, cioè solo 193 GWH nel 2008, vi sono importanti nuove prospettive, poiché esistono attualmente pannelli solari fotovoltaici, che tramite vernici che trattengono il calore, generano un rendimento del 50%-70% superiore a quelli tradizionali. E’ vicina l’epoca in cui il fotovoltaico risulterà competitivo, anche senza alcuna sovvenzione, per l’utilizzo nell’autoconsumo, in almeno tre settori: quello delle serre agricole, quello degli alberghi e pubblici esercizi per destinazioni turistiche, quello delle case e seconde case al mare e in montagna, in luoghi molto soleggiati e anche per gli edifici pubblici.
Il tema delle energie rinnovabili può essere proficuamente collegato a quello collegato alle nuove strategie di sviluppo del Mezzogiorno. Esistono risorse di finanza europea e di finanza del Mezzogiorno che, fra le priorità, hanno quelle energetiche ed ambientali e che non sono adeguatamente utilizzate. Ora vi sarà anche l’opportunità della Banca del Sud. Quali migliori opportunità che quelle di fruirne per le energie rinnovabili, in cui è agevole fare il calcolo costi-redditività per il finanziamento dei progetti e in cui esiste un mercato di sbocco certo?
“Last but not least. La ricerca scientifica e tecnologica: le energie rinnovabili sono un campo di ricerca prioritario, in cui in particolare si possono impegnare le facoltà scientifiche ed economiche con gemellaggi con le imprese italiane del ramo, che hanno bisogno di crescere ed evolversi.