Galantino, i migranti e l’ideologia dei diritti
12 Agosto 2015
Monsignor Galantino, evidentemente compiaciuto della polemica suscitata, oggi rincara la dose. Non solo “piazzisti da quattro soldi” i politici che sono contro l’accoglienza ai migranti, i Salvini e i Grillo, ma anche il governo, che pure in questi mesi è stato fermo su una posizione umanitaria e responsabile pagata a caro prezzo, “è del tutto assente sul tema immigrazione”.
Sul Corriere, a commento delle esternazioni del segretario della Cei, due articoli interessanti. Uno, di Galli della Loggia, che, dopo aver chiesto conto alla Lega delle soluzioni irrealizzabili e semplicistiche proposte, rimarca anche l’assenza, da parte della Chiesa, di un doveroso atto d’accusa nei confronti delle molte colpe dei governi africani e dei paesi attraversati dal fenomeno migratorio. E a conferma di questo vuoto, sempre sul Corriere, basta leggere l’intervista a Mons. Semeraro, che ripropone l’analisi secondo cui le cause dei movimenti migratori vanno ricercate nel “rapporto tra un occidente pingue e l’enorme numero di persone che non riescono a sopravvivere in altri continenti.”
Dall’altra parte c’è un’interssante intervista a Marcello Pera, che legge, nelle frasi di Galantino, il rischio di ridurre il cristianesimo a ideologia dei diritti, riscontrando tracce di una teologia della liberazione che sembrava spazzata via dalla storia e da energici interventi papali, in particolare di Giovanni Paolo II. Non so se nelle parole con cui Galantino liquida i politici ci siano residui di teologia della liberazione; ci sono, però, sicuramente, ombre dense di rischi. Il primo, di non dare a Cesare quel che è di Cesare: l’intervento del segretario della Cei si spinge troppo avanti nel giudizio sulla politica, e il giudizio diventa a sua volta politico. Inoltre Galantino non riconosce la generosità e il coraggio con cui questo governo ha mantenuto un difficile atteggiamento di apertura e solidarietà, mentre l’Europa che viene portata ad esempio (“potremmo imparare dalla Germania”) è la stessa che si chiude a riccio, che alza muri ed evita di sostenere uno sforzo che pesa in grandissima parte sull’Italia soltanto (e il ministro Alfano ne sa qualcosa). L’altro rischio è quello, sottolineato sempre da Pera, di ridurre la caritas, cioè l’amore per l’altro, a ideologia dei diritti, fomentando proprio quello scontro ideologico da cui papa Francesco ha tante volte messo in guardia.
Noi non siamo certo fra i difensori di Salvini o di Grillo, e lo abbiamo dimostrato spesso sull’Occidentale; ma non è possibile nemmeno sottovalutare le paure, le preoccupazioni, le comprensibili ansie degli italiani, che stretti nella morsa di una lunga crisi economica, da cui solo adesso si intravede la via d’uscita, avvertono gli sbarchi senza fine come un’invasione silenziosa. Non è possibile ignorare che il dialogo e l’accoglienza non possono diventare un totale cedimento nei confronti di culture lontane e spesso intolleranti. E’ di ieri la notizia dell’uomo che a Dubai ha impedito ai bagnini di soccorrere la figlia che stava affogando, perché preferiva lasciarla morire che disobbedire ai dettami del Corano, per cui le donne non possono essere toccate da mani maschili estranee. Anche questi sono problemi che ci riguardano, quando testardamente, obbedendo a un principio umano fondamentale, continuiamo a cercare di salvare vite umane nelle acque di casa nostra.