Gaza, liberi i sei attivisti italiani. L’Onu: “Sì a inchiesta internazionale”
02 Giugno 2010
Liberi i sei italiani fermati in Israele. Sono stati rilasciati e sono in viaggio verso la Turchia, con altre centinaia di attivisti filopalestinesi, dopo il sanguinoso blitz contro la flottiglia di aiuti in navigazione verso la Striscia di Gaza. Intanto gli Stati Uniti hanno provato a frenare l’Onu: il presidente Barack Obama, in una telefonata al premier turco Tayyip Erdogan, ha infatti spiegato che è importante "trovare modi migliori per aiutare la popolazione di Gaza, senza mettere in pericolo la sicurezza di Israele". Il Consiglio dei diritti dell’uomo dell’Onu ha adottato oggi a Ginevra una risoluzione che chiede una "missione di inchiesta internazionale" sul blitz delle forze israeliane contro la flottiglia di pacifisti diretta a Gaza.
La liberazione degli italiani Giuseppe Fallisi, Angela Lano, Marcello Faraggi, Manolo Luppichini, Manuel Zani e Ismail Abdel-Rahim Qaraqe Awin – sono stati caricati su un pullman con altri attivisti stranieri, sotto scorta e senza possibilità di contatti con l’esterno. All’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, dove è prevista la presenza di rappresentanti diplomatici italiani, li attende un volo verso la Turchia, da dove proseguiranno per l’Italia. L’accelerazione delle procedure di espulsione è scattata sull’onda delle crescenti pressioni internazionali e dopo il via libera di ieri sera del gabinetto di sicurezza israeliano, presieduto dal premier Benyamin Netanyahu, al rimpatrio "immediato" di tutti gli stranieri fermati: inclusi quei turchi che in un primo momento avevano rischiato di finire sotto processo per la reazione violenta all’abbordaggio della Mavi Marmara, la nave guida del convoglio denominato ‘Freedom Flotilla’. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha ringraziato il governo israeliano per la "rapida liberazione" degli italiani. "Sono particolarmente grato al governo israeliano – ha detto il capo della diplomazia italiana – per la collaborazione offerta e alla nostra ambasciata a Tel Aviv per l’impegno con cui ha sin dall’inizio seguito la vicenda adoperandosi per la rapida liberazione dei nostri connazionali e affinché i loro diritti fossero tutelati al massimo".
L’appello del Papa E’ un appello "a quanti hanno responsabilità politiche a livello locale e internazionale" affinché "ricerchino incessantemente soluzioni giuste attraverso il dialogo" quello lanciato martedì da Benedetto XVI dopo il blitz israeliano contro la flottiglia di pacifisti diretta a Gaza. Il Papa ha chiesto di "garantire alle popolazioni dell’area migliori condizioni di vita, in concordia e serenità". E ha ripetuto "con animo accorato" che "la violenza non risolve le controversie, ma ne accresce le drammatiche conseguenze e genera altra violenza". Ecco la preghiera: "Con profonda trepidazione – ha detto il Papa al termine dell’udienza generale – seguo le tragiche vicende avvenute in prossimità della Striscia di Gaza. Sento il bisogno di esprimere il mio sentito cordoglio per le vittime di questi dolorosissimi eventi, che preoccupano quanti hanno a cuore la pace nella regione". "Ancora una volta – ha proseguito – ripeto con animo accorato che la violenza non risolve le controversie, ma ne accresce le drammatiche conseguenze e genera altra violenza. Faccio appello – ha aggiunto Benedetto XVI – a quanti hanno responsabilità politiche a livello locale e internazionale affinchè ricerchino incessantemente soluzioni giuste attraverso il dialogo, in modo – ha sottolineato – da garantire alle popolazioni dell’area migliori condizioni di vita, in concordia e serenità". "Vi invito – ha concluso il Pontefice – ad unirvi a me nella preghiera per le vittime, per i loro familiari e per quanti soffrono. Il Signore sostenga lo sforzo di coloro che non si stancano di operare per la riconciliazione e la pace".
Israele espellerà tutti gli attivisti Israele proseguirà nelle prossime ore l’espulsione delle centinaia di attivisti fermati in acque internazionali mentre tentavano di rompere l’embargo a Gaza con la Freedom Flotilla, assaltata dall’esercito israeliano mentre trasportava aiuti umanitaria. Un primo gruppo di 250 attivisti è già sulla strada verso casa: circa 120, in gran parte algerini e indonesiani e comunque provenienti da Paesi con cui Israele non ha rapporti diplomatici, sono stati portati all’alba al confine con la Giordania (Amman si è impegnato a collaborare per rimpatriali): hanno attraversato il confine al ponte di Allenby, sul fiume Giordano, dove c’erano cinque autobus in attesa; e da lì viaggeranno verso i rispettivi Paesi.
I cittadini turchi da espellere Circa 130 turchi sono stati portati all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, dove aerei speciali li riporteranno in patria. Ma la maggior parte si trova ancora nel cercere di Elah, nella località di Bershheva, nel deserto del Negev. Secondo il quotidiano Haaretz, all’aeroporto internazionale Ben Gurion ci sono già tre aerei turchi in attesa di portare gli attivisti in Turchia, da dove provenivano 380 dei circa 700 arrestati. Tra i passeggeri della flotta, oltre ai 380 turchi, c’erano 38 greci, 31 britannici, 30 giordani, 28 algerini, 9 francesi, 6 italiani e 7 irlandesi. Nelle prossime ore saranno anche rimpatriati i cadaveri dei nove attivisti morti durante l’abbordaggio militare alle navi: la loro nazionalità non è stata ancora annunciata ufficialmente, ma secondo i media, sono in maggioranza turchi.
Gli Stati Uniti all’Onu Gli Stati Uniti sono riusciti a stemperare la condanna del Consiglio di Sicurezza del blitz israeliano contro la flottiglia filo-palestinese ma la prudenza delle parole ufficiali nasconde la frustrazione per il processo di pace sull’orlo del baratro e la consapevolezza che Gaza è uno dei nodi da sciogliere. "Il blitz israeliano dimostra che la pace in quella regione è più necessaria che mai", ha detto il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs, abbottonatissimo su una reazione che andasse oltre il testo della dichiarazione del Consiglio. Se la risposta ufficiale americana è stata misurata, dietro le quinte la diplomazia Usa non ha nascosto la frustrazione: non solo per il crescente isolamento dell’alleato israeliano ma anche per i tempi della nuova crisi, alla vigilia del rilancio, tessuto dall’inviato della Casa Bianca George Mitchell, dei colloqui indiretti tra israeliani e palestinesi. Non è chiaro se il blitz provocherà un rinvio dell’inizio dei negoziati. Mitchell torna oggi nella regione (a Betlemme, alla guida di una delegazione presidenziale alla Conferenza sugli investimenti in Palestina), ma se l’amministrazione Obama punta a un rilancio del dialogo, il blitz contro la flottiglia dimostra che Obama deve affrontare di petto anche il nodo del blocco a Gaza. "Viene attuato per evitare che armi cadano in mano a Hamas", ha detto Gibbs dopo che ieri il Dipartimento di Stato aveva ricordato a Israele che gli Stati Uniti "restano preoccupati per le sofferenze dei civili" e "continueranno a discutere ogni giorno" la possibilità di espandere "il modo e la gamma di aiuti" che possono essere importati.