Gentiloni: “Alla ripresa nun ce se crede”. Perché non c’è

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Gentiloni: “Alla ripresa nun ce se crede”. Perché non c’è

28 Dicembre 2017

La crescita italiana “ha preso un buon ritmo” e oggi viaggia “al doppio delle previsioni di un anno fa”. “A volte, come si dice a Roma, ‘nun ce se crede’, però è così. Dovremmo tutti esserne più consapevoli: il famoso fanalino di coda dell’Europa non siamo più noi”. Gentiloni questa mattina nella consueta conferenza stampa di fine anno e, per l’occasione, anche di fine legislatura, non ha usato mezzi termini: l’Italia è in ripresa. Il problema è di chi non ci crede.

Peccato però che sia lo stesso premier ad essere poco credibile quando presenta come un successone il fatto che l’Italia non è più “il fanalino di coda dell’Europa”, semplicemente perché, stando alle ultime stime, è la penultima in termini di crescita. Così come vantarsi perché siamo “tra i quattro o cinque giganti mondiali dell’export” come se questo fosse merito del governo, quando invece si sa che se alcune imprese italiane hanno continuato a tenere alto il nome del nostro Paese nel mondo lo si deve essenzialmente all’inventiva e alla creatività di una parte dei nostri imprenditori, e che, d’altra parte, i consumi interni non ripartono. Dunque, anche questo passaggio non è stato certo il massimo della credibilità.

La verità è un’altra: alcuni segnali di ripresa ci sono e sarebbe davvero stupido non tenerne conto. Ma è anche vero che non sono certo da attribuire alla politica economica dei governi a guida Pd, bensì al normale ciclo economico che, dopo una lunga e dura fase recessiva, tende a rialzarsi. Anche perché, per dirla tutta, una politica economica degna di questo nome in questi anni non è stata prodotta. Non a caso il povero Gentiloni ha sì parlato di ripresa ma non ha certo elencato i provvedimenti che l’hanno favorita o sostenuta. Basti dare uno sguardo all’ultima legge di bilancio, improntata quasi esclusivamente ad evitare di far scattare le clausole di salvaguardia (che avrebbero portato l’Iva la 25%), per comprendere che non c’è una prospettiva di lungo raggio. Tant’è che il restante budget è stato destinato ai classici provvedimenti a pioggia di stampo elettorale. E non solo perché siamo a fine legislatura, ma perché questo è lo schema utilizzato anche nelle diverse leggi di bilancio del governo Renzi: bonus, mance, mancette e piccoli fondi spot per accontentare qualcuno. Non una visione, non una prospettiva, non una meta, economicamente parlando, da raggiungere.

Anche perché, se così fosse, qualcuno avrebbe messo mano ai due veri problemi strutturali del nostro paese: il debito pubblico e la denatalità. Il primo in questi anni, checché ne dica il buon Padoan, è solo aumentato continuando ad essere sempre più una spada di Damocle che pende sulle future generazioni. Quanto al secondo problema, i dati dell’Annuario Istat 2017parlano chiaro: nel 2017 sono nati quasi 2300 bambini in meno rispetto al 2016. Questo significa che l’Italia resta uno dei paesi più vecchi al mondo e con un futuro sempre più a rischio. Un trend che non accenna ad arrestarsi. E anche in questo caso il governo come ha pensato bene di porre rimedio? Svuotando praticamente di senso (e soprattutto di fondi) il bonus bebè che, addirittura, in una prima fase non doveva nemmeno essere rifinanziato.

Ma niente paura: se non c’è una politica economica ci pensano i cosiddetti diritti civili a salvare capre e cavoli. Lo stesso Gentiloni (qui si che l’ha fatto) ha sciorinato una lunga lista di diritti (dalle unioni civili al biotestamento)sventolati come vessilli trionfali simbolo di questa legislatura.  Ma, anche in questo caso, più che vessilli, questi diritti assomigliano tanto alle classiche foglie di fico utili (per così dire) a provare a nascondere il fatto che vere politiche di prospettiva non ci sono. Insomma, intestarsi una ripresa che non dipende da provvedimenti di governo, non toccare problemi strutturali come debito pubblico e flessione delle nascite e innalzare la bandiera dei diritti come principale successo conseguito, non aiuta certo a sperare in una ripresa. A Roma si direbbe: e te credo che nun ce se crede.