Germania, la Merkel forma il nuovo governo e frena sui tagli alla spesa
29 Ottobre 2009
Hannover. Smussare gli spigoli è stato il compito principale della signora Merkel nella passata legislatura. Un rapido sguardo al nuovo Koalitionsvetrag, il patto di coalizione siglato lo scorso fine settimana da CDU/CSU ed FDP, lascia pensare che la natura della mediazione tra le forze di governo non sarà poi molto diversa anche nei prossimi quattro anni. La CDU indosserà i panni calzati fino ad oggi dall’SPD, accentuando ulteriormente il proprio profilo sociale, mentre l’FDP si posizionerà al centro dello schieramento, occupando il posto lasciato vuoto dai cristianodemocratici. Più incerto il ruolo della costola bavarese, la CSU.
Usciti notevolmente ridimensionati dalle urne (6,5%), i cristianosociali esprimono nel nuovo gabinetto tre dicasteri, nessuno dei quali ha però natura esclusivamente economica. Per l’enfant prodige Karl-Theodor Zu Guttenberg è stato riservato il posto di Ministro della Difesa, ruolo che, dopo i brillanti cinque mesi da Ministro dell’Economia, gli sta forse un po’ stretto. Per altro verso, tuttavia, a tale nomina pare essere sottesa una strategia molto chiara: mantenere qualche anno il brillante Zu Guttenberg in una posizione non troppo pericolosa per le sorti della sua stellare popolarità, per poi rigettarlo nella mischia in occasione delle elezioni regionali bavaresi a fine legislatura o, addirittura, candidarlo alla Cancelleria, qualora la signora Merkel dovesse aver esaurito il proprio consenso.
Al di là delle speculazioni sulla figura dell’astro nascente bavarese, la CSU mostra una certa qual irrequietezza. Dopo la firma del Koalitionsvertrag, che prevede sgravi fiscali per 24 miliardi di euro (come e quando avverranno non è dato sapere), il ministro-presidente e capo dei cristianosociali Horst Seehofer ha rimesso in discussione parte delle proposte fiscali dell’FDP, ritenendole non sufficienti alla luce dello stato delle finanze pubbliche. Sulla stessa linea i governatori di molti Länder, preoccupati da un possibile crollo delle entrate. Il compito del nuovo esecutivo sarà infatti quello di ricomporre le spinte centrifughe tra gli estremi di uno schieramento assai sfaccettato: meno tasse sì, ma non necessariamente meno spesa. Come ciò sia possibile, dato un deficit in costante aumento, finora non è stato chiarito. E’ possibile che i tagli delle imposte verranno finanziati in deficit e che il cosiddetto Schuldenbremse, il freno ai debiti inserito in Costituzione, la cui entrata in vigore è prevista per il 2011, cadrà presto nel dimenticatoio.
Troppe sono le spese con cui deve fare i conti la Repubblica federale, più di un terzo delle quali è assorbito dalle prestazioni sociali. La Bundesagentur für Arbeit (Agenzia federale del lavoro), la più grande e costosa istituzione pubblica tedesca, è in rosso di sedici miliardi. La signora Merkel ha già promesso il versamento del denaro necessario a coprire i buchi. Lo stato della sanità non è migliore. Le casse mutue sono anch’esse con l’acqua alla gola. I soldi ad esse distribuiti dal neo-istituito fondo sanitario (Gesundheitsfonds) sono insufficienti e anche qui, per bilanciare i numeri, toccherà far affluire nuovo denaro pubblico. La parola risparmio pare sia fuoriuscita dal vocabolario politico dell’esecutivo appena insediato. Le proposte di tagli alla spesa fatte in campagna elettorale dall’FDP sono state cancellate con un tratto di penna. La signora Merkel non vuole rinunciare al suo profilo socialdemocratico, ma anzi, di fronte alle richieste dei liberali, tenterà di rafforzarlo. Anche nella speranza di non essere scavalcata dai potenti baroni regionali, Koch e Wulff in testa.
Per Westerwelle (Affari Esteri) e i suoi ministri (Economia, Giustizia e Sanità) la strada è tutta in salita. Il mercato del lavoro è blindato: di alleggerire le tutele per i lavoratori delle imprese più piccole non se ne parla. Stessa cosa per l’obbligo di leva, che non verrà abolito, ma la sua durata solamente ridotta. Per quanto riguarda la famosa privatizzazione di Deutsche Bahn, prorogata sine die nella passata legislatura, l’accordo di coalizione si mantiene rigorosamente sul vago: la vendita di buona parte delle quote dell’ultimo grande monopolio statale, avverrà a tappe. Nulla di più preciso è stato scritto né detto. D’altra parte, i Koalitionsverträge costituiscono da sempre un canovaccio di partenza estremamente confuso e approssimativo. La proverbiale cautela impone di aspettare almeno i primi cento giorni, prima di dare un giudizio sul nuovo esecutivo.
La legislatura riserva sempre sorprese e colpi di scena. In quella passata, ad esempio, la decisione di aumentare l’età pensionabile a 67 anni fu un’idea improvvisa di Franz Müntefering (SPD), che non trovava alcun riscontro nel patto di coalizione. Certo, le premesse per un cambiamento radicale non ci sono. E dopotutto da una Cancelliera, che predilige la ricerca del consenso e una politica dei piccoli passi a scossoni epocali, non ci si poteva aspettare certo qualcosa di diverso.