“Giorno di Festa”, la nuova rubrica dell’Occidentale

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

“Giorno di Festa”, la nuova rubrica dell’Occidentale

27 Febbraio 2017

Oggi parte una nuova rubrica dell’Occidentale, “Giorno di Festa”, a cura di Lodovico Festa. Uno sguardo ragionato sulle notizie di giornata, per orientarci meglio sui grandi fatti di politica interna, politica estera ed economia. 

Elezioni? Verboten. “Se entro aprile non ci sarà una manovra correttiva, scatterà la procedura d’infrazione contro l’Italia sui conti pubblici” scrive Massimo Franco sul Corriere della Sera del 23 febbraio. Di fronte all’ennesimo “quasi diktat”  come al solito abbastanza rozzo della Commissione si  sono levate numerose proteste dall’ampio fronte italiano già molto critico dell’Unione europea, e anche diverse voci preoccupate di personalità di governo come Pier Carlo Padoan inquietate da una certa insensibilità bruxellese rispetto ai processi in atto nella politica e nell’economia nazionale. Ma si è potuto cogliere anche richiami alle responsabilità di Roma che ha mal gestito la flessibilità garantita da Bruxelles (e Berlino, naturalmente): richiami che giustamente invitano a vedere anche le nostre colpe e che altrettanto ragionevolmente ci ricordano come non possiamo non rispettare i trattati che abbiamo sottoscritto. Una debolezza delle posizioni dei ragionevoli è però rivelata da alcuni commentatori pur particolarmente autorevoli schierati sul fronte “responsabilità romane”.

Così Adriana Cerretelli che sul Sole 24 ore del 25 febbraio spiega come sia necessario “evitare a tutti i costi le elezioni anticipate perché sono un lusso che, in questo momento, il Paese non si può permettere”. Così Stefano Folli che sulla Repubblica del 24 febbraio scrive: “Nell’anno in cui votano i maggiori paesi, dalla Francia alla Germania, la sola idea dell’Italia che possa rischiare di avere un governo anti-europeo crea scompiglio”. Dai sorrisini di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel del 2011 al premier extraparlamentare Matteo Renzi le condizioni di fondo dell’Italia non sono migliorate ed è esplosa intanto una bolla di protesta senza proposta come quella grillina tra il 25 e il 30 per cento. Tutto ciò è frutto dell’idea che l’Italia non si possa permettere (per momenti che durano all’infinito e per evitare scompigli costantemente dietro all’angolo) una vera sovranità popolare e dunque la connessa adeguata sovranità nazionale. Le manovre di Jean-Claude Juncker e dei suoi più impegnati a brigare perché questo o quel partito vinca questa o quella elezione piuttosto che ad assolvere ai propri compiti eminentemente tecnici, completano questo disastro. Al fondo non vi è comprensione del fatto che un sistema liberaldemocratico finché continua a essere la fonte di legittimazione di uno Stato, senza un vero dispiegarsi della sovranità popolare, impazzisce.

C’è grossa grisi. “C’è dolore, c’è disuguaglianza, c’è incertezza dei genitori” dice Walter Veltroni a Eugenio Scalfari sulla Repubblica del 26 febbraio. A un certo punto l’ex dirigente non comunista del partito comunista italiano dice anche che bisogna cercare le risposte dentro di noi. E’ inevitabile che il pensiero corra all’immortale personaggio di Corrado Guzzanti “Quelo” e alle sue massime di eterna saggezza: “C’è grossa grisi” “La gente non sa più quando stiamo andando” “La gente non sa più quando stiamo facendo” “Ti chiedi dove chi? Perché quando?” “Ma la risposta non la devi cercare fuori” “La risposta è dentro di te. E però, è sbagliata”. Ah! Che meraviglioso presidente si è perso la Lega calcio!

Russofobia. Frauke Petry, la leader del partito nazionalista tedesco Alternative fur Deutschland (AfD) ha incontrato a Mosca lo speaker della Duma Vjaceslav Volodin e il capo del partito nazionalista Ldpr Vladimir Zhirinovski ed altri esponenti parlamentari, riporta la agenzia di stampa askanews del 21 febbraio. La visita moscovita della Petry è stata una nuova occasione per rilanciare l’agitazione sull’influenza che Mosca starebbe esercitando anomalmente in tutto il mondo. Alcuni elementi di questa campagna anti russa appaiono in parte fondati altri invece decisamente squilibrati: non si comprende ad esempio come si possa paragonare l’influenza che il Cremlino  e il Kgb esercitavano globalmente grazie al movimento comunista internazionale allo stato di cose attuali.

Veramente i lanci su Facebook di Sputnik (denunciati con clamore anche da Emmanuelle Macron) o l’opera dei misteriosi hacker moscoviti rappresenterebbero la stessa sfida che il cominternismo lanciò al mondo? La Russia, in realtà, è ormai una potenza regionale, senza dubbio con alcuni comportamenti geopolitici non giustificabili  (neanche come risposta ai molteplici tentavi di destabilizzazione attuati nei suoi confronti) ma anche con molti concittadini ancora russi che vivono in paesi usciti dall’ex impero sovietico e che chiedono più o meno quello che gli altoatesini chiedevano ai governi italiani. Una politica estera occidentale decente cercherebbe un accordo quadro con la Russia, quello che è mancato quando l’impero sovietico si sciolse pacificamente tra il 1989 e la metà degli anni Novanta. 

Comunque ai russofobi che temono un’influenza di Mosca nelle elezioni tedesche, non è male ricordare come nel 2005, lasciata la politica attiva, Gerhard Schröder sia stato nominato presidente del consiglio di sorveglianza di North Stream, la società controllata al 51 per cento dal colosso pubblico moscovita Gazprom che ha collegato la Russia alla Germania con un nuovo metanodotto nel Baltico. E come uno degli ospiti più affettuosamente accolti da Vladimir Putin sia stato ripetutamente il vicecancelliere socialdemocratico Sigmar Gabriel.

Se si affloscia Macron. “The Macron magic may be losing its sparkle as he comes under pressure  to clarify his policies” Emmanuelle Macron, secondo Anne-Sylvaine Chassany che scrive sul  Financial Times del 22 febbraio, starebbe perdendo la sua magia man mano che deve precisare le sue più precise opzioni politiche (così Guillaume Guichard su Le Figaro del 25/02/2017 descrive il suo programma fiscale: “Il se place en cela dans la continuité de la politique fiscale de François Hollande”). Il professos Luc Rouban intervistato dalla Chassany sostiene che “Macron is a bit trapped in his neither left nor right logic: he will soon realise he can’t please everyone”, il candidato centrista sarebbe un po’ intrappolato dalla sua logica di non essere né di destra né di sinistra: presto capirà – sostiene il professore – che non può piacere a tutti. 

Sempre sul Financial Times (del 22 febbraio) in un articolo che invita a non prendere sotto gamba le chance di successo di Marine Le Pen, Sudhir Hazareesingh spiega come la campagna di Macron  “has been decidlely thin on detail” sia stata decisamente sfumata nella precisione delle proposte. C’è chi nel giudicare il candidato di “En marche” richiama una tendenza più generale di certa sinistra europea. Secondo Angel Gòmez Fuentes, inviato di Abc a Roma intervistato da Formiche il 23 febbraio, in quelli che sembravano i giovani protagonisti della nuova sinistra, Pedro Sanchez dello Psoe e Matteo Renzi del Pd, “ha predominato la mediocrità”. Interessante in questo senso un parere espresso da Antonio Polito sul Sussidiario del 23 febbraio: “Renzi mi sembra ancora illudersi che il blairismo, oggi nella veste rinnovata del macronismo, possa dettare la via di uscita dalla crisi”