Giovani artisti e nuovi contenuti. Ecco le sfide di Paolo Baratta alla Biennale

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Giovani artisti e nuovi contenuti. Ecco le sfide di Paolo Baratta alla Biennale

18 Dicembre 2011

Un terzo mandato non consecutivo per Paolo Baratta alla Presidenza della Biennale di Venezia: questa la decisione del neo ministro per i beni culturali Lorenzo Ornaghi, annunciata questa settimana alle commissioni cultura di Camera e Senato.

La più antica e prestigiosa istituzione culturale italiana è nata nel 1895 per volontà del Sindaco di Venezia Riccardo Salvatico, artista e poeta che a fine secolo decise di risollevare le sorti della Serenissima, martoriata dai molteplici bombardamenti austriaci che la colpirono nel corso delle tre guerre di indipendenza, puntando su un salone artistico che traeva diretta ispirazione dalle esposizioni internazionali della seconda metà del XIX secolo con una chiave prettamente culturale. Una giusta ispirazione, visto che il ricavato della vendita delle opere esposte superò di gran lunga le spese di organizzazione e andò a finanziare opere di assistenza per il popolo veneziano.

Oggi, dopo 117 anni, la Biennale è radicalmente mutata: non esiste più l’ufficio vendite, abolito nel 1968, né i premi acquisto con cui i grandi musei nazionali hanno creato le proprie collezioni – basti vedere quanta parte delle opere di Arturo Martini alla GNAM di Roma siano state comprate in diverse edizioni della Biennale. Essa si finanzia in gran parte con ricavi propri – sponsor e bigliettazione soprattutto – e il contributo pubblico va a coprire le altre attività dell’istituzione che per dimensioni o gap organizzativi non riescono a essere altrettanto efficienti – la Mostra del Cinema innanzitutto, ma anche le Biennali di Musica, Teatro e Danza.

Baratta ha vinto la sfida sulle infrastrutture della Biennale nel centro storico: ha risolto l’annoso problema dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee spostando gran parte delle collezioni dalla sede fatiscente di Ca’ Corner della Regina al Padiglione centrale dei Giardini, ha completato il restauro della storica sede di Ca’ Giustinian, ha ampliato gli spazi espositivi all’Arsenale bonificando il Giardino delle Vergini, ha dedicato al Padiglione Italia l’intera ala delle Tese con oltre 6000 mq di superficie espositiva, ha collegato con un ponte la parte finale del percorso all’Arsenale con il sestiere di Castello permettendo un vero circuito con i Giardini.

Nel prossimo quadrienno lo attende però un impegno altrettanto gravoso: risolvere il nodo del Palazzo del Cinema e dei Congressi, un progetto fondamentale per il rilancio della Mostra del Cinema in cui la Biennale però non è parte dirigente. Gli attori istituzionali sono molteplici – Presidenza del Consiglio e Comune di Venezia innanzitutto – e non sempre allineati. Servirà una sapiente opera di tessitura e ricucitura, di cui finora Baratta ha dimostrato di essere maestro. Decisive anche le sfide sui contenuti, con la scelta dei diversi direttori artistici, e sul coinvolgimento del territorio.

Ma il vero nodo sarà interpretare al meglio il ruolo istituzionale della massima realtà culturale del Paese aprendo maggiormente ai giovani in questa grave congiuntura internazionale. Urgono spazi di libertà, di espressione, di riflessione in cui ascoltare, elaborare e dibattere. Proprio nel momento più difficile le attenzioni vengono rivolte al particolare, mentre il pianeta conosce rivolgimenti epocali di cui poco ci si occupa. La Biennale è una finestra sul mondo: spalanchiamola affinché quanti più giovani possibili ci si possano affacciare.