Giovani ceceni guardano all’Egitto (e Mosca trema)

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Giovani ceceni guardano all’Egitto (e Mosca trema)

14 Febbraio 2011

L’Occidente saluta con composto ottimismo l’uscita di scena del presidente Mubarak, ma la Russia inizia a sudare freddo. Perché? La risposta va cercata nella Cecenia che minaccia un’intifada contro Mosca sulla scia dell’entusiasmo egiziano. La posizione russa sulla fine del regime di Mubarak è molto critica. Mosca non ha mai premuto per le dimissioni dell’ex presidente egiziano e gli stessi media russi sono apparsi freddi sulle proteste di piazza e sul fermento di internet. E’ lampante il caso di Russia Today, il news-network globale, in inglese, che porta la voce della Russia nel mondo. Secondo il giornale la rivolta in Egitto sarebbe stata orchestrata dagli Usa, mentre la Fratellanza Musulmana sarebbe una creazione del servizio segreto inglese ed El Baradei un esponente della massoneria.

Adesso la priorità del Cremlino è stabilizzare la situazione in Egitto. Per quanto lontane, c’è un filo rosso che lega la Russia all’Egitto, un filo intessuto di nodi molto stretti. Il primo nodo è in Russia. L’attentato del 24 gennaio scorso all’aeroporto Domodedovo di Mosca, 36 morti e 180 feriti, il 7 febbraio è stato rivendicato personalmente in video da Dokku Umarov, soprannominato il “Bin Laden della Cecenia”. Umarov, autoproclamato Emiro del Caucaso, è colui che si è sempre accollato la responsabilità dei grandi attentati contro la Russia – ribadendo, questa volta, che loro possono sferrare attacchi “in ogni momento, in ogni luogo”, promettendo alla Russia “un anno di lacrime e sangue”.

Il secondo nodo è il divampare della ribellione nel Maghreb, dall’Algeria all’Egitto, contro regimi e soprattutto contro presidenti che assomigliano alla Russia e a Putin. Ma qui emerge una lettura dei fatti molto diversa da quella occidentale. Invece di guardare all’Egitto come al popolo che combatte per i suoi diritti civili e politici, in Cecenia si guarda all’intifada dei musulmani egiziani contro la tirannia di Mubarak e si incitano i musulmani del Caucaso fare lo stesso, cioè a scendere in piazza contro Putin e la Russia. Il concetto politico centrale diventa la “grande rivoluzione” che parte dalla Tunisia, che ha abbattuto il regime di Ben Alì, e si propaga fino in Cecenia, contro il presidente Kadyrov.

In questo modo la vecchia onda della guerriglia contro la Russia si rivitalizza con l’energia della nuova onda di proteste che sale dal Mediterraneo. Il kamikaze che si è fatto esplodere all’aeroporto Domodedovo era un ragazzo ceceno di vent’anni. I giovani restano il serbatoio principale di militanti per i terroristi. La Cecenia è l’unica repubblica russa dove la popolazione è in forte crescita ed è anche la regione con la più alta percentuale di giovani. Basta un simile quadro demografico per intuire la sensibilità dei giovani ceceni per l’entusiasmo dell’Egitto. Ma in questo caso lo scontro è ancora più forte, perché l’islam del Caucaso lotta contro un invasore russo che è un infedele. Infatti in Russia l’islam sta diventando un fattore politico legato alla protesta contro il regime, non solo in Cecenia – un fenomeno confermato dalla crescita costante delle conversioni all’islam.  

La persistente debolezza della grande Russia nei confronti della piccola Cecenia sta seriamente logorando il prestigio di Putin. Dopo dodici anni al potere, le promesse di stroncare i terroristi ceceni e ristabilire l’ordine, per non parlare delle promesse di maggiore sicurezza interna, rischiano di essere insostenibili. Una guerra locale per l’indipendenza si è tramutata in un conflitto interregionale a sfondo sempre più religioso – e ora qualche ombra proveniente dall’Egitto si posa anche sul Cremlino.