Giovanni Boine, eretico e tormentato narratore del ‘900

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Giovanni Boine, eretico e tormentato narratore del ‘900

11 Gennaio 2009

Giovanni Boine da Finalmarina, classe 1887, scomparso non ancora trentenne a Porto Maurizio, l’attuale Imperia, è un piccolo grande caso del Novecento nostrano. Una personalità intensa, errante, che attraversa le esperienze forti della prima parte del secolo, e esce di quadro, forse troppo giovane, per esserne un protagonista indiscusso. Eppure intorno a questo scrittore della periferia ligure segnato dal mal sottile, si rannodano fili non secondari, non solo nazionali, ma europei del rinnovamento delle idee prebelliche.

Si diceva di uno spirito errante e tormentoso: Boine lo è sin da principio. Giovanissimo, lascia la sua regione per studiare a Milano, dove non solo è alunno del più brillante storico del tempo, Gioacchino Volpe, il futuro numero uno della storiografia nazional-fascista, ma ricopre un ruolo di prima fila fra i cattolici inquieti di rito ambrosiano. Partecipa all’esperienza della rivista “Rinnovamento”,  fra le voci di punta della breve stagione del Modernismo italico. Se ne distacca, però, ben presto. C’è un radicalismo nel suo modo di pensare che non fa lana con i moderati intellos milanesi. Soprattutto c’è una latitudine della sua riflessione mistica e religiosa che lo porta, forse inevitabilmente, a isolarsi.

In un bella, oramai remota, summa dei suoi scritti, pubblicata da Guanda nel 1971, il curatore Giancarlo Vigorelli parla di un pessimismo e di una giansenismo che non l’avrebbero mai abbandonato neppure nei trapassi più mondani e, persino, nei brevi abbandoni frivoli (intendi la passoccia, breve e al cardiopalma con la scrittrice e poetessa Sibilla Aleramo). Sempre il critico butta là un osservazione, di primo acchito laterale, ma che probabilmente spiega meglio di altre considerazioni, insieme l’intensità del personaggio e quando il contesto in cui è cresciuto ne condizionino carattere ed evoluzione. Talvolta, nota il curatore, “i giansenisti liguri, come hanno documentato il Ruffini e il Codignola, sono i più nichilisti, non sono disperati in realtà non hanno mai conosciuta la speranza, cette petite fille”. Una forma atavica e molto terragna di attaccamento  all’esistenza, porta inoltre lo  scrittore un po’ a emarginarsi e un po’ a mettersi costantemente alla prova. Passa quindi nell’effervescente brigata de “La Voce”. E’ anticrociano spinto, e in proposito “tormenta” il direttore della rivista fiorentina, Giuseppe Prezzolini. Si occupa degli amati mistici e persino, eccentricità per eccentricità, di disciplina militare, con un saggio, che, nelle edizioni della rivista fiorentina, vende tremila esemplari, ovvero centomila attuali.

Scrive e scrive ancora. Poesie spezzate che piaceranno più avanti ai fan dell’avanguardia. Pubblica un romanzo, “Il peccato”,  dove si narra una vicenda di amori impossibili e di tormenti sfinenti. E’ insomma una sorta “eretico”, almeno nella maniera  composita descritta dal solito Vigorelli: “Boine sarà un eretico, sia perché ‘la religione è per definizione eresia: eresia nel senso di rivolta, di agitazione’, sia per una coerente condotta tanto di fronte ai modernisti quanto e peggio di fronte all’oltranzismo ecclesiastico; ma il suo dirsi eretico non l’ha mai reso illogicamente avverso, meno che meno accecato, al cospetto di quella stessa ‘religione positiva’ dalla quale si diparte da figliuol prodigo”. Mesi fa, l’editore Aragno ha proposto un singolare volume dove lo scrittore di Finalmarina dialogava con un grande poeta e filosofo spagnolo, Miguel de Unamuno, di cui nel volume in questione sono raccolti alcuni scritti. L’opera s’intitola  “Intelligenza e bontà” ed è uno spaccato di una sensibilità religiosa, nel nostro paese, piuttosto rara.