Giuliani non teme gli avversari e punta sulla Florida

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Giuliani non teme gli avversari e punta sulla Florida

Giuliani non teme gli avversari e punta sulla Florida

10 Gennaio 2008

Aspettate
Rudy. È assente, ma c’è. Tutto calcolato per ora: i risultati scarsi in Iowa e
New Hampshire non spaventano Giuliani. È lui che aspettano tutti, l’uomo che
per dieci mesi è stato in testa a tutti i sondaggi per la nomination
repubblicana, il sindaco d’America, il volto dell’11 settembre e della
rivincita americana. La vittoria di John McCain in New Hampshire dopo quella di
Mike Huckabee in Iowa e quella di Mitt Romney in Wyoming, forse lo agevolano
addirittura: il voto frammentato, tre personaggi che si rubano scena e
popolarità. Lui è ancora fermo, di fatto: ha investito poco, in tempo e denaro,
sulle prime tornate elettorali. Parla così: «Siamo in buona posizione al
momento. Per questo non siamo affatto in pensiero. Forse altre persone in una situazione
del genere potranno essere nervose, ma per quanto mi riguarda sta andando tutto
come previsto, dato che non abbiamo dato così tanta importanza all’Iowa come
hanno fatto altri candidati».

Il
pensiero di Giuliani è già rivolto alle primarie in Florida, che si terranno il
29 gennaio. Quello sarà il suo giorno. Tanto che ha lasciato il New Hampshire
prima di tutti per volare a Miami, per partecipare a un incontro con gli
anticastristi. Gli ultimi sondaggi, effettuati prima di Natale, continuano a
dare come favorito in Florida Giuliani, con Huckabee in recupero. C’è
l’incognita McCain, il comeback kid,
come si è autodefinito. Finora, l’ex eroe del Vietnam non aveva infastidito
Rudy nei sondaggi nazionali, ora guadagnerà qualcosa, ma forse non abbastanza. «La
mia candidatura è forte, aspettate e vedrete», dice sempre tranquillo il
sindaco d’America. Aspetta gli stati che ritiene più favorevoli: dopo la
Florida, i grandi stati del Supermartedì 5 febbraio, come New York e
California. Per qualcuno la strategia non funziona, ma lo staff dell’ex sindaco
è convinto che sia la scelta giusta. Sapeva che in Iowa e New Hampshire non
avrebbe avuto comunque delle chance. Perdendo malamente da candidato vero, con
milioni spesi e una campagna strutturata, avrebbe fatto la figura del debole.
Per questo s’è concentrato altrove, scegliendo con cura quegli stati che hanno
più influenza. Certo che rischia. Certo che può sbagliarsi. Ma ora i più
preoccupati sono gli altri, che ancora non hanno potuto confrontarsi con lui e
non sanno che farà, che dirà, come si comporterà.

Nel
frattempo, Giuliani fa capire di essere concentrato già per il dopo, ostenta
quella sicurezza che invece è la pecca degli altri. Non fa la corsa sui suoi
rivali repubblicani, ma già sul potenziale candidato presidente democratico,
che sia Hillary o Obama. Nell’ultimo comizio, per esempio: «Si sente tanto
parlare di cambiamento in questi giorni ma se non sai dove andare, cambiare
resta una parola vuota. La mia campagna è costruita sulle idee e sulla leadership.
L’unico cambiamento che Hillary e Obama hanno in mente per voi è togliervi più
soldi dalle tasche». È sul fisco, l’immigrazione e soprattutto la sicurezza che
Giuliani tenta di vendere il proprio messaggio, il suo personaggio, la sua
storia. Cita Reagan, si presenta come il suo naturale erede. Tagli alle tasse e
un Paese sereno, sicuro, prospero: «C’è una minaccia esistenziale all’America
legata all’estremismo islamico. Per affrontarla, occorre un leader che abbia
esperienza e sappia dove portare il paese». Obama non lo è, spiega Giuliani, e
non lo sono neppure i suoi colleghi di partito. L’America, ne è convinto, prima
o poi se ne renderà conto e dopo la falsa partenza di Iowa e New Hampshire
arriverà anche il suo momento. Perché per salvare un Paese in pericolo costante
ci vuole uno che sappia difenderlo. E lui pensa, sa, dice, di essere il
migliore a farlo.