Gli avversari di Sarkò: il “Nuovo Partito anticapitalista” e il vecchio Bayrou

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Gli avversari di Sarkò: il “Nuovo Partito anticapitalista” e il vecchio Bayrou

28 Aprile 2009

Leggendo i sondaggi realizzati in Francia negli ultimi mesi, i risultati delle prossime elezioni europee dovrebbero esser piuttosto favorevoli alla sinistra. Il rapporto destra/sinistra rilevato dalle diverse inchieste dà quest’ultima saldamente ancorata intorno al 50 per cento, mentre la destra si situa al 40 per cento, il rimanente 10 per cento essendo attribuito al partito “centrista” di François Bayrou.

Se la sinistra sembra poter uscire vincitrice da questa consultazione, paradossalmente, il principale partito di governo di questo campo politico, il Partito socialista, potrebbe apparire come uno dei perdenti di queste elezioni. E questo per due motivi. In primo luogo, il 7 giugno, all’annuncio dei risultati, il PS potrebbe “soffrire”, comparativamente, dell’ottimo risultato realizzato alle precedenti elezioni europee del 2004 quando con il 29 per cento dei voti emerse come il primo partito del paese di fronte all’UMP che aveva raccolto un misero 16,5 per cento dei suffragi. Oggi, gli ultimi sondaggi, invertono questo rapporto e l’UMP (con i centristi “dissidenti” del Nouveau centre) viene accreditato del 27 per cento dei voti contro il 24 per cento del PS.

Ma, sempre stando ai sondaggi, l’effetto sorpresa potrebbe esser creato dagli eccellenti risultati dei partiti della sinistra non socialista che, addizionati, totalizzerebbero il 26%, con i partiti dell’estrema sinistra (verdi esclusi) al 17 per cento! Tra questi ultimi spicca il 9 % attribuito al “Nuovo Partito Anticapitalista” fondato dal giovane leader Olivier Besançenot a seguito dello scioglimento della formazione trotzkista della “Lega Comunista Rivoluzionaria”. Questa crescita della sinistra non socialista in generale e dell’estrema sinistra in particolare, si nutre di diverse ragioni. Le difficoltà del Partito socialista, indebolito dalle interminabili querelles tra i numerosi pretendenti all’investitura per le elezioni presidenziali del 2012; l’opposizione, spesso aprioristica, alla politica del governo di Nicolas Sarkozy e, soprattutto, la crisi economica con le sue ripercussioni sociali.

Qui ci troviamo di fronte a un secondo paradosso. Se la Francia è uno dei paesi che sembra soffrir meno della crisi rispetto ai suoi principali partner europei, è qui che si sono prodotte le forme di protesta “anti-capitalista” più forti. Proteste che sfuggono, nella maggior parte dei casi, al controllo delle organizzazioni sindacali tradizionali e che hanno avuto la loro espressione parossistica nei ripetuti sequestri di dirigenti industriali. Questo clima di crescente radicalità, che ha portato l’ex Primo Ministro Dominique de Villepin a parlare di “rischio rivoluzionario”, non si limita, tuttavia, al solo mondo del lavoro ma si ritrova in numerosi settori. In particolare nelle università, dove un movimento di opposizione alla Legge “ Libertà ed autonomia delle università” e al suo Decreto applicativo sullo statuto degli insegnanti e dei ricercatori, ha paralizzato, e paralizza talvolta tuttora, numerose facoltà.

Anche il campo della cultura non è immune a questa atmosfera di conflitto sociale. Nella musica, molti gruppi rap esprimono con testi particolarmente violenti il clima di rivolta che cova nelle grandi periferie urbane. E al cinema sono usciti recentemente diversi film con un elevato contenuto di denuncia come, per esempio, “Welcome” sul problema dell’immigrazione e della Legge che penalizza il reato di assistenza ai clandestini e soprattutto “Luise Michel”, uscito anche in Italia, il cui leit motiv, certo espresso in modo piuttosto burlesco e surreale, è la soppressione, pura e semplice, dei manager ritenuti colpevoli della chiusura di una fabbrica. Nel campo dell’editoria, i libri del filosofo Alain Badiou, apostolo della “rivoluzione”, riscuotono un grande successo e ha fatto molto discutere il caso di un libretto dal titolo evocativo : “L’insurrection qui vient” pubblicato a firma di un fantomatico “Comitato invisibile” e venduto a più di 15.000 copie.

In questo contesto, la destra di governo, per ora, resiste relativamente bene nei sondaggi con il 27 per cento delle intenzioni di voto e dovrebbe appoggiarsi durante la campagna elettorale, oltre che sulle sue tematiche tradizionali (sicurezza e lotta contro l’immigrazione clandestina), sulla buona percezione nell’opinione pubblica della Presidenza francese dell’Unione Europea svoltasi del secondo semestre del 2008. La compagine governativa dovrà tuttavia condurre la sua battaglia facendo attenzione a due scogli.

Alla sua destra dovrà far fronte alla concorrenza dei partiti “souvrainistes” che potranno trarre profitto dal giudizio globalmente negativo dei francesi sull’operato dell’Europa. Questo si esprime, secondo le inchieste d’opinione, in tutti i campi d’intervento dell’UE: crescita economica, disoccupazione, delocalizzazioni, agricoltura e pesca, immigrazione, con la sola eccezione dell’ambiente. (Giova ricordare a questo proposito che il referendum del maggio 2005 sulla ratifica del Trattato detto “costituzionale” fu perso con uno scarto di più di due milioni e mezzo di voti : 54,67 % di “No” contro il 45,33 % di “Si”). Alla sua sinistra, dovrà guardarsi dal leader centrista François Bayrou, che tutto concentrato sulla scadenza presidenziale del 2012, ha fondato la sua strategia su un opposizione frontale a Nicolas Sarkozy. Giovedi’ prossimo uscirà un suo libro intitolato “Abus de pouvoir” nel quale denuncia “i molteplici abusi” e “i gravissimi attacchi alla democrazia” del “regime” dell’attuale Presidente.

Non sarà dunque una campagna facile per il partito di governo tanto più che, se questo tipo di consultazioni hanno un risultato generalmente sfavorevole per la maggioranza, questo effetto potrebbe esser amplificato nel difficile periodo di crisi economica attuale.